In Cina arrivano i “corsi d’amore” per rilanciare la natalità
- 27/12/2024
- Mondo Popolazione
Dalla politica del figlio unico, ai “corsi d’amore” per spingere le coppie a fare più figli. Quello cinese è un caso demografico emblematico: dopo aver abbandonato la politica anti-natalità durata oltre trent’anni e iniziata negli anni Ottanta, Pechino cerca di creare “una società favorevole alle nascite”. Il programma si dipana dal governo centrale e arriva nelle case dei cinesi, passando dalle amministrazioni locali che chiamano al telefono le donne fidanzate e sposate tra i venti e i trent’anni. per comunicare loro l’esistenza di incentivi economici e dei programmi pro natalità.
Le famiglie cinesi fanno sempre meno figli e i giovani non vogliono avere una famiglia numerosa. Il programma di Pechino si concentra su incentivare le famiglie a fare un secondo figlio per avvicinare il tasso di natalità a quello di sostituzione, pari a 2,1 figli per donna in età fertile. Il Financial Times parla persino di un premio corrispondente a 14 mila dollari nel caso di una seconda maternità.
Tra le varie iniziative, quella dei “corsi d’amore” è senz’altro la più originale.
I “corsi d’amore” in Cina
Il Consiglio di Stato cinese sta ancora perfezionando il piano pro-natalità, ma alcune misure sono già trapelate tramite il Financial Times. Gli incentivi economici di cui sopra sono una parte del piano, ma non l’unica. Tra le altre iniziative, alle università è stato chiesto di introdurre i “corsi d’amore” per gli studenti single al fine di promuovere una “conoscenza sistematica del matrimonio”, ovvero le gioie dello stare insieme, dello sposarsi ma soprattutto dell’avere figli (al plurale).
La crisi demografica in Cina
Se c’è qualcosa che accomuna l’Occidente alla Cina, quella è senz’altro la crisi demografica. Se il risultato è accumulabile, quanto successo prima è molto diverso: il Dragone risente di un passato culturale e politico controverso, caratterizzato dalla politica del figlio unico e dalla pianificazione familiare, che significa compressione delle libertà individuali e di coppia. Ai problemi di natura etica e sociale si sono aggiunti quelli economici, e ora il Dragone prova a correre ai rimedi.
Il tasso di fertilità in Cina ha subito un drastico calo negli ultimi anni. Attualmente, la media dei figli per donna è scesa a circa 1 figlio, ben al di sotto del tasso di sostituzione necessario (2,1 figli per donna) per mantenere stabile la popolazione. Per cogliere l’entità del calo, basti pensare che nel 2023, sono nati in Cina circa 9 milioni di bambini, circa la metà delle nascite registrate nel 2013. Nonostante gli sforzi di Xi, la demografia cinese stenta a decollare. Anche il Dragone, ormai, conta ogni anno più decessi che nascite.
I motivi sono diversi. Il primo: è impossibile cancellare con un colpo di spugna oltre trent’anni di politica anti-natalità. Poi, come in Occidente, molte giovani donne cinesi oggi lavorano e coltivano aspirazioni di carriera che le portano lontano dalla famiglia e dalle case. La politica del figlio unico, inoltre, ha portato anche alla pratica del cosiddetto “aborto selettivo” per cui le coppie hanno privilegiato la nascita di un uomo, anche a costo di abortire la primogenita femmina. Per questo, oggi in Cina ci sono più uomini che donne.
Il piano di Pechino per rilanciare la natalità
Mentre le donne fidanzate o sposate, in età fertile, vengono contattate dalle amministrazioni locali, gli esperti sono scettici sulla possibilità di rilanciare la natalità tramite misure decise dall’alto.
Secondo Wang Feng, esperto di demografia cinese presso l’Università della California, sentito dal Ft, i funzionari stanno ricorrendo allo stesso “manuale di utilizzo del potere amministrativo per raggiungere gli obiettivi demografici” con cui le famiglie sono state obbligate ad avere massimo un figlio dal 1980 al 2015. Impedire di avere figli, spiega il prof. Weng, è più facile che spingere ad averne di più. Inoltre, anche per le donne cinesi avere un figlio rappresenta spesso una grave penalizzazione per la carriera.