Tasso congedo paternità triplicato in Italia tra 2013-2022
- 19/03/2024
- Famiglia
Il tasso congedo paternità è più che triplicato in Italia tra il 2013 e il 2022. A riportarlo è l’elaborazione Save the Children dei nuovi dati Inps diffusi in occasione della Festa del Papà, del 19 marzo. Il profilo elaborato è quello di un uomo che vive al Nord Italia, lavora in imprese medio grandi con un contratto di lavoro stabile e uno stipendio medio-alto e che ha all’incirca 30 anni. Ma, nonostante siano in aumento coloro che lo richiedono, il congedo parentale vede ancora un forte squilibrio di genere tra i due genitori nella cura dei figli. Vediamo insieme cos’è emerso.
Il congedo di paternità
Poco meno di 1 padre su 5 ne ha usufruito. Questo era il dato nel 2013. Si stimano fossero all’incirca quasi 52mila padri. Nel 2022, parliamo di 3 papà su 5, cioè il 64%, pari a 172.797 padri. Nel 2012, data di introduzione del congedo, era previsto solo un giorno obbligatorio e due facoltativi, mentre oggi si è raggiunto un “traguardo” di 10 giorni obbligatori e uno facoltativo ai neopapà, fruibile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.
Nord e Sud
I dati Inps, nell’elaborazione Save the Children, mettono in evidenza alcuni aspetti interessanti del modo di vivere la genitorialità. Le richieste di congedo, infatti, variano in base all’età, al tipo di contratto, al reddito e all’area di residenza. Ne usufruisce principalmente chi vive nelle province del Nord. Mentre nel Mezzogiorno, si riscontrano valori di fruizione inferiori al 30% nelle province di Crotone (24%), Trapani (27%), Agrigento e Vibo Valentia (29% in entrambe le province), mentre valori superiori all’80% (i più elevati), si registrano nelle province di Bergamo e Lecco (81% in entrambi i casi), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%).
Una questione anagrafica e lavorativa
Essendo aumentata l’età media degli italiani che scelgono di avere un bambino, non sorprende che a richiedere il congedo siano gli uomini nelle fasce d’età comprese tra i 30 e i 39 anni (65,4%) e tra i 40 e i 49 anni (65,6%).
Inoltre, è più frequente la richiesta tra coloro che lavorano in aziende medio-grandi. Fra quelle con oltre 100 dipendenti, infatti, l’utilizzo è pari al 77%, mentre scende al 67,8% in quelle che hanno fra i 51 e i 100 dipendenti, al 60% fra quelle che hanno fra i 16 e i 50 dipendenti, fino ad arrivare al 45,2% nelle aziende con 15 dipendenti o meno. Eppure, è proprio in questa ultima tipologia di azienda che si è registrato l’aumento maggiore nell’utilizzo del congedo di paternità tra il 2021 e il 2022 (più 8,7%).
Contratti e reddito
Nella fruizione dei congedi di paternità si rilevano forti disuguaglianze tra le diverse tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile. Se infatti, tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95%, mentre tra gli stagionali arriva solo al 19,72%.
Per quanto riguarda le fasce di reddito, invece, l’utilizzo del congedo di paternità è più diffuso tra i padri con un reddito compreso fra i 15mila e i 28mila euro (73,3%) e fra quelli con reddito superiore a 28mila euro e inferiore a 50mila (85,68%). La correlazione positiva tra reddito e utilizzo del congedo di paternità, però, si interrompe a partire dai redditi di 50mila euro (tra chi ha un reddito superiore a questo importo ne usufruisce il 78,63%).
“Favorire la condivisione della cura dei figli”
“Il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli sta cambiando, anche se lentamente, anche in Italia, a favore di una maggiore condivisione delle responsabilità. È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all’obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all’equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità – ha affermato Giorgia D’Errico, direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children, l’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro – Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rileva difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine, come emerge anche da una indagine campionaria promossa nel 2023 da Save the Children”.
“È essenziale incoraggiare i nuovi padri nella piena condivisione della cura dei figli, eliminando, al contempo, i tanti ostacoli che ancora oggi bloccano l’ingresso e lo sviluppo professionale delle madri nel mondo del lavoro”, ha concluso D’Errico.
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