Politiche per la famiglia, italiani insoddisfatti ma i giovani sono più positivi
- 04/10/2023
- Famiglia
Famiglia e lavoro sono al centro dei lavori per la Manovra 2024, ma questo non basta a rassicurare l’opinione pubblica, sempre più preoccupata dalla crisi demografica. Come emerge dalla ricerca realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos “Gli italiani e la denatalità”, metà degli italiani ritiene insufficienti le politiche a sostegno delle famiglie e della natalità.
L’indagine, finalizzata ad analizzare la situazione familiare in Italia, evidenzia una insoddisfazione omogenea in tutto il Paese, mentre emergono interessanti differenze generazionali.
Al Centro ritiene insufficienti le misure pro famiglia il 53% degli intervistati, parere condiviso dal 51% degli italiani al Nord, al Sud e nelle Isole. La quota di insoddisfatti diventa molto più alta se si passa al confronto con gli altri Paesi europei: per quasi 7 italiani su 10 (66%) le politiche italiane di sostegno alla famiglia e alla genitorialità sono inferiori alla media Ue.
Al contrario di quanto si possa pensare, sono soprattutto le persone con figli a ritenere sconfortante il paragone con gli altri Paesi europei (73%). Non a caso, il giudizio negativo nel confronto con l’Europa è più alto tra i Boomers (nati tra 1946 e il 1964) e la Generazione X (1965-1980), con il giudizio critico espresso rispettivamente dal 75% e dal 70% degli intervistati, contro il 66% della media nazionale. Solo la Generazione Z (1997-2010) è più ottimista con 1 giovane su 4 che ritiene l’Italia allineata al resto dell’Europa nel contrasto alla denatalità.
La maggiore preoccupazione da parte delle generazioni precedenti, quantomeno, apre lo spiraglio su una condivisione intergenerazionale della questione demografica.
Seppure amplificati, i dati emersi dal paragone con la media Ue convergono a livello nazionale, dove ad essere insoddisfatti delle politiche pro natalità sono soprattutto i Boomers e la Generazione X, entrambe al 56%, mentre la percentuale scende notevolmente al diminuire dell’età, tra coloro che sono ancora in piena età fertile: Millennials 47% e Generazione Z 42%.
Le iniziative pro natalità più apprezzate dagli italiani
La ricerca realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos ha esplorato anche la soddisfazione degli italiani per le singole misure pro natalità. Ecco quali sono le più apprezzate:
– Assegno Unico Universale: livello di soddisfazione pari al 58% degli intervistati;
– rafforzamento delle politiche di sostegno per spese educative e scolastiche: 58%;
– riforma dei congedi parentali: 55%;
– supporto a un maggiore protagonismo degli under 35: 55%
Ma per gli italiani non rilevano solo gli interventi pubblici, anche le aziende possono avere un ruolo nel contrastare la denatalità. Infatti, per 6 italiani su 10 una maggiore flessibilità lavorativa potrebbe favorire la genitorialità, a partire dalla flessibilità di orario di entrata e uscita (29%), seguendo con il lavoro da remoto integralmente o in parte (26%) e la settimana lavorativa corta (24%). Anche in questo caso, sono soprattutto le generazioni nate prima a sostenere le soluzioni pro natalità: il 65% dei Boomers ritiene la flessibilità lavorativa l’incentivo più efficace per contrastare la denatalità rispetto al 59% della media nazionale.
Bisogna sottolineare che la questione di un nuovo bilanciamento tra il lavoro e la vita privata è in primis una questione culturale accelerata dal Covid, ma ancora inesplorata da molte aziende italiane. In tal senso l’accordo siglato da Fincantieri con i sindacati per un nuovo modello di lavoro e lo smart working è una buona notizia per i lavoratori che vogliono diventare genitori e un esempio da seguire per il futuro.
Alla flessibilità lavorativa, spiega il rapporto, si aggiungono altre azioni che migliorano il welfare aziendale:
– un asilo nido all’interno dell’azienda piace al 30% degli italiani, soprattutto alla Generazione X (34%) e ai Boomers (38%);
– rimborsi per le spese scolastiche e di baby sitting sono i benefit più importanti per la Generazione Z (27%);
– l’assistenza sanitaria integrativa è apprezzata dal 22% della Gen Z;
– il coaching per le neomamme raccoglie i favori del 12% della Gen Z. L’arrivo (quasi certo) dell’assistente materna in Italia dal 2024 risponderebbe proprio a questa esigenza.
Perché in Italia si fanno pochi figli?
“I giovani non vogliono fare figli” è ormai diventato un mantra nell’opinione pubblica italiana. Un mantra smentito da diverse ricerche, tra cui quella di Changes Unipol. I risultati dell’indagine “Gli italiani e la denatalità” dimostrano che tra chi non ha figli, prevale il desiderio di averne (36%), mentre per un terzo (30%) avere figli non rappresenta un progetto di vita. Tra i gli italiani della Generazione Z, il desiderio di avere figli è molto diffuso (55% di chi non li ha) e non si limita ad averne solo uno.
Il discorso assume un altro tenore quando si passa dalla volontà alla realtà. Sono diverse le motivazioni che frenano i giovani dall’avere figli, tanto che quasi la metà dei giovani della Gen Z che dichiarano di volere avere figli, non prospetta questa situazione prima di 5 anni (46%).
Ecco perché gli italiani non fanno figli o rimandano la genitorialità:
– situazione lavorativa: 35% degli intervistati;
– ragioni economiche: 34%. Si intendono quelle cause che prescindono dalla soddifazione o meno del proprio lavoro, e sono piuttosto collegate al caro-vita;
– timori per il contesto socio-economico: 24%. Per quasi un quarto degli intervistati la situazione economica del Paese e il cambiamento climatico non forniscono un ambiente ideale per mettere su famiglia.
Per affrontare strategicamente il problema della denatalità, è interessante ragionare sulle differenze geografiche e generazionali emerse dal rapporto.
La rilevanza della motivazione lavorativa dal 35% nazionale sale di quasi dieci punti (44%) nel Sud e nelle Isole, confermando la distanza tra questi contesti e il resto del Paese. Nel dettaglio, i principali deterrenti sono la mancanza di un lavoro stabile (17%) e l’inconciliabilità tra carriera e desiderio genitoriale (16%). Le ragioni economiche, che sono la seconda motivazione a livello nazionale (34%), diventano il primo deterrente al Nord (37%), soprattutto a causa dell’aumento del costo della vita in relazione al proprio reddito. La percentuale di giovani che attribuiscono la scelta di non fare figli al contesto socio-economico sale dal 24% nazionale al 28% nel Sud e nelle Isole, dove gli effetti del surriscaldamento globale sono più evidenti rispetto al resto della penisola.
Passando al profilo generazionale, l’indagine rivela delle differenze tra Gen Z e Gen X. I nati tra il 1997 e il 2010, individuano nelle cause lavorative (46% rispetto alla media nazionale del 35%) ed economiche (43% rispetto alla media nazionale del 34%) il principale ostacolo ad avere figli. La Generazione Z è anche la più preoccupata per il contesto socio-economico (29% rispetto al 24% di media nazionale).
Ben diversa è la situazione tra la Generazione X, dove la principale causa tra chi non progetta di avere figli o ne rimanda la decisione risiede nel non avere il desiderio di diventare genitori (32% rispetto al 19% di media nazionale).
La denatalità preoccupa gli italiani?
Ancora una volta, la preoccupazione per le conseguenze della denatalità aumentano al crescere dell’età. Sono i Boomer, infatti, i più preoccupati per gli effetti negativi che la crisi demografica può avere sul sistema pensionistico (49% i molto preoccupati contro il 37% di media), sullo spopolamento delle aree non urbane (33% rispetto al 29% di valore nazionale) e sul welfare sanitario (28% contro il 21%).
Allargando l’orizzonte a tutte le generazioni, la preoccupazione per la tenuta del sistema pensionistico è ampia: il 73% ritiene che le pensioni saranno molto/abbastanza colpite dalla crisi demografica, il 37% ritiene che sarà molto colpito.
D’altronde, anche il ministro dell’Economia Giorgetti ha lanciato l’allarme “Nessuna riforma delle pensioni tiene con questa natalità”. La ricerca realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos dimostra che l’allarme è sempre più insistente anche nell’opinione pubblica del Belpaese.
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