Il piano dell’Ue per attrarre i talenti extracomunitari
- 21/03/2024
- Popolazione
Tra le righe del partenariato strategico con l’Egitto, avviato con il recente viaggio al Cairo di Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e tre altri primi ministri Ue, ci sono misure volte a facilitare l’ingresso regolare in Europa di giovani qualificati. Un’iniziativa, quella della “mobilità internazionale dei talenti” che si intreccia a doppio filo con la crisi demografica dell’Ue.
La denatalità sta riducendo le prospettive del continente, ormai “vecchio” non solo in termini geologici. La necessità di competenze, soprattutto nelle discipline Stem, in Italia è ancora più grave che della media europea, a causa della annosa “fuga dei cervelli”. E allora, l’idea è quella di portarli di nuovo nella penisola, i cervelli. Da una parte con le agevolazioni per chi torna nel Belpaese, dall’altra con le misure cui si faceva riferimento in apertura che riguardano anche gli altri Paesi Ue.
D’altra parte molti Paesi europei hanno meno talenti di quanti il mondo produttivo ne richiede. Nell’Unione è laureato il 41% dei giovani tra i 25 e i 34 è pari al 41%. In Italia appena il 21%, praticamente la metà della media Ue.
Fuori dalle percentuali, in termini assoluti la diminuzione dei laureati è già scritta: il numero dei giovani e dei nuovi nati è così basso che anche se si laureassero tutti (praticamente quintuplicando le attuali percentuali) non basterebbero a coprire le esigenze produttive del Paese. E con la crisi delle nascite, è lecito aspettarsi che caleranno anche i laureati, seguendo una previsione realistica e non onirica.
Insomma, se fino ad ora l’immigrazione ha tenuto a galla la natalità (seppure con un deciso rallentamento negli ultimi anni), ora neanche questo basta più: adesso gli immigrati devono salvare la nostra produttività.
Il Piano della Commissione Ue
A tal fine, la Commissione Ue vuole creare una piattaforma che agevoli l’incontro fra domanda di talenti delle imprese europee e l’offerta disponibile nei Paesi partner e in altri Paesi. La proposta di una piattaforma dedicata, la prima del suo genere nell’Unione, si presenta come una soluzione per rendere il reclutamento internazionale più semplice e rapido, a partire dal riconoscimento degli studi di formazione e professionali svolti dagli immigrati nei loro Paesi d’origine.
Attualmente, infatti, il maggiore ostacolo per le assunzioni “qualificate” dei cittadini extra-Ue è l’iter amministrativo per attribuire le relative certificazioni, soprattutto per le professioni regolamentate e di cui esiste un albo. I tempi molto lunghi e l’esito incerto, uniti all’urgente necessità di soldi da parte degli immigrati, finiscono per far lavorare milioni di immigrati in mansioni sottoqualificate.
Secondo le stime Eurostat oltre un quarto degli extra-comunitari residenti in Ue è già altamente qualificato, ma quasi la metà svolge mansioni di livello molto inferiore rispetto alla loro preparazione.
Il problema della sovraqualificazione coinvolge anche molti cittadini nativi italiani, ma raggiunge livelli altissimi tra gli stranieri extracomunitari. Secondo i dati Inapp relativi al 2020, il tasso di sovraqualificazione tra gli stranieri non comunitari in Italia ha toccato quota 71,8% con un gap rispetto a quello dei cittadini italiani del 54,1%, che nelle Isole e nel Nord-Est supera addirittura il 60%. Peggiorano il quadro le difficoltà linguistiche e i pregiudizi, purtroppo, ancora molto presenti.
La piattaforma pensata dalla Commissione servirà quindi a definire procedure di accertamento e convalida armonizzate tra i vari Paesi Ue, ma anche più semplici e digitalizzate.
Estendere la Carta Blu
Una delle soluzioni sostenute dalla Commissione è estendere l’accesso alla Carta Blu, un permesso di soggiorno che consente ai lavoratori extra-Ue di soggiornare e lavorare in uno dei 27 Stati sulla base di un contratto di lavoro altamente qualificato.
Una prospettiva che parte da lontano, come dimostrano le parole scelte nel 2016 in occasione della revisione della Carta Blu: “L’Ue – si legge nel documento – deve già far fronte a un contesto strutturale di carenze e squilibri tra domanda e offerta di competenze in determinati settori, che rischiano di limitare crescita, produttività e innovazione. […] In futuro, i cambiamenti strutturali nelle economie dell’Ue continueranno ad alzare la domanda di competenze professionali non immediatamente reperibili sul mercato del lavoro, creando ulteriori deficit di professionalità. L’attuale regime dell’Ue relativo all’immigrazione dei lavoratori altamente specializzati non è attrezzato per far fronte alle sfide attuali e future”.
La Carta Blu è stata resa più accessibile agli studenti che hanno completato un titolo triennale e stanno terminando i loro studi offrendo loro l’opportunità di rimanere nell’Ue per cercare lavoro o avviare un’attività imprenditoriale dopo il completamento degli studi e l’intenzione è di ampliarne il bacino di utenza.
Canali per una migrazione legale
Un altro asset su cui l’esecutivo Ue punta è l’aumento dei canali legali di immigrazione. Ancora una volta, le parole scelte dalle istituzioni europee sono eloquenti: “Per quanto riguarda la migrazione legale – si legge nella Proposta di decisione del parlamento europeo e del consiglio relativa a un Anno europeo delle competenze 2023 – la Commissione ha proposto una serie di iniziative per contribuire ad attirare cittadini di paesi terzi che hanno competenze necessarie nell’UE. Ciò comprende la creazione di un bacino di talenti dell’Ue e di partenariati volti ad attirare talenti con i paesi partner. […] La Commissione europea promuoverà anche percorsi complementari verso l’Ue per le persone bisognose di protezione internazionale, in modo da mettere a profitto il talento dei rifugiati”.
Che cos’è la migrazione “circolare”
L’ultimo aspetto del nuovo corso riguarda la formazione dei migranti.
Per questo sono previste misure di assistenza tecnica e finanziaria per espandere e migliorare scuola e istruzione superiore nei Paesi di origine. Poi, si punta anche sulla migrazione “circolare”, che mira a gestire i flussi migratori in modo da consentire una mobilità legale di andata e ritorno tra due Paesi. Con questo approccio i giovani immigrati in Ue potrebbero essere incentivati a tornare nel proprio Paese tramite congedi o distacchi di durata predefinita. Una soluzione che, almeno in linea teorica, è vantaggiosa per tutti: il Paese d’origine (in questo caso l’Egitto) che può ottenere il ritorno (anche temporaneo) di cittadini altamente qualificati; i Paesi Ue dove magari il giovane ha perfezionato la propria formazione e può tornare a dare il proprio contributo; e i migranti stessi che possono accedere a nuove competenze professionali e beneficiare di un canale agevolato spostandosi tra i due Paesi.
La migrazione “circolare”, infatti e ovviamente, prevede che, dopo il periodo nel proprio Paese d’origine, i giovani extracomunitari possano tornare in Ue. Perché qui ce n’è urgente bisogno.
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