Pochi e cari, gli asili nido in Italia sono un miraggio
- 13/02/2024
- Famiglia
Poche strutture e costi alle stelle. Gli asili nido in Italia rischiano di diventare inarrivabili per la maggior parte delle famiglie, in un contesto di inverno demografico che sicuramente non si risolve con la carenza dei servizi. Che, insieme ai costi spesso insostenibili, sono tra i principali nodi da sciogliere per arrestare il calo demografico ed evitare che, soprattutto le donne, siano costrette a scegliere tra lavoro e maternità: oggi il 63% delle neomamme è costretto a compiere questa scelta.
Un’inchiesta di Altroconsumo in otto grandi città della penisola (Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Genova, Napoli e Palermo) svela, o per meglio dire conferma, una situazione poco incoraggiante, tanto più se confrontata con gli altri Paesi europei. Sotto la lente, gli asili nido comunali, 285 privati e mille intervistati della community di ACmakers.
Due dati su tutti fotografano l’entità del problema: i posti al nido bastano solo per il 28% dei bambini. E nel periodo estivo il 93% delle strutture è chiusa.
Quanto costa un asilo nido
Prima nota dolente: i costi. Per quanto riguarda gli asili comunali, la retta media per una famiglia con un Isee di 30 mila euro si aggira sui 500 euro a Milano e Torino, poco meno a Firenze. Cifre ancora più insostenibili nei nidi privati, che hanno una media di 640 euro ma possono arrivare anche a 800 euro al mese a Milano.
Altroconsumo rileva un aumento rispetto all’analoga inchiesta svolta nel 2022, con le tariffe orarie medie nel privato più alte dell’8,8%, con città sopra la media come Roma, Milano e Genova (+11%). Torino e Bologna stabili.
Gli altri Paesi europei
Seconda nota dolente: la disponibilità di posti. Come detto, in Italia la copertura è del 28% dei bambini e il confronto con il resto dell’Europa è impietoso. Siamo ben al di sotto della media Ue che è pari al 37,9%, mentre rispetto ai Paesi più virtuosi il paragone è addirittura imbarazzante: l’Olanda ha una copertura del 74%, la Danimarca del 69,1%, Francia e Spagna stanno oltre il 50%.
Siamo al di sotto anche dello standard europeo fissato dal Consiglio Europeo di Barcellona del lontano 2002, che prevedeva di garantire un posto per almeno il 33% dei bambini entro il 2010. Mentre noi non abbiamo raggiunto nemmeno questo obiettivo, l’Ue ha spostato l’asticella portando lo standard al 45% di bambini frequentanti servizi educativi di qualità entro il 2030. Un traguardo che al momento per l’Italia sembra un miraggio. E nemmeno il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sembra poter dare una svolta alla situazione: l’Italia si è impegnata a realizzare 150 mila nuovi posti nei nidi, ma non bastano. Anzi, sono centomila in meno rispetto ai 250 mila che erano stati ipotizzati anche per ridurre il divario territoriale aumentando i posti al Sud.
I divari territoriali
La tradizionale spaccatura Nord-Sud si conferma anche per gli asili nido. La copertura nel Centro-Italia, Nord-Est e Nord-Ovest è sopra il 31%, praticamente la metà (16%) nel Sud e le Isole.
Cosa chiedono i genitori
Per capire cosa pensano i genitori, Altroconsumo si è rivolta alla community di ACmakers coinvolgendo mille intervistati, e quello che è emerso è la necessità di ripensare i sistemi di welfare per le famiglie. Mamme e papà chiedono:
• di aumentare le strutture e i posti disponibili negli asili
• norme che diano maggiore flessibilità lavorativa (congedi, permessi…)
• contributi diretti da parte dello Stato nel pagamento della retta, almeno in parte, per tutti.
• orari più rispondenti alle esigenze lavorative, soprattutto in estate: se a luglio solo il 2% dei nidi chiude del tutto, il 12% per qualche settimana e l’86% rimane aperto, ad agosto risulta essere chiuso il 93% degli asili nido.
Non rimane allora che affidarsi al welfare ‘casalingo’: i nonni, per chi ha la fortuna di averli, di averli vicini e di averli disponibili. Un po’ poco per invertire il trend demografico.
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