Strage di Paderno Dugnano, quanto pesa il ‘nichilismo emotivo’ tra i giovani?
- 02/09/2024
- Popolazione
La strage familiare di Paderno Dugnano è l’ennesimo campanello di allarme sulla situazione dei giovani e delle famiglie italiane. Negli ultimi decenni sono aumentate le stragi inattese, risultato estremo e criminale di sofferenze silenziose. Per alcuni, il dialogo non è neanche un’opzione: tutto avviene nella propria testa, senza che ci sia un confronto con gli altri, familiari in primis.
Da un punto di vista sociologico, spaventa quello che possiamo definire un crescente senso di “nichilismo emotivo”, emerso anche dalle parole dell’omicida nella strage di Paderno Dugnano.
“Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”, ha detto il 17enne, crollato dopo dodici ora di interrogatorio.
Strage di Paderno Dugnano e il silenzio dei giovani
Nella notte tra sabato e domenica 1°settembre, qualche ora dopo i festeggiamenti per il cinquantunesimo compleanno del papà, è stato lo stesso adolescente a dare l’allarme intorno all’una, chiamando il 118: “Venite, ho ucciso mio padre”. In un primo momento il ragazzo aveva riferito di aver colpito solo il padre perché quest’ultimo aveva ucciso il resto della famiglia. Un racconto che da subito non aveva convinto del tutto gli inquirenti.
Poi la confessione tra le lacrime: “Non è successo niente di particolare sabato sera. Ma ci pensavo da un po’, era una cosa che covavo”.
I vicini sono sconvolti, le testimonianze tanto incredule quanto già sentite in tante altre stragi simili: era una famiglia “normale e serena”, senza particolari problematiche. La classica famiglia da cui “non te lo aspetti”. Impossibile dubitare sulla sincerità dei testimoni, doveroso riflettere su una situazione che ritorna nella sua inaspettata tragicità: famiglie tranquille che diventano lo scenario di stragi incomprensibili.
La mancanza di appartenenza e il senso di isolamento possono avere effetti devastanti, specialmente in un adolescente. Spesso, chi è in questa condizione, non dà alcun segnale di allarme all’esterno. L’assenza di dialogo, la pressione delle aspettative familiari, o semplicemente l’incapacità di esprimere il proprio disagio possono portare a un’escalation di emozioni negative che, se non affrontate, possono sfociare in atti violenti e criminali.
Negli ultimi anni, il disagio psicologico tra i giovani è in costante aumento, e gli effetti vengono resi ancora più preoccupanti dalla mancanza di dialogo.
Studi recenti mostrano che i disturbi d’ansia, la depressione e i comportamenti autolesionistici sono in crescita, influenzati da fattori sociali, economici e culturali. In Italia, un’indagine del Censis del 2023 ha rivelato che circa il 20% degli adolescenti soffre di disagio psicologico significativo. Questo fenomeno è alimentato da una serie di fattori, tra cui l’iperconnessione digitale, il bullismo online e offline, la pressione scolastica e la crescente incertezza sul futuro.
Nonostante la crescente consapevolezza dei problemi di salute mentale, molti giovani percepiscono ancora un profondo senso di oppressione e isolamento, di cui, però, non parlano con nessuno. Allargando lo sguardo oltre lo specifico fatto di cronaca di Paderno Dugnano, secondo gli psicologi, questo senso di oppressione è spesso radicato in aspettative familiari irrealistiche, in una mancanza di comunicazione autentica all’interno della famiglia, e nella difficoltà di esprimere il proprio disagio in un contesto che può sembrare giudicante o poco accogliente. I dati di Telefono Azzurro dimostrano che sempre più giovani soffrono d’ansia, ma uno su tre si vergogna di parlarne, e, senza volerlo, alimenta il problema.
Disagio mentale crescente e soluzioni estreme
Negli ultimi anni si moltiplicano gli appelli degli psicologi sulla salute dei giovani italiani. Due anni fa, commentando l’indagine sociologica condotta su tutto il territorio nazionale intitolata “Adolescenza, tra speranze e timori” per iniziativa del Laboratorio Adolescenza in collaborazione con l’Istituto IARD e presentati insieme a Lundbeck Italia, Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria Infantile al Bambino Gesù di Roma, ha sottolineato come il crescente senso di vuoto e la perdita di punti di riferimento solidi stiano contribuendo a un aumento dei comportamenti impulsivi e violenti tra i giovani. “Ci troviamo di fronte a una generazione che fatica a trovare senso e direzione,” ha affermato in quella occasione Vicari spiegando che “questo li porta a cercare soluzioni drastiche e immediate al loro disagio, spesso senza considerare le conseguenze”, proprio come emerso dalle parole del giovane omicida.
La superficialità con cui alcuni giovani affrontano la vita e il senso di vuoto che ne deriva non sono solo una percezione, ma un fenomeno documentato. L’accelerazione della vita moderna, la pressione sociale per il successo e la mancanza di dialogo sincero in molte famiglie hanno creato un terreno fertile per l’emergere di questi comportamenti estremi.
Le stragi familiari in Italia dal 1950 al Duemila
Il fenomeno delle stragi familiari in Italia ha subito un’evoluzione significativa negli ultimi decenni. Negli anni ‘50 e ‘60, questi episodi erano rari e spesso legati a contesti rurali o a dinamiche di onore. Con il progressivo cambiamento sociale ed economico del Paese, a partire dagli anni ‘70 e ‘80, si è osservato un aumento dei casi. Negli anni ‘90 e 2000, la frequenza di questi eventi è cresciuta, complice la crescente instabilità economica e le difficoltà relazionali all’interno delle famiglie.
Secondo i dati del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT, tra il 2010 e il 2015 si è registrato un picco di stragi familiari, spesso riconducibili a motivazioni economiche, stress lavorativo, e patologie mentali non diagnosticate. Negli ultimi anni, grazie a una maggiore attenzione verso la salute mentale e la prevenzione della violenza domestica, il trend ha mostrato una lieve diminuzione, anche se la pandemia di COVID-19 ha riacceso tensioni e isolamenti che hanno riportato alla luce situazioni critiche.
I dati indicano che molte di queste stragi avvengono in contesti di apparente normalità, dove le problematiche restano sommerse fino a quando esplodono in maniera tragica. La percezione di una famiglia “tranquilla” può quindi nascondere dinamiche disfunzionali che, se non intercettate e gestite per tempo, possono sfociare in episodi di violenza estrema.
L’omicidio di Sharon Verzeni, vittima scelta a caso
Nelle ultime ore, un altro fatto di cronaca nera ha sconvolto l’Italia: l’omicidio di Sharon Verzeni, la giovane ragazza uccisa nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo. Il killer 31enne Moussa Sangare ha dichiarato di averla uccisa senza un movente: “Ho visto questa ragazza che camminava guardando le stelle e ascoltando la musica e dentro di me ho sentito un ‘feeling’”. Una semplice sensazione, tanto è bastato per togliere la vita ad una donna scelta a caso.
Con le dovute differenze tra i due fatti di cronaca, a partire dalla mancanza di alcun rapporto con la vittima, le parole di Sangare ricordano quelle del 17enne di Paderno Dugnano nella misura in cui denotano un profondo senso di distacco dalla realtà e dalla conseguenza delle proprie azioni.
Il nichilismo emotivo è sempre più diffuso, affrontarlo deve diventare una priorità.
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