Violenza, il 29% degli adolescenti pensa che una ragazza contribuisca a provocarla
- 13/02/2024
- Giovani
Per il 43% degli adolescenti, se davvero una ragazza non vuole avere un rapporto sessuale, il modo di sottrarsi lo può trovare. Il 29% degli adolescenti intervistati, inoltre, ritiene che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire o di comportarsi. Il 30% crede che la gelosia sia segno d’amore.
Questo è quanto è emerso dall’indagine di Save the Children realizzata in collaborazione con Ipsos e pubblicata nel rapporto “Le Ragazze Stanno Bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza”, alla vigilia di San Valentino 2024. Il Report contiene inoltre i risultati di un’indagine qualitativa, realizzata grazie alla collaborazione con il Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità e con il supporto delle Unità di Servizio Sociale per Minorenni e gli Istituti Penali per Minorenni. Ma scopriamo cos’è emerso.
La violenza tra i giovani
I giovani sono sempre più interconnessi. La vita online e offline sono strettamente legate, tanto da definire “onlife” il modo di vivere degli adolescenti. L’aumento dei casi di violenza, nella maggior parte delle volte a discapito di giovani donne e ragazze sempre di età inferiore, ha destato preoccupazione nella classe politica, tanto da aprire il dibattito sull’ingresso nelle scuole di corsi di educazione sessuale e all’affettività.
Ma come vengono vissute le relazioni sentimentali nell’adolescenza? A rispondere all’interrogativo ci sono i dati della ricerca dai quali è emerso che il 30% degli adolescenti sostiene che la gelosia è un segno di amore. I ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni credono – per il 17% – che uno schiaffo ogni tanto possa accadere in una relazione intima e, non sorprende in merito, che il 19% abbia ammesso essere stato spaventato dal/lla partner con atteggiamenti violenti, come schiaffi, pugni, spinte o lanci di oggetti.
Colpevolizzazione della vittima
Un fenomeno sempre più ricorrente è quello della colpevolizzazione della vittima di violenza e nei casi di femminicidio. L’indagine in tal senso ha acceso dei campanelli d’allarme “che non possono essere ignorati: accettare forme di controllo, tollerare pratiche violente, considerare la gelosia e il possesso come segni di amore e di una relazione di coppia sana, dare la colpa alla vittima di una violenza sessuale per il modo in cui è vestita. Tutti questi esempi non possono essere considerati solo come retaggi del passato, ma sono opinioni e comportamenti diffusi tra i giovani”, si legge nel report.
E infatti, il 43% degli adolescenti pensa che una ragazza possa davvero trovare il modo di sottrarsi se non vuole avere un rapporto sessuale. A pensarlo, nello specifico è il 46% dei maschi, ma una percentuale considerevole è stata rintracciata anche tra le femmine. A questo dato si aggiunge quello del 29% che pensa che a provocare una violenza sia proprio la donna stessa, sia con il modo di vestire, sia con il modo di comportarsi. Infine, il 21%, sia di ragazzi che di ragazze, è “molto” o “abbastanza d’accordo” con il fatto che una ragazza, seppur sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o di alcol, sia comunque in grado di acconsentire o meno ad avere un rapporto sessuale.
Il controllo è violenza?
Le forme della violenza, però, assumono contorni sempre più sfumati. Spesso non riguardano solo ambiti legati alla sfera sessuale, ma possono passare anche per la manipolazione e il controllo sul/la partner. Nelle relazioni sentimentali, per più di 1 adolescente su 2, ritiene violento anche l’insieme di telefonate insistenti, e propri atteggiamenti aggressivi.
Così, ben il 65% di ragazze e ragazzi ha ammesso di aver subìto dal partner almeno un comportamento relativo al controllo. Le richieste più comuni sono:
- di non accettare contatti da qualcuno/a sui social (42%);
- di non uscire più con delle persone (40%);
- di poter controllare i propri profili sui social (39%);
- di non vestirsi in un determinato modo (32%);
- fino al sentirsi dire, in un momento di difficoltà, che il partner avrebbe commesso un gesto estremo facendosi del male (25%).
Ma il dato più preoccupante è che ben il 63% degli adolescenti intervistati ha ammesso di avere o aver avuto nel corso della propria relazione almeno uno di questi comportamenti. Riguardo i comportamenti violenti, il 52% degli adolescenti in coppia dichiara di averli subìti, almeno una volta. Tra questi rientrano:
- essere chiamato con insistenza al telefono per sapere dove ci si trovava (34%);
- essere oggetto di un linguaggio violento, con grida e insulti (29%);
- essere ricattati per ottenere qualcosa che non si voleva fare (23%);
- ricevere con insistenza la richiesta di foto intime (20%),
- essere spaventato da atteggiamenti violenti (schiaffi, pugni, spinte, lancio di oggetti, 19%);
- condividere foto intime con altri senza consenso (15%).
In questo caso, è il 47% a dichiarare di avere commesso, almeno una volta, questi comportamenti nei confronti del/lla partner.
Consenso: cos’è e quando viene a mancare
Quando si parla di violenza è impossibile non associare questo problema al concetto di “consenso”. Il 36% della quasi totalità degli intervistati che ha ammesso di vivere una relazione stabile pensa di poter dare per scontato il consenso della persona con cui ha una relazione. In altre parole, la sola esistenza della relazione stessa sarebbe automaticamente sufficiente a sancire il totale assenso nei confronti dei comportamenti del partner, escludendo quindi l’eventuale non volontà di svolgere determinate attività o assecondare alcuni comportamenti. Il 48% ritiene che in una relazione intima sia difficile dire di no ad un rapporto sessuale se richiesto dal/la partner.
Stereotipi: a che punto siamo
Uno spazio a sé è da dedicare anche agli stereotipi di genere di cui le donne sono spesso vittime, ma che coinvolgono anche gli uomini con quella che viene definita una “mascolinità tossica”. Per gli adolescenti, infatti, piangere è una cosa da ragazze per il 69%, così come il 64% crede che sempre all’universo femminile appartenga la predisposizione ad esprimere le proprie emozioni. Il 39% degli adolescenti (maschi e femmine) ritiene che le ragazze siano più inclini a sacrificarsi per il bene della relazione, la percentuale sale al 51% proprio tra le ragazze.
Onlife: digitale nemico?
L’uso errato del mondo digitale, inoltre, può diventare spesso complice di pratiche di violenza che vengono sempre meno considerate tali, ma che sono spesso molto pericolose tanto quanto quelle fisiche. Non c’è da meravigliarsi se il 28% dei ragazzi e delle ragazze ha scambiato video e/o foto intime con il/la partner o con persone verso le quali aveva un interesse, una percentuale che sale al 40% tra chi ha avuto o è in una relazione. Ma a preoccupare è che il 33% riporta di aver ricevuto foto/video a sfondo sessuale da amici/che o conoscenti, e che 1 adolescente su 10 dichiara di aver condiviso, almeno una volta, foto/video intimi della persona con cui aveva una relazione senza il suo consenso esplicito. L’11% di tutti gli intervistati ha dichiarato che le proprie foto intime sono state condivise da altre persone senza il proprio consenso.
Una pratica, questa, che è stata motivo di discussione in noti casi di cronaca nazionale portando anche i legislatori a tutelare sempre più spesso i minori contro la pedopornografia, ad esempio.
Quali soluzioni?
“Se quelli mostrati fino ad ora sono evidenze preoccupanti e da non sottovalutare, dall’indagine condotta, si notano anche aspetti positivi, primo fra tutti l’aumento di interesse dai parte degli adolescenti verso le tematiche di genere. Il 58% degli adolescenti dichiara che negli ultimi tempi è diventato più sensibile ai temi di genere e il 43% ritiene che sarebbe utile uno sportello psicologico a scuola per sensibilizzare sul tema della violenza di genere”, spiegano Save the Children e Ipsos.
La formazione da parte dei docenti è considerata da una buona percentuale dei giovani come un giusto mezzo di sensibilizzazione contro la violenza di genere, le sue radici e le conseguenze. Così come l’educazione sessuale ed affettiva nelle scuole medie è ritenuta una pratica positiva. Dall’indagine condotta e dalle opinioni degli adolescenti, è evidente come sia sempre più necessario coinvolgere i giovani nel Piano nazionale antiviolenza e introdurre percorsi di educazione all’affettività nelle scuole.
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#chiamalaVIOLENZA
“In questo quadro, è molto importante cogliere l’attenzione e la voglia di approfondire queste tematiche che emerge dagli stessi ragazzi e ragazze per fare in modo che l’educazione alla affettività, alla sessualità e alle relazioni non violente divengano parte integrante di tutti i percorsi di crescita, con un forte impegno – come gli stessi ragazzi interpellati indicano – anche nella formazione delle figure adulte di riferimento, a partire dai docenti. È allo stesso tempo necessario diffondere a tappeto la conoscenza dei percorsi e degli strumenti di aiuto, a partire dal numero verde 1522, e promuovere nelle scuole punti di ascolto e di orientamento. È indispensabile un impegno sistematico e organico del quale gli adolescenti possano sentirsi protagonisti”, ha commentato Raffaela Milano, Direttrice Ricerche e Formazione di Save the Children.
La ricerca si inserisce nella campagna social #chiamalaVIOLENZA. L’obiettivo della campagna è quello di riflettere sulla normalizzazione di comportamenti violenti e di controllo, spesso “giustificati” come manifestazioni di gelosia e possessività, dando a questi comportamenti il giusto nome e identificandoli come forme di violenza o abuso.
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