Casalinghe e/o casalinghi, chi è oggi l’‘angelo del focolare’
- 04/11/2024
- Famiglia
L’immagine tradizionale della casalinga – associata alla dedizione esclusiva alla casa e alla famiglia – sta cambiando, sfumandosi in una figura più complessa e sfaccettata. Ma chi sono le persone, giovani e adulte, che oggi decidono o sono portate a dedicarsi alle faccende domestiche? E come si intrecciano queste vite con i cambiamenti sociali ed economici del nostro tempo? Nel 2016, un’indagine Istat contava 7 milioni 338 mila le donne in Italia, di almeno 15 anni, che si dichiaravano casalinghe, un numero che ha mostrato un calo di 518 mila unità rispetto al 2006. Questi dati, seppur datati, offrono un quadro utile per comprendere le dinamiche attuali. Stefania Negri, ricercatrice Adapt e senior fellow, sottolinea ad Adnkronos Labitalia l’importanza di aggiornare costantemente queste informazioni, affermando che oggi è necessario consultare i database dell’Istat per ottenere un’immagine più attuale e inclusiva, considerando anche i casalinghi maschi.
La categorizzazione delle casalinghe ha una lunga storia che riflette le trasformazioni socio-economiche della nostra società. In particolare, la divisione del lavoro ha sempre avuto una forte connotazione di genere, con aspettative e compiti ben definiti per uomini e donne. Nelle società preindustriali, uomini e donne si integravano nelle attività lavorative, contribuendo entrambi alla sussistenza della famiglia. Con l’avvento della rivoluzione industriale, tuttavia, questo equilibrio si è rotto. Gli uomini sono stati spinti verso il lavoro nelle fabbriche, mentre le donne hanno mantenuto un ruolo domestico, contribuendo a stabilire una netta separazione tra lavoro produttivo e riproduttivo.
La figura della casalinga nella storia
Con l’affermarsi del capitalismo industriale, le dinamiche di potere tra i generi sono state profondamente influenzate. Gli uomini, abbandonando le campagne per le fabbriche, hanno conquistato un nuovo status sociale, mentre le donne sono state relegate all’ambiente domestico. Gary Becker, noto economista, ha sostenuto che il matrimonio è diventato un contratto volto a proteggere le donne, permettendo loro di specializzarsi nelle mansioni domestiche senza timore di essere abbandonate. Tuttavia, questa visione, seppur storicamente significativa, ha anche contribuito a confinare le donne in un ruolo di subordinazione e dipendenza economica. Così Chiara Altilio, Ilaria Fiore, Silvia Loponte, Giorgia Martini, phd candidates Adapt – Università di Siena, ripercorrono l’evoluzione storico-sociale del lavoro di cura domestico
L’immagine della casalinga si è così cristallizzata nella cultura popolare, identificata storicamente con il concetto di “madre di famiglia”, utile alla collettività per il suo contributo all’allevamento dei figli. Questa visione ha avuto ripercussioni significative sulla costruzione del welfare state, dove il lavoro domestico è stato spesso considerato come un’attività secondaria e non retribuita. Nonostante l’importanza sociale del lavoro di cura, le politiche per la famiglia sono rimaste marginali nei sistemi di welfare.
Negli anni ’70, il femminismo italiano ha iniziato a contestare queste narrazioni, con la richiesta di un salario per le casalinghe che mirava a riconoscere il valore del lavoro domestico. Il dibattito si è quindi spostato sulla necessità di socializzare il lavoro di cura attraverso servizi pubblici, al fine di liberare le donne da un fardello pesante e non riconosciuto. Questo movimento ha gettato le basi per l’emergere di un mercato del lavoro di cura, in cui compiti precedentemente affidati alle casalinghe sono stati esternalizzati a lavoratori, spesso in condizioni di vulnerabilità.
Le trasformazioni socioeconomiche e culturali che hanno caratterizzato l’ultimo secolo hanno ridisegnato il panorama delle responsabilità familiari. Con l’aumento dell’occupazione femminile e il progressivo invecchiamento della popolazione, si è assistito a una crescente domanda di servizi di cura. Questo ha portato a una nuova configurazione dei ruoli, in cui il modello tradizionale della casalinga è stato messo in discussione, aprendo spazi per una maggiore condivisione delle responsabilità familiari e domestiche.
I dati attuali
Analizzando i dati più recenti, risulta chiaro che il numero di casalinghe continua a diminuire. Nel 2023, le donne che si dichiarano casalinghe sono circa 6,2 milioni, rappresentando il 41,43% delle donne inattive, mentre gli uomini inattivi nella stessa fascia di età si attestano a solo lo 0,009%. Questo calo è particolarmente marcato nel sud Italia, dove si concentra il 50,7% delle casalinghe italiane, evidenziando un divario territoriale significativo.
Inoltre, l’inattività femminile è fortemente influenzata dalla presenza di figli. Secondo i dati dell’Istat, per il 73% delle giovani casalinghe (15-34 anni), la motivazione per non cercare lavoro è di natura familiare. Anche il tasso di occupazione femminile rimane basso, attestandosi al 52,5%, contro il 70,4% degli uomini nella fascia di età 15-64 anni. Questo divario, seppur in riduzione, rimane un tema di preoccupazione e riflessione, poiché il carico delle responsabilità familiari è ancora prevalentemente a carico delle donne.
La questione della casalinga non è esclusivamente un fenomeno italiano, ma si colloca in un contesto europeo più ampio. Dati Eurostat mostrano che l’Italia ha una delle più alte percentuali di donne inattive nell’Unione Europea, superata solo dalla Romania. La percentuale di donne inattive in Italia è del 42,3%, rispetto alla media europea del 29,8%. Questo dato evidenzia la necessità di politiche più efficaci per promuovere l’occupazione femminile e ridurre il divario di genere.
L’analisi del tempo dedicato alle attività domestiche rivela ulteriormente l’ineguaglianza di genere. Le donne italiane dedicano in media oltre 5 ore al giorno a queste attività, rispetto a poco più di 2 ore per gli uomini. Questo divario di 2 ore e 47 minuti è il più alto nell’Unione Europea e sottolinea l’inequità persistente nella distribuzione delle responsabilità familiari.
Nonostante i progressi, il modello di casalinga è ancora presente, soprattutto in alcune fasce demografiche e territoriali. Tuttavia, il cambiamento è in atto.
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