Mobilità, italiani sempre più anziani e affezionati all’automobile
- 28/11/2023
- Popolazione
Era gennaio 1893 quando il signor Gaetano Rossi di Piovene Rocchette, a Vicenza, acquistò la prima automobile in Italia. Si trattava di una Peugeot, primogenita di tutte le vetture circolanti nel Belpaese e, a partire da quella data, sono cambiate moltissime cose (o quasi). In realtà, una cosa che proprio non è cambiata è il rapporto tra l’uomo e questo tipo di mobilità, un legame indissolubile che dati e report attuali dimostrano con preoccupazione.
Se in una famiglia italiana, oggi, possono esserci più vetture che figli, non è così scontato che ci siano altrettante consapevolezze sui danni che alcune auto possono apportare all’ambiente e alla salubrità dell’aria nella città in cui si vive. Ma scopriamo insieme cosa ci rivelano i dati.
Mobilità italiana in numeri
I dati del Rapporto sulla mobilità degli italiani, realizzato da Isfort (Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti), spiegano meglio come questo utilizzo dell’automobile riveli un invecchiamento sempre più evidente della popolazione nazionale. La mobilità elettrica fatica a decollare e di macchine ormai obsolete ce ne sono ancora troppe. Negli ultimi 20 anni si è registrato un aumento del 19% delle vetture che circolano su strada e per la prima volta nel 2022 hanno superato i 40 milioni. Due spostamenti su tre avvengono infatti sulle quattro ruote, meno di 2 su 10 a piedi ed appena il 4% in bici o altre forme di micromobilità. La stessa percentuale si registra per le moto e meno di un italiano su 10 (il 7,5%) sale su un bus.
“Tutti i dati – ha spiegato il Rapporto Isfort – suggeriscono che la mobilità è un fenomeno eminentemente locale, di corto raggio, dal momento che la maggior parte dei flussi di traffico attivati non si dispiega sulle reti lunghe, bensì su scale dimensionali circoscritte, per coprire distanze corte o addirittura, ridottissime, con impieghi di tempo relativamente contenuti. La prima conferma di questa affermazione – continua il Rapporto – deriva dall’analisi del raggio della mobilità, ovvero della distribuzione degli spostamenti in classi di ampiezza delle percorrenze: il 75-80% delle percorrenze si esaurisce nel bordo dei 10 chilometri”.
2020: l’anno della prossimità
L’eccezione, in qualche modo prevedibile, è stata quella del 2020. L’anno della prossimità, infatti, è il modo in cui si può definire il fenomeno che ha visto una mobilità pedonale fare da padrona: la quota di brevi tragitti, inferiore ai 2 chilometri, è schizzata al 40,3% per poi crollare nel biennio successivo con la ripresa della domanda trainata dal medio e lungo raggio. Al lato opposto i viaggi di media e lunga distanza (oltre 50 chilometri) hanno sempre avuto un peso residuo, attorno al 2,5-3% con una punta del 3,4% registrata nel 2013.
I dati per mezzo di trasporto
In rapida sintesi i dati salienti per mezzo di trasporto relativi alla prima metà del 2023:
- Mobilità pedonale. Si tratta di un tipo di mobilità che ha rapidamente perso peso dopo l’esplosione del 2020. Nel 2022 si è attestata al 18% di quota modale, sotto i dati prepandemici e il primo semestre 2023 si allinea a questa tendenza;
- Mobilità ciclistica. I primi dati del 2023 registrano una curva in discesa non marginale: 3,8% contro il 4,7% nello stesso periodo del 2022;
- Moto. L’andamento è simile a quello della bicicletta con un balzo in avanti nel 2021 e nel 2022 fino a raggiungere il 4,1% (contro il 2,6% del 2019) e poi un tendenziale ripiegamento nel primo semestre 2023 (3,9% contro il 4,7% dello stesso periodo 2022);
- Automobile. Con il mercato dominante la crescita era prevedibile e, questo mezzo di trasporto, arriva a soddisfare i due terzi di tutti gli spostamenti nel 2022, quasi 4 punti in punti in più rispetto al 2019; e anche nel primo semestre del 2023, periodo durante il quale si registra un incremento di share rispetto al primo semestre del 2022;
- Il trasporto collettivo infine continua il percorso di graduale recupero dopo il crollo subito nel 2020 (dimezzamento della quota modale), ma il 7,4% raggiunto nel 2022, o anche il 7,6% del primo semestre del 2023, sono ancora molto lontani dai livelli pre-Covid (10,8% nel 2019).
Le previsioni per il 2030: sostenibilità sconosciuta
Le previsioni per il 2030 non lasciano ben sperare. Una simulazione della domanda di mobilità fino a quell’anno è stata condotta a partire dalla proiezione demografica dello scenario mediano stimato dai dati dell’Istat. L’annunciato declino demografico passa attraverso l’invecchiamento della popolazione residente. Si tratta di indici particolarmente accentuati che si registrano tra regioni meridionali e isole. Ciò ricalca gli andamenti di crescita economica nazionale con i relativi gradienti regionali. I decrementi significativi saranno tra le regioni del Sud e delle Isole, con un -9% per il Molise e -8,6% per la Basilicata, Sardegna e Calabria entrambe a -7,8% della domanda di mobilità.
E la sostenibilità? Il “tasso di mobilità sostenibile”, misurato da “Audimob” come percentuale di spostamenti effettuati con mezzi a basso impatto (trasporto pubblico, bicicletta, pedonalità) sul totale, è sceso nel 2022 sotto il 30%, dopo la punta del 2020 (38,2%) per effetto dell’esplosione della mobilità pedonale, oltre 4 punti meno del valore registrato nel 2000.
“Se si pensa a quanta retorica sui temi della mobilità sostenibile ha invaso il discorso pubblico negli ultimi anni – commenta Isfort -, lo scarto tra narrazione e risultati non potrebbe essere più evidente. Se ne conclude che nel percorso accidentato del riequilibrio modale le politiche pubbliche centrali e locali hanno necessità di un radicale cambio di marcia, nelle aree urbane come nei territori diffusi del Paese”.
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