Femminicidi, cosa prevede il Piano “Educare alle Relazioni”
- 22/11/2023
- Giovani
Verrà presentato oggi il piano “Educare alle Relazioni” dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara insieme alla ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella e al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Un’ora a settimana nelle scuole superiori con incontri per tre mesi all’anno e un totale di dodici sessioni per introdurre l’educazione sentimentale a scuola e promuovere la consapevolezza sulle conseguenze degli abusi, dopo la tragedia di Giulia Cecchettin, l’ennesimo caso di femminicidio in Italia.
La proposta prevede anche l’intervento di influencer, cantanti e attori per ridurre le distanze con i giovani e coinvolgerli a pieno in un percorso di educazione sentimentale che non può più aspettare.
Secondo la bozza del progetto, gli studenti, guidati da un docente in qualità di moderatore, prenderanno parte a discussioni di gruppo, esponendosi in prima persona sul tema.
D’altronde, la strategia del silenzio e dei tabù ha fallito, parlare e far parlare i giovani delle tematiche legate alla sessualità e all’affetto è un’urgenza del nostro sistema educativo. Per i giovani è difficile far sentire la propria voce e in questo modo si allarga il divario tra loro e chi dovrebbe educarli.
Il progetto prevede anche di introdurre il supporto occasionale di psicologi, avvocati, assistenti sociali, e organizzazioni contro la violenza di genere e si inserisce in un contesto più ampio di sensibilizzazione che coinvolge anche il ministero delle Pari Opportunità e della Famiglia, nonché quello della Cultura. Un aspetto chiave sarà la diffusione del numero verde antiviolenza 1522, con il coinvolgimento anche del mondo dello sport per far conoscere questo strumento ad una vasta platea.
Bufera sulla nomina di Alessandro Amadori
Il piano rappresenta una innovazione per il proprio approccio olistico che prevede la collaborazione tra diversi settori per elevare l’educazione degli studenti già nelle scuole, luogo sempre più importante per la formazione dei giovani. Già sul finire del secolo scorso la società ha iniziato a cambiare struttura e per gli adolescenti di oggi è difficile passare molto tempo con i propri genitori. L’impressione, tuttavia, è che il ruolo della scuola non si sia evoluto di pari passo, colmando solo parzialmente quel vuoto educativo lasciato dall’assenza dei genitori.
Anche per questo sono state mosse alcune critiche al progetto, tra cui la richiesta di una presenza costante di figure professionali come psicologi nelle aule e la previsione di un maggiore numero di ore da dedicare all’educazione sessuale ed emotiva nelle scuole. È indubbio, tuttavia, che qualora dovesse diventare realtà, questo sarebbe il primo piano che interviene in maniera organizzata e integrata sull’educazione sentimentale a scuola.
La critica più calda, tuttavia, riguarda la nomina di Alessandro Amadori, scelto dal ministro Valditara per coordinare gli incontri nelle scuole sull’educazione affettiva nonostante in un libro avvalorasse la tesi sulla responsabilità delle donne come causa delle violenze. “Sorprende, infatti, come su un tema così urgente e drammatico sia stata scelta una personalità che più volte in diversi interventi ha avvalorato tesi delle responsabilità delle donne come causa delle violenze. Tesi che sembrano incompatibili con lo scopo che il progetto deve perseguire”, ha affermato la deputata democratica Irene Manzi, capogruppo in commissione Cultura.
L’educazione sessuale nelle scuole
Non la prima tensione sul tema, dato che su quello, diverso ma analogo, dell’educazione sessuale a scuola, meno di un mese fa scoppiava la bagarre alla Camera, quando durante l’esame del ddl contro la violenza sulla donne, il deputato leghista Rossano Sasso definiva l’educazione sessuale nelle scuole una ‘nefandezza’, promettendo “alla sinistra e in particolare al M5S che fino a fine legislatura noi faremo muro” contro l’inserimento dell’educazione sessuale nelle scuole per i bambini fino a 6 anni.
Le dichiarazioni di Sasso avevano provocato la secca replica di Angelo Bonelli, figura di riferimento di Alleanza Verdi e Sinistra: “Qui non siamo a Kabul”.
Tra le voci che si sono espresse sul tema c’è anche l’attrice e regista Paola Cortellesi, che in queste settimane sta spopolando al cinema con il suo ‘C’è ancora domani’, pellicola che fa luce proprio sulla violenza di genere.
“Quando ho sentito la notizia – ha detto Cortellesi da Cagliari riferendosi alle parole del deputato Sasso – ho pensato proprio il contrario: l’educazione all’affettività e al rispetto di sé andrebbe iniziata alla scuola dell’infanzia, per proseguire più avanti con l’educazione sessuale, il tema del corpo… È uno scandalo che non sia previsto dal ministero. Una figlia adolescente davvero sta lì a sentire i genitori? È evidente che se ne debba occupare un esperto”.
“I ragazzini di oggi – ha aggiunto – sono esposti a una quantità di informazioni esagerata, e quella non è l’età giusta per quei contenuti, ti cambiano i parametri, poi non capisci più niente e succedono anche cose molto gravi, basti leggere la cronaca del ‘branco’ che stupra”.
La regista di ‘C’è ancora domani’ ha aggiunto: “I femminicidi che ci sono, in Italia, ogni 72 ore. Non è possibile. Ce lo dice la cronaca tutti i giorni, siamo in straritardo e bisogna agire ora. È una storia che si ripete all’infinito: c’è sempre un ex che uccide, perché c’è ancora una sacca resistente di cultura del possesso. Una mentalità avvelenata e velenosa, spesso raccontata come raptus di follia, ma non lo è perché, se la dinamica è identica, è una questione culturale. Ci dicono che ‘era una persona tranquilla’. ‘Un bravo vicino di casa’. ‘Un dolce papà’. Che però dice: ‘Ti tolgo tutto. Ti uccido anche i figli, non devi avere più niente. O me o nessun altro, o sei mia o di nessuno più’. È una cosa impressionante, se ne dovrebbe parlare tutti i giorni. Invece la senti mentre stai tagliando l’insalata con sotto il telegiornale. Ci si abitua”.
Intanto, ieri, martedì 21 novembre, è stato osservato un minuto di silenzio nelle scuole per ricordare la povera Giulia. L’auspicio è che dopo il silenzio, arrivi il momento di parlare e di far parlare questi ragazzi, educandoli ad amare per davvero.
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