La popolazione italiana rischia di scomparire nel 2307: come evitare questo scenario?
- 11/09/2023
- Popolazione
La popolazione italiana potrebbe estinguersi entro il 2307 ed essere sopraffatta dalla crisi demografica già molti decenni prima.
Lo studio “Rinascita Italia”, presentato nei giorni scorsi durante il Forum Ambrosetti di Cernobbio, analizza da vicino le conseguenze economiche e di welfare dell’inverno demografico. In ultima istanza propone delle misure per contrastare un trend che preoccupa ogni giorno di più.
Se nei prossimi 30 anni si prevede di superare i 10 miliardi di individui nel mondo, le stime non prevedono un’inversione di tendenza nell’Unione europea che fino ad allora perderebbe circa 40 milioni di persone. Come più volte analizzato, la crescita demografica è trainata dai Paesi in via di sviluppo, mentre i Paesi più sviluppati registrano un costante calo della popolazione.
Nel primo quadrimestre 2023 sono continuate a diminuire le nascite in Italia, pari a 118mila unità, -1,1% sul 2022, e addirittura -10,7% sul 2019. Il 2022 si è contraddistinto per un nuovo record del minimo di nascite (393mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400mila) e per l’elevato numero di decessi (713mila): l’anno scorso l’Italia ha avuto meno di 7 nuovi nati e più di 12 decessi ogni 1.000 abitanti. Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo. Il saldo naturale è diminuito in modo progressivo nel corso del tempo, toccando il minimo nel biennio 2020-2021, quando si è registrata una riduzione di oltre 300mila individui in media annua. A questo si aggiunge, nel 2022, un ulteriore decremento di 321mila unità, che porta alla perdita di quasi un milione di persone (957mila unità) in soli tre anni.
I dati certificano che l’Italia, con 1,24 figli in media per donna, è il Paese meno prolifico d’Europa insieme alla Spagna e secondo l’Istat avrà una popolazione di 51 milioni di persone nel 2050. Continuando con questo trend, l’intera popolazione italiana potrebbe estinguersi nel 2307!
Le conseguenze economiche del crollo demografico
La crisi demografica non preoccupa solo per le persone che non verranno al mondo, ma anche per quelle che in Italia ci vivono e ci vivranno.
Come spiega lo studio “Rinascita Italia”, se si verificassero le previsioni Istat per il 2050, il Belpaese subirebbe una perdita economica pari a 1/3 del Pil. Sarebbe sufficiente aspettare altri 20 anni per vedere completamente esplodere il rapporto debito/Pil che raggiungerebbe il 220% nel 2070, un dato palesemente insostenibile per l’economia di qualsiasi Paese.
L’invecchiamento della popolazione, infatti, non genera solo una diminuzione della produttività, ma anche un aumento della spesa sanitaria e più in generale di welfare.
Sotto il primo punto, si stima che la spesa sanitaria salirebbe dagli attuali 134 miliardi di euro ai 220 miliardi del 2050. Sotto il profilo pensionistico, il rapporto tra pensionati e lavoratori passerebbe dall’attuale 1:4 a 1:1 nel 2050, rendendo del tutto insostenibile il sistema. Già ad agosto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva lanciato l’allarme: “Il tema della natalità è un tema fondamentale: non c’è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo Paese”.
Affinché si verifichino i tassi di crescita previsti dal Ministero Economia e Finanza la produttività dovrebbe almeno raddoppiare, il che non è materialmente possibile.
Oltre ai dati prettamente numerici, lo studio evidenzia come anche l’innovazione e la creatività, indispensabili per la crescita, risentiranno gravemente della mancanza di giovani fossilizzando la produzione che resterà indietro rispetto a quella degli altri Stati.
Le proposte per la demografia del futuro
Lo studio Rinascita Italia ha proposto delle soluzioni che si muovono su tre filoni: natalità, immigrazione, ruolo degli anziani e cultura.
Una prima proposta è quella di rafforzare le politiche di incentivo alla natalità, che da sole però non possono bastare. Infatti, una delle esigenze più richieste dai genitori o dagli aspiranti tali sono i servizi pubblici dedicati ai bambini, che permettano ai genitori di avere del tempo libero e non sacrificare del tutto il lavoro. A proposito del profilo occupazionale, un’altra proposta consiste nell’investire in politiche di conciliazione vita-lavoro per promuovere la genitorialità, ad esempio agendo sui congedi parentali e di paternità e sul part-time lavorativo.
Sul tema, il punto più importante resta quello degli stipendi, che in Italia sono i più bassi d’Europa e spesso rendono difficile l’idea di creare una famiglia, ancor di più se numerosa. Come emerge da un’indagine realizzata dalla Società di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, i giovani ritengono che un contributo di 500-1.000 euro a figlio, a secondo del reddito, farebbe decidere loro di allargare la famiglia. Gli intervistati hanno definito assolutamente insufficienti i bonus vigenti, come insufficiente è la detassazione e irrilevanti sono i sostegni sociali. Il contributo di 500-1.000 euro a figlio ha avuto invece il 100% dei consensi.
Lo studio “Rinascita Italia” propone inoltre di allargare l’accesso alla fecondazione assistita per incentivare la natalità e conciliarla con le esigenze di chi vorrebbe diventare genitore.
L’immigrazione rappresenta un altro pilastro demografico imprescindibile per l’Italia e, più in generale, l’Europa. Lo studio propone di aumentare ad almeno 250.000 l’anno la quota dei nuovi permessi di lavoro per gli immigrati in Italia, sviluppando una politica che attragga personale qualificato con progetti di vita di lungo periodo. Si tratta di un punto fondamentale soprattutto perché molti immigrati vogliono lasciare l’Italia e non immaginano qui il proprio futuro. Per questo, spiega lo studio presentato al Forum Ambrosetti, sarebbe importante approvare una legge sull’immigrazione che favorisca, oltre agli ingressi, meccanismi di integrazione e mobilità sociale.
D’altra parte, se l’invecchiamento della popolazione è ineluttabile, non si può dire lo stesso delle conseguenze negative che produce. Lo studio propone sia soluzioni per aumentare, compatibilmente con il loro stato di salute, l’apporto degli anziani al sistema Italia, sia per alleggerire il macigno che grava sul welfare.
Dunque, l’invecchiamento della popolazione può essere un’opportunità per la collettività a patto che gli anziani vengano coinvolti in servizi a supporto della stessa anche tramite la partecipazione ad iniziative di co-housing. Il contributo degli anziani potrebbe scaturire anche dall’allungamento della vita lavorativa su base volontaria fino a 75 anni, mentre si potrebbe abbattere la spesa pubblica a loro destinata tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie e della robotica per l’assistenza di cui hanno bisogno.
L’ultimo pilastro su cui lo studio propone di intervenire è quello culturale: inserire i temi della demografia, della natalità e della genitorialità nei programmi di educazione civica consentirebbe ai giovani di comprendere la portata del problema così come promuovere modelli di vita ispirati ad una genitorialità paritaria tra uomo e donna aprirebbe le strade ad una società più equa e adatta alle sfide del mondo moderno.
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