“Non avere figli è stato un grande dolore”, la parole di Lina Sastri e la denatalità in Italia
- 08/02/2024
- Popolazione
“Figli non ne ho avuti…È stato un grande dolore”, ha detto Lina Sastri, lanciata dal mitico Eduardo a cui resterà per sempre molto legata.
L’attrice, intervistata dal Corriere della Sera, ha parlato del suo breve matrimonio con Ruben Celiberti, ballerino e cantante argentino: “Non ricordo nemmeno quando ci sposammo. Litigavamo sempre. Una volta andai a Buenos Aires e tornai il giorno dopo”.
Ammette, però, che la mancata maternità sia stata per lei un grande dolore al quale si è ormai rassegnata: “Doveva andare così”, dice.
Il suo rammarico è anche quello di altre donne che, voltandosi indietro, avrebbero tanto desiderato dei figli, ma non li hanno avuti. A volte a causa di malattie, altre per scelta, altre ancora per la mancanza di un giusto partner. Spesso a causa dei ritmi sfrenati della società moderna e degli stipendi troppo bassi che spingono a rimandare la scelta di diventare mamma. Un rinvio che a volte diventa eterno.
Le donne costrette a scegliere tra carriera e lavoro
I dati dimostrano come le donne siano spesso costrette a scegliere tra la carriera e la famiglia, in un aut aut che diventa sempre più opprimente.
Che a licenziarsi siano soprattutto le donne neomamme lo confermano i dati sulle dimissioni nel corso del 2022: 44.669 dimissioni convalidate, ovvero il 72,8% del totale. Le donne hanno denunciato le difficoltà di conciliazione tra lavoro e vita privata. Una tematica demografica ma anche di equità sociale, visto che la cura della famiglia ricade (ancora) molto più sulle donne che sugli uomini.
Il 63% delle donne dimesse ha individuato nella difficile conciliazione la principale causa delle dimissioni, a differenza del 7,1% dei papà che hanno dato questa motivazione come causa.
A differenza delle donne, infatti, i neopapà hanno affermato che la motivazione principale riguarda il passaggio a un’altra azienda (78,9%), motivazione che viene indicata solo dal 24% delle lavoratrici donne. Un rapporto Istat sull’occupazione 2021/2022 sulle donne di 25-49 anni con figli piccoli (0-5 anni) e le donne della stessa fascia di età ma senza figli registra numeri inquietanti: le prime hanno registrato un’occupazione del 55,5% contro il 76,6% delle donne senza figli.
Gli uomini dalla parte delle donne
Qualcosa sta cambiando, visto che anche gli uomini sono sempre più convinti che questa disparità non faccia bene alle donne, in primis, ma anche a loro stessi. Un’indagine condotta da Manageritalia in collaborazione con Ipsos ha rivelato che l’85% dei manager under 45 in Italia vorrebbe avere la possibilità di trascorrere più tempo con i propri bambini, dicendosi d’accordo sul rendere obbligatorio anche il congedo parentale.
A differenza dei congedi di maternità e paternità, infatti, il congedo parentale resta una misura facoltativa, mentre il congedo di paternità consiste in appena 10 giorni di astensione obbligatoria dal lavoro. Una situazione che mette in difficoltà i papà-lavoratori, in particolare quelli che ricoprono ruoli manageriali, per i quali il concetto di “orario di lavoro” è spesso aleatorio.
Restano gli altri tipi di congedo, ma si tratta pur sempre di uno strumento cronologicamente limitato, per natura.
Con la crisi demografica che incalza e minaccia il futuro del Paese, invece, l’Italia ha bisogno di eliminare strutturalmente gli ostacoli alla maternità. Anche la ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella ha detto che: “Bisogna far crescere diritti e sviluppo. Quando si accusa chi si preoccupa della natalità di voler riportare indietro le donne, rispondo che noi alle donne vogliamo invece offrire più libertà: vogliamo che siano libere di realizzarsi, di fare carriera, di vivere la propria socialità, e allo stesso tempo di fare i figli che desiderano, senza che questo significhi rinunciare a tutto il resto”. Parole che occorre trasformare in realtà. Le direzioni su cui intervenire vengono consigliate dai dati statistici.
Se si indagano le cause più profonde, infatti, emerge che il 32,2% delle motivazioni relative alle difficoltà di conciliazione vita-lavoro riguarda aspetti come:
- l’assenza di parenti di supporto;
- il mancato accoglimento al nido;
- l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato come asilo nido o baby-sitter.
Su quest’ultimo punto il governo italiano è intervenuto con il bonus asilo nido 2024 che prevede un aumento del beneficio fino a €3.600 all’anno, ma solo per le famiglie con almeno due figli sotto i dieci anni.
Gli effetti della migrazione interna sulla denatalità
Restano le difficoltà economiche, soprattutto per chi non rientra nei requisiti del beneficio, e ha i parenti lontani. Occorre soffermarsi su questo punto, spesso ignorato nel dibattito sulla crisi demografica. Negli ultimi anni la migrazione interna sta raggiungendo cifre mai viste prima: il Sud si svuota, il Nord si ripopola tanto che, in alcuni casi, riesce anche a bilanciare il calo della fertilità.
Molti giovani italiani si allontanano, quindi, dai propri genitori anche per molti chilometri, appena finiti gli studi o con l’intenzione di completarli al Nord dove l’offerta (studentesca e lavorativa) è molto più ampia rispetto al Mezzogiorno.
Poi arriva il momento dell’assunzione, della carriera, della progettazione. E poi la tragica “scoperta”: “Chi terrà i nostri figli se siamo fuori tutto il giorno?”. E la risposta, spesso, è che i nonni sarebbero lontani centinaia di chilometri, a volte anche mille.
Il discorso diventa più chiaro dando uno sguardo ai numeri: in Italia i nonni in Italia contribuiscono con oltre 38,2 miliardi di euro ai bilanci delle famiglie. Sono, infatti, oltre 12 milioni i nonni italiani (dati Istat) e, oltre a fare da baby-sitter ai loro nipoti, sostengono economicamente le famiglie dei propri figli, soprattutto per comprare vestiti, giochi, libri, per pagare la scuola o le varie attività dei nipoti, ma anche per pagare il mutuo o l’affitto di casa o semplicemente per fare la spesa. Senza calcolare il valore economico dell’attività di accudimento dei nipoti.
Il social freezing
Non sempre, quindi, la mancanza di figli dipende da come sia andata la propria storia personale, come raccontato da Lina Sastri. A volte le donne non possono mettere la propria vita “in pausa”, anche se non mancano i casi di aziende che hanno fatto enormi passi avanti rispetto alla normativa, favorendo la maternità. D’altra parte, il problema della denatalità non può e non deve essere risolto dalle imprese, sulle quali la crisi demografica riversa già il problema della mancanza di competenze.
Ancora una volta, i numeri mettono nero su bianco i concetti.
Le donne italiane ricorrono sempre più spesso al social egg freezing (o social freezing), una tecnica di preservazione della fertilità che consiste nel congelare gli ovociti in età fertile per posticipare la gravidanza. Le cause del social freezing sono essenzialmente due: le risorse economiche della coppia sono troppo scarse per crescere un figlio; la donna, o la coppia, non si sente ancora pronta a metter su famiglia/non ha abbastanza autonomia lavorativa per farlo.
Quando la gestazione viene posticipata non per scelta ma in presenza di malattie che potrebbero compromettere lo sviluppo del feto e la gravidanza stessa, si parla di medical freezing o semplicemente crioconservazione degli ovuli.
“Nei primi tre mesi del 2023 abbiamo raggiunto un numero di congelamenti pari a quelli svolti durante tutto il 2022”, ha rivelato a Linkiesta la dottoressa Francesca Bongioianni, ginecologa e direttrice del centro GeneraLife Livet di Torino.
Un altro dato interessante sullo sviluppo del social freezing in Italia deriva dal gruppo Genera, il più grande in Italia specializzato in medicina della riproduzione che testimonia un aumento di circa il 20% annuo delle donne che adottano questa pratica. Dati che vanno inseriti nel più ampio contesto della fecondazione assistita che in 10 anni ha registrato un’impennata del 73%.
Di recente, la content creator Laura Comolli, 36 anni, ha voluto condividere con i suoi follower la scelta di ricorrere al social freezing: “Non so quando arriverà il mio momento e se avrò problemi. Per questo ho deciso di congelare i miei ovuli e di condividere il viaggio per aiutare altre donne a sentirsi meno sole o sbagliate, per rendere più normale parlare di fertilità. Non sarà facile, ma lo consiglio a chiunque. Auguratemi buona fortuna”.
Oltre che quello rivolto a Laura Comolli, l’augurio è che le donne non siano più costrette rimandare la scelta di avere figli per ragioni economiche, di cura o di prospettive sul futuro. Anche la demografia italiana ne gioverebbe.
- Europa Giovane6
- Famiglia225
- Fertilità155
- Giovani249
- Mondo203
- Podcast5
- Popolazione489
- Talk | 13 dicembre 20239
- Talk | La 'cura' delle persone5
- Trend97
- Video28
- Welfare237