Single in Italia, com’è cambiata la famiglia negli ultimi 20 anni
- 11/11/2024
- Famiglia
Secondo i più recenti dati Istat, nel 2023 circa un terzo delle famiglie italiane non rientra nel tradizionale modello di coppie sposate con figli, le cosiddette famiglie “classiche”. E se spesso sembra che queste famiglie siano la maggioranza, la realtà è che la percentuale dei single è in costante aumento da due decenni.
Chi sono i single italiani e come sta cambiando la famiglia negli ultimi anni?
Sempre più single in Italia
Se nel 2002 solo il 20% delle famiglie non seguiva più il modello tradizionale, oggi quella cifra è salita a oltre il 33%. Non si tratta solo di famiglie senza figli o genitori single, ma anche di coppie non coniugate e famiglie ricostituite. Una vera e propria rivoluzione che ha portato a un’impennata dei single e di nuove forme di nucleo sociale, una realtà che coinvolge ormai quasi 18 milioni e mezzo di persone nel nostro Paese.
Potremmo definirlo un vero e proprio esercito di “cuori solitari” che, in un certo senso, stanno conquistando la scena: non solo l’11 novembre, ma anche il 15 febbraio, durante la Festa di San Faustino, che celebra l’amore per sé stessi. Tra gli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni, è raddoppiata la quota di chi vive senza partner e più che raddoppiata quella di chi vive in coppie non sposate.
Ma il fenomeno non riguarda solo i giovani. Anche gli anziani stanno cambiando. Se una volta la vedovanza significava spesso rimanere soli, oggi sempre più persone over 65 (e in particolare quelle tra i 65 e i 74 anni) sperimentano unioni non tradizionali, come le libere unioni o famiglie ricostituite.
Ma allora cosa vuol dire essere single o una famiglia nel 2024?
Single, per scelta o una necessità?
La risposta a queste domande non è univoca. Certamente, c’è chi è single per scelta. L’indipendenza economica e la possibilità di concentrarsi su carriera, interessi e libertà personali sono fattori sempre più rilevanti. Con la crisi economica che ha colpito in modo significativo le nuove generazioni, molti giovani si trovano ad affrontare l’incertezza di una stabilità economica, il costo della vita sempre più elevato e l’incapacità di accedere a un’abitazione propria. Questo li spinge a rimandare la creazione di una famiglia.
Secondo il Censis, l’85,6% dei giovani tra i 16 e i 29 anni vive ancora con i propri genitori, e, come segnala Coldiretti, i single ammontano a 8,8 milioni di persone, affrontando un costo della vita quasi doppio (+80%) rispetto a quello per ciascun membro di una famiglia media di tre persone.
D’altra parte, la crescente difficoltà a trovare un partner compatibile può essere un altro fattore che spinge al “single life”. Paradossalmente, la ricerca dell’anima gemella, nonostante la tecnologia e le app di dating, può diventare un’impresa sempre più difficile.
Inoltre, l’allungamento dei tempi di formazione della famiglia — dai percorsi scolastici ai tempi per affermarsi nel lavoro — porta a una procrastinazione della creazione di una famiglia tradizionale. L’aspettativa di vita sempre più lunga fa sì che molte persone, anche in età avanzata, scelgano di vivere da sole o in unione libera, senza il vincolo del matrimonio.
L’Italia, tra l’altro, si conferma in linea con la media europea. Con 8,5 milioni di famiglie single (33%), non è in cima alla classifica, dove, invece, si posiziona la Svezia, con il 51% delle persone che vive in solitudine. Seguono Danimarca (44%), Lituania (42%), Germania e Finlandia (41%).
Nuovi modelli familiari in crescita: il co-housing
Non si parla più solo di coppie omosessuali o di genitori single che si legano emotivamente a qualcuno, ma anche di tre amiche anziane rimaste sole che decidono di vivere insieme, condividere le spese e prendere decisioni cruciali l’una per l’altra. Queste esperienze, anche se non sempre istituzionalizzate, sono già una realtà.
Si stima che in Italia siano ormai attivi oltre 20 esperimenti di co-housing, con progetti particolarmente concentrati in città come Milano, Roma, Torino e Firenze. Da questi progetti alla battaglia per i diritti delle coppie di fatto, il mondo di persone single che scelgono di legarsi affettivamente ad altri single è più diffuso di quanto si pensi.
La solitudine, un tabù?
L’aumento dei “cuori (non) solitari” in Italia non è solo un riflesso della difficoltà economica, ma anche di una trasformazione culturale più ampia. Vivere da soli non è più visto come un segno di fallimento sociale, ma come una scelta che può portare altrettanta soddisfazione quanto le tradizionali unioni familiari. Oggi, più che mai, siamo chiamati a ripensare il concetto di famiglia, lasciando che la solitudine non sia vista come una mancanza, ma come un’opportunità di crescita personale.
Con l’arrivo di un numero sempre maggiore di single, la domanda di cambiamento nella percezione della solitudine — e di costruire un nucleo affettivo di persone intorno a questa scelta — è ormai evidente. Vivere da soli, o essere “single”, può essere visto in modo negativo, come una condizione di fallimento sociale o una forma di emarginazione associata a inadeguatezza, depressione o insoddisfazione. E chissà, se in futuro non possa diventare sempre più difficile riconoscere un modello familiare “tradizionale”, associando a questo cambiamento il concetto di normalità.
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