Tra la carriera e la famiglia sempre più donne scelgono il social freezing
- 30/08/2023
- Fertilità
Le donne italiane ricorrono sempre più spesso al social egg freezing (o social freezing), una tecnica di preservazione della fertilità che consiste nel congelare gli ovociti in età fertile per posticipare la gravidanza. Le cause del social freezing sono essenzialmente due: le risorse economiche della coppia sono troppo scarse per crescere un figlio; la donna, o la coppia, non si sente ancora pronta a metter su famiglia.
Quando la gestazione viene posticipata non per scelta ma in presenza di malattie che potrebbero compromettere lo sviluppo del feto e la gravidanza stessa, si parla di medical freezing o semplicemente crioconservazione degli ovuli.
La diffusione del social freezing va inquadrata nel contesto demografico attuale, caratterizzato da una natalità sempre più bassa e d dell’età dall’aumento dell’età media in cui si diventa madri. In diverse occasioni le donne hanno dichiarato di dover scegliere tra la carriera e la famiglia, soprattutto quando ricoprono posizioni manageriali soprattutto perché il lavoro domestico è diviso ancora iniquamente.
L’ultimo rapporto Istat sul lavoro e la conciliazione dei tempi di vista evidenzia che l’indice di asimmetria nel lavoro familiare – che misura, per le donne in coppia di età compresa tra i 25 e i 44 anni, quanta parte del tempo dedicato al lavoro domestico da entrambi i partner occupati è svolto dalle donne – è pari al 61,8% nel 2021/2022.
In pratica, in base a queste statistiche, l’impegno per la cura dei figli è solo per il 38,2% sulle spalle dei papà, per il resto su quelle delle mamme. Il recente miglioramento registrato sulla divisione delle mansioni domestiche non deve trarre in inganno perché è di tipo quantitativo, ma non qualitativo: gli uomini si occupano maggiormente della cura dei minori rispetto agli anni passati, ma le mansioni più complicate sono (ancora) svolte principalmente dalle donne.
Il rapporto Istat mette nero su bianco il gap occupazionale tra le donne di 25-49 anni con figli piccoli (0-5 anni) e le donne della stessa fascia di età ma senza figli: le prime hanno registrato un’occupazione del 55,5% contro il 76,6% delle donne senza figli. Si tratta di un gap importante, ancora più accentuato al Sud, che impone delle riflessioni, oltre che degli interventi strutturali.
Le linee guida consigliano di effettuare il social freezing generalmente tra i 25 e i 38 anni di età perché gli ovuli sono gli stessi dalla nascita e invecchiando diminuisce il numero e la probabilità di successo della gravidanza.
Puoi capire come funziona e quanto costa il social freezing in questo articolo.
In principio fu il medical freezing
La pratica del congelamento o crioconservazione degli ovociti esiste dagli anni Ottanta, ma per molto tempo è stata oggetto di dubbi e approvata solo in via sperimentale. Nel 2012 l’American Society of Reproductive Medicine (Asrm) ha reso accessibile la crioconservazione alle pazienti oncologiche, dando loro l’opportunità di progettare una gravidanza dopo le cure antitumorali che mettono a serio rischio la gravidanza. Come accennato, quando posticipare il parto non è tanto una scelta della donna, quanto una necessità medica si parla di medical freezing o crioconservazione.
La fecondazione assistita, e in particolare la crioconservazione degli ovuli, rappresenta l’unica ancora di salvezza per le donne malate di tumore che vogliono diventare mamme senza mettere a repentaglio la vita e lo stato di salute del feto. Discorso simile per le donne che soffrono di endometriosi, soprattutto a livelli avanzati: il medical freezing potrebbe essere un’opportunità nei casi in cui si debbano sottoporre a interventi importanti che potrebbero danneggiare gravemente il tessuto ovarico. In tutti questi casi la crioconservazione consente non solo di non mettere a rischio la gravidanza, ma anche di conservare in buono stato di salute gli ovociti che altrimenti sarebbero gravemente danneggiati dopo le terapie.
Nel 2014 l’Asrm ha dato il via alla libera crioconservazione degli ovociti per tutte le donne americane. Da allora la gravidanza tramite crioconservazione è diventata una scelta sempre più gettonata. Uno studio condotto dalla rivista Fertility e Sterility riporta che, tra lockdown e restrizioni, circa un terzo delle donne americane ha cambiato i propri piani riguardo la gravidanza e ha iniziato a considerare l’ipotesi di ricorrere a trattamenti di riproduzione assistita.
In Italia il social freezing è legale?
La domanda che dà il titolo a questa sezione dell’articolo non ha una risposta univoca. In Italia la Procreazione medicalmente assistita (Pma) è regolata dalla legge 40/2004 che legittima la Pma solo per le coppie eterosessuali, maggiorenni e in età potenzialmente fertile, che siano coniugati o conviventi e vogliano risolvere eventuali problemi di sterilità o infertilità, che devono essere certificati dallo medico curante.
Una svolta importante sul tema è stato offerto dalla sentenza n.96 del 2015 della Corte Costituzionale che ha consentito l’accesso alla crioconservazione anche alle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche. In particolare, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della legge 40/2004 nella parte in cui non consente il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie sì fertili, ma comunque portatrici di malattie genetiche trasmissibili e gravi accertati dalle strutture pubbliche e che consentono l’accesso all’aborto terapeutico.
Le persone single e le coppie omosessuali restano comunque estromesse dalla possibilità di ricorrere alle tecniche di Pma.
Lo sviluppo del social freezing negli ultimi anni
Una ricerca presentata di alcuni ricercatori belgi ha fornito i primi numeri sull’utilizzo del social freezing. Lo studio è stato presentato al 39° meeting annuale della European Society of Human Riproduzione ed embriologia (Eshre) che si è tenuto a Copenaghen lo scorso giugno e ha incluso 843 donne sottoposte a crioconservazione degli ovociti per motivi non medici tra il 2009 e il 2019. L’età media delle donne campionate era di 36 anni al momento del congelamento degli ovuli. Di queste oltre il 40% hanno poi avuto un bambino, il 27% tornando nel centro specialistico che avevano scelto. Più nello specifico, 110 su 231 donne che sono tornate alla clinica (48%) ha utilizzato i propri ovociti congelati come parte del proprio trattamento di fertilità, 50 donne (il 22%) hanno proceduto con l’inseminazione intrauterina e 71 (il 31%) hanno optato per la fecondazione in vitro utilizzando ovociti freschi.
Per il presidente dell’Eshre, Carlos Calhaz-Jorge del Centro Ospedaliero di Lisbona Nord e Hospital de Santa Maria di Lisbona (Portogallo), “l’obiettivo del social freezing è mitigare il rischio di infertilità in età avanzata. Questo studio suggerisce che gli ovociti congelati possono essere utili per le donne infertili più avanti con l’età; ora serviranno più dati per stabilire linee guida per le giovani donne che stanno valutando la possibilità di congelare i loro ovociti”.
“Nei primi tre mesi del 2023 abbiamo raggiunto un numero di congelamenti pari a quelli svolti durante tutto il 2022”, ha rivelato a Linkiesta la dottoressa Francesca Bongioianni, ginecologa e direttrice del centro GeneraLife Livet di Torino.
Un altro dato interessante sullo sviluppo del social freezing in Italia deriva dal gruppo Genera, il più grande in Italia specializzato in medicina della riproduzione che testimonia un aumento di circa il 20% annuo delle donne che adottano questa pratica. Secondo Laura Rienzi, professoressa associata presso il Dipartimento di science biomolecolari all’Università ‘Carlo Bo’ di Urbino e direttrice scientifica del gruppo Genera, “il dato del 27% delle pazienti che torna ad anni di distanza dal congelamento degli ovociti in un centro specializzato è in crescita rispetto alle ultime evidenze, che parlavano del 9-15%.
Un dato positivo, dunque, ricordando sempre che l’obiettivo della preservazione della fertilità non è quello di utilizzare per forza quegli ovociti, ma di aver creato un ‘tesoretto’ di gameti che consenta alla donna di vivere la sua vita con serenità, sempre considerando che una gravidanza oltre i 44-45 anni comporta rischi ostetrici”.
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