Entro il 2100 L’Italia avrà solo 35,5 milioni di persone (ora siamo quasi 59 milioni)
- 12/02/2025
- Mondo Popolazione
Negli ultimi cento anni, la popolazione mondiale ha visto un’espansione senza precedenti. Dai circa 2 miliardi di abitanti del 1925, si è arrivati agli 8,2 miliardi dello scorso anno, un incremento spinto dalla drastica riduzione della mortalità infantile e dal costante aumento dell’aspettativa di vita, che oggi ha raggiunto i 73,3 anni a livello globaleglobale.
Tuttavia, secondo le previsioni del rapporto “World Population Prospects 2024” delle Nazioni Unite, questa crescita sta rallentando e nei prossimi decenni si trasformerà in un declino in molte aree del mondo.
La crescita demografica sta rallentando
Teoricamente, per mantenere stabile una popolazione, è necessario un tasso di fertilità di 2,1 figli per donna (detto “tasso di sostituzione”). Negli ultimi decenni questo valore è in costante diminuzione ma è più che controbilanciato dall’aumento dell’aspettativa di vita. Nel 1965 si registravano 5,1 figli per donna, scesi a 3,7 nel 1980, 2,8 nel 2000 e, nel 2023, a 2,3 figli per donna. Questo trend segna l’inizio di una nuova fase in cui il problema non è più l’eccessiva crescita demografica, e il relativo allarme sulle risorse disponibili, ma il declino della natalità in molte parti del mondo, tra cui l’Europa e il Giappone.
Nel suo rapporto, l’Onu fa previsioni per i prossimi 30 anni (2054) e per la fine del secolo. Per capire quale sarà la demografia del futuro, possiamo seguire i tre gruppi di Paesi individuati dalle Nazioni Uniti in base alla loro evoluzione demografica nei prossimi decenni:
Paesi già in declino demografico
Si tratta di 63 Paesi, situati principalmente in Europa e Asia, che hanno già raggiunto il loro picco demografico e stanno iniziando a perdere popolazione. Questi Stati ospitano il 28% della popolazione mondiale ed entro il 2054 perderanno circa il 14% dei loro abitanti. Molti Paesi europei, Italia e Portogallo in primis e il Giappone rientrano in questa categoria, con una natalità estremamente bassa e un’età media elevata. Tra i Paesi asiatici, la crisi demografica fa paura anche alla Cina di Xi Jiping (che lancia i corsi d’amore nelle università per incentivare la natalità) e persino alla Corea del Sud, storicamente ritenuto un Paese giovane.
Paesi che raggiungeranno il picco nei prossimi 30 anni
Questo gruppo include 48 Paesi, che oggi ospitano il 10% della popolazione mondiale e continueranno a crescere fino al 2054, con un incremento complessivo del 5,3% degli abitanti. Tra questi troviamo Brasile, Iran, Turchia, Vietnam, che nei prossimi decenni vedranno una stabilizzazione della loro popolazione prima di avviarsi, anche loro, verso il calo della natalità.
Paesi in forte crescita demografica
Questo è il gruppo che ha trainato, sta trainando e trainerà la crescita demografica mondiale, che comunque sta rallentando. Nei 126 Paesi di questo gruppo la popolazione aumenterà del 38% nei prossimi 30 anni. Il caso più significativo è quello dell’Africa subsahariana, che passerà dagli attuali 1,2 miliardi di abitanti ai 3,3 miliardi entro il 2100. La Nigeria, oggi con oltre 220 milioni di abitanti, è destinata a diventare uno dei Paesi più popolosi del mondo e a superare persino gli Stati Uniti, uno dei pochi Paesi occidentali dove la popolazione continua ad aumentare (anche grazie ai flussi migratori).
Differenze di natalità ed età media nel mondo
Il rapporto evidenzia differenze significative nei tassi di natalità e nell’età media della popolazione a seconda delle aree geografiche:
- Africa subsahariana: tasso di fertilità medio di 4,2 figli per donna, con una popolazione giovane (età media inferiore ai 20 anni in molti Paesi);
- Asia meridionale: fertilità in calo (India 2,0 figli per donna, Bangladesh 1,9), età media intorno ai 29 anni;
- Europa occidentale: fertilità tra 1,4 e 1,6 figli per donna (in Italia la più bassa con 1,2 figli per donna), età media oltre i 43 anni e una persona su quattro over 65;
- Giappone e Corea del Sud: tra i Paesi con la natalità più bassa al mondo (1,26 e 0,72 figli per donna rispettivamente), età media superiore ai 48 anni.
Le previsioni demografiche sull’Italia
Tra i Paesi che affrontano il declino demografico più marcato, l’Italia si distingue per la rapidità con cui sta perdendo popolazione. Attualmente gli italiani sono circa 58,9 milioni, ma entro il 2100 la popolazione potrebbe ridursi a soli 35,5 milioni! Secondo altri studi, entro il 2307 la popolazione italiana potrebbe scomparire.
Su queste pagine abbiamo analizzato ampiamente le tante cause della crisi demografica e i loro intrecci. Stipendi bassi, welfare pubblico carente e welfare privato sviluppato solo nelle grandi aziende, scarsi servizi all’infanzia, gender gap domestico e lavorativo sono i fattori principali che, da circa un decennio a questa parte, hanno portato il Paese in una profonda crisi demografica.
Per qualcuno c’è anche un aspetto culturale alla base della denatalità italiana: i giovani non vogliono più fare figli a prescindere dalle condizioni economiche come dimostra il fenomeno delle famiglie Dink.
L’errore sta nel voler individuare una sola causa o un solo insieme di cause che vada bene per tutti. La crisi demografica è figlia sia dei problemi economici/strutturali che di una cultura più solipsistica. Quest’ultima, poi, è anche figlia del mondo che viviamo e della diffidenza dei giovani per il mondo che verrà. Alcune coppie ritengono più egoistico fare figli in un mondo sempre più minacciato dalla crisi climatica e dalle tensioni geopolitiche, piuttosto che non farli.
Se sulle cause si può ragionare, sulle conseguenze non ci sono dubbi: l’impatto economico e sociale della crisi demografica è devastante. L’Italia ha sempre più bisogno di lavoratori (ogni anno ne perde 150.000), il sistema pensionistico pubblico è sull’orlo del baratro così come quello sanitario, appesantito dall’età media sempre più alta e dalla carenza di risorse e di personale (la “fuga dei cervelli” e i salari bassi sono due facce della stessa medaglia).
La crisi demografica innesca un circolo vizioso che renderà ancora più difficile fare figli, a meno di una clamorosa inversione di tendenza che (spoiler) non potrà cascare dal cielo. Accanto agli interventi necessari su salari e welfare, i flussi migratori hanno un ruolo centrale nelle dinamiche demografiche del Paese come ampiamente confermato dai dati e dagli esperti.
In tal senso, l’enorme espansione demografica prevista dalle Nazioni Unite per 126 Paesi, e in particolare nell’Africa subsahariana, lascia presagire che i flussi migratori non potranno diminuire, semmai aumentare. Il dibattito politico è sempre aperto, mentre anche Bruxelles cerca di attrarre lavoratori dall’estero, consapevole delle difficoltà demografiche del Vecchio Continente.