Australia, divieto social per gli under 16. L’esperto: “In Italia sarebbe indice di civiltà”
- 08/11/2024
- Giovani
L’Australia introdurrà limiti di età per l’uso dei social media e la notizia ha già creato un dibattito internazionale.
La polemica sull’argomento si è amplificata nel Paese dopo la morte di una studentessa, Ella Catley-Crawford, di Brisbane, vittima giovanissima di cyberbullismo che a maggio si è tolta la vita e, secondo alcuni esponenti di governo, sarebbe solo la punta di iceberg molto più grande. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha sostenuto che il divieto dei social sotto i 16 anni sarà legge “entro la fine dell’anno”, poiché il partito laburista sostiene con fermezza che questo “limite nasce per proteggere i bambini dai pericoli online”.
E in Italia si parla già di “Scuole smartphone free” e una petizione, con oltre 70mila firme, chiede il divieto di cellulari sotto i 14 anni e dei social sotto i 16. Secondo il pedagogista Daniele Novara, oltre che essere un bene per la salute dei giovani, sarebbe un grande “gesto di civiltà per il nostro Paese”.
Australia e social: verso il divieto
Le piattaforme social prevedono già limiti di età fissate tra i 13 e i 14 anni. Il problema, secondo le famiglie, i genitori e gli esperti, è che non mettono in pratica i dovuti controlli per assicurarsi che non si iscrivano ragazzi più piccoli. È per questo motivo che il premier australiano, entro la fine dell’anno, ha previsto l’introduzione di una legge per aumentare il limite di età a 16 anni. L’Australia, in questo modo, diverrebbe uno tra i primi Paesi al mondo a imporre un’età minima per l’uso dei social media.
In una riunione straordinaria del governo nazionale, Albanese chiederà ai rappresentanti regionali di sostenere la proposta approvata dal suo governo. Ma non è solo una scelta politica, perché, come riporta l’Herald Sun, gli esperti che studiano la legge sostengono che il piano del governo di imporre limiti di età sui social media ha fondamenta scientifiche.
Quali rischi corrono gli adolescenti con i social?
Il dottor Simon Wilksch, ricercatore senior in psicologia presso la Flinders University, ha affermato al quotidiano australiano che il suo lavoro con i giovani di età compresa tra 11 e 13 anni ha dimostrato un legame tra i disturbi alimentari e la quantità di tempo che trascorrono sui social media: “L’inizio e la metà dell’adolescenza sono periodi in cui il cervello cerca ricompense sociali, in cui aumenta la sensibilità all’attenzione e all’approvazione degli altri”.
E le sue tesi sono supportate dalla professoressa neuroscienziata Selena Bartlett della Queensland University of Technology, secondo la quale, il cervello degli adolescenti è vulnerabile perché si trova in “un periodo di neuroplasticità”. “Il cervello del bambino è aperto all’impulsività e alla scarsa capacità decisionale, ovvero alla dipendenza. Il cervello non è completamente sviluppato fino ai 22 anni per le ragazze e ai 25 per i ragazzi”.
Anche uno studio globale pubblicato su Lancet Psychiatry ha scoperto che gli indicatori della salute mentale dei giovani sono diminuiti in tutto il mondo negli ultimi due decenni e che l’età di massima insorgenza delle malattie mentali è proprio 15 anni.
La reazione alla notizia
Se c’è chi da un lato accoglie la notizia con entusiasmo, meno felici sembrano essere i gestori di queste piattaforme. In primis, il danno è d’immagine, perché sostenere che non si fa a sufficienza per tutelare i minori, oltre che un reato perseguibile, sarebbe un grande colpo di reputazione. Ma è anche una questione di applicabilità delle norme.
Meta, società di Facebook e Instagram, ha dichiarato che avrebbe collaborato con il governo australiano nel processo di consultazione alla formazione della norma. Lo scorso settembre, Antigone Davis, vicepresidente globale per la sicurezza dell’azienda, ha dichiarato a una commissione parlamentare che gli utenti di tecnologia di età inferiore ai 16 anni dovrebbero avere bisogno dell’approvazione dei genitori prima di scaricare le app. Altre piattaforme, invece, sostengono di avere già limiti di questo tipo e che faranno il possibile per mediare i contenuti al proprio interno anche per le fasce minime di età consentita.
Per quanto riguarda i limiti negli altri Paesi, dagli Stati Uniti, alla Corea del Sud, passando per India e Brasile, già sono in vigore per gli adolescenti o si sta altrettanto pianificando di introdurre regole simili.
L’Unione europea si è espressa in passato, con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che ha sostenuto che alcune di queste piattaforme rischiano di creare depressione e ansia. Una conseguenza è la decisione di sette famiglie francesi che hanno provveduto per vie legali contro TikTok perché, secondo loro, “non farebbe abbastanza per moderare i contenuti, amplificando il dolore dei figli”.
“Smartphone free” in Italia
In Italia, una petizione, a firma di pedagogisti e psicoterapeuti e presentata al governo, chiede esattamente un divieto degli smartphone sotto i 14 anni e e dei social sotto i 16. “La notizia che arriva dall’Australia – ha commentato Daniele Novara, pedagogista e ideatore della petizione in Italia – è sicuramente positiva, è anche una delle richieste presenti nell’appello ‘Stop smartphone e social sotti i 14 e 16 anni’ indirizzato al governo italiano”.
Secondo l’esperto, infatti, le “piattaforme devono avere l’obbligo di controllare l’età dei loro utenti e i governi devono agire perché questa legge venga rispettata. Il controllo non può essere delegato totalmente ai genitori che devono concentrarsi sull’educazione e non sulle procedure di vigilanza. I genitori oggi sono lasciati soli, come se la crescita delle nuove generazioni fosse un problema solo loro e non dell’intera comunità. Quindi guardo con estremo interesse quello che sta succedendo nel mondo. L’Australia si sta facendo capofila di un movimento internazionale su cui l’Italia assolutamente non dovrebbe risultare una retroguardia, ma un’avanguardia”.
E ha concluso: “Certo il nostro appello, che ha raccolto 70.000, punta anche al divieto di utilizzo di smartphone sotto i 14 anni, cosa che garantirebbe davvero alle nuove generazioni di evitare che il loro cervello entri in uno stato osmotico con i vari device. Gli smartphone sono capaci di attaccarsi alle aree dopaminergiche neuro-cerebrali impedendo ai bambini, alle bambine, ai ragazzi e le ragazze di fare una vita normale fatta di relazioni, di gioco, di spazi aperti. Non possiamo rimanere immobili di fronte a una generazione che rischia di isolarsi nelle camerette in una condizione di gravissimo rischio psico-evolutivo. Rischio abbondantemente segnalato da tutti gli indicatori psichiatrici e sociologici”.
Ma non è solo una questione di salute per i giovani, per Novara è proprio “un indice di civiltà. Ricordiamoci che siamo il Paese che per primo ha abrogato nel mondo le classi differenziali e i manicomi, due leggi a tutela delle fasce più deboli e fragili della nostra società. Ora si pone un problema simile e mi auguro che la politica, che già ha dato segnali di interesse, passi al più presto dalle parole ai fatti, con norme chiare che non lascino il cerino per l’ennesima volta in mano ai genitori”.
E le opinioni del pedagogista trovano il ministro dell’Istruzione italiano d’accordo. Infatti, secondo Valditara bisognerebbe “che i giovani prendano una pausa, almeno a scuola, dallo smartphone per fare in modo che non maturino una dipendenza”.
“Facciamo che le scuole siano ambienti smartphone free. Molti Paesi hanno già avviato un percorso di contenimento dell’utilizzo in particolare per i ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado, come abbiamo fatto noi”. Ma si può fare di più: “vietare l’accesso ai social ai minori di 15 anni – sostiene Valditara -. Esiste già una direttiva europea che interviene su questo settore, ora bisogna arrivare al riconoscimento dell’utente”. Dell’uso degli smartphone a scuola e dei social sotto una certa età, si discuterà il 25 novembre a Bruxelles.
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