“Non ci sono abbastanza bambini”, l’allarme degli esperti sul calo demografico
- 20/05/2024
- Mondo
L’inverno demografico sta arrivando. Lo ha annunciato Jesus Fernadez-Villaverde, economista specializzato in demografia presso l’Università della Pennsylvania. Il mondo sta vivendo una crisi demografica e il tasso di fertilità globale scenderà sotto il livello di sostituzione generazionale nei prossimi decenni. I livelli di reddito, istruzione e partecipazione femminile non sembrano essere le uniche discriminanti con le quali misurare i tassi di successo delle politiche familiari nazionali. E mentre lo scorso anno, la popolazione dell’India ha superato quella della Cina, le superpotenze temono le conseguenze demografiche sull’economia.
Il calo demografico
Il calo demografico è diventato una questione di urgenza nazionale in molti Paesi a medio e alto reddito. A preoccupare i governi sono il rallentamento della crescita economica, la riduzione dei finanziamenti diretti alle pensioni e il ricambio generazionale. Il Wall Street Journal ha acceso i riflettori sulla questione che ha sollevato gli interrogativi dagli Stati Uniti alla Russia.
Alcuni demografi e economisti come Jesus Fernadez-Villaverde ritengono che la popolazione mondiale potrebbe iniziare a diminuire entro quattro decenni: una delle poche volte in cui ciò è accaduto nella storia.
“Donald Trump, il candidato repubblicano alle presidenziali di quest’anno, ha definito il collasso della fertilità una minaccia più grave per la civiltà occidentale rispetto alla Russia. Un anno fa, il primo ministro giapponese Fumio Kishida dichiarò che il crollo del tasso di natalità del paese gli faceva dubitare “se possiamo continuare a funzionare come società”. Il primo ministro italiano Giorgia Meloni dà priorità all’aumento del “Pil demografico” del Paese – scrive il quotidiano americano -. I governi hanno lanciato programmi per arrestare il declino, ma finora non hanno ottenuto alcun risultato efficace”.
Il tasso di sostituzione
Nel 2021, secondo le conclusioni delle Nazioni Unite, il tasso di sostituzione era pari a 2,3, vicino a quello che i demografi considerano il tasso di sostituzione globale di circa 2,2. Con questo termine si intende il tasso che mantiene stabile la popolazione, e che è pari a 2,1 nei paesi ricchi e leggermente più alto nei paesi in via di sviluppo, dove nascono meno bambine che bambini e più donne muoiono in età fertile.
Sebbene l’ONU non abbia ancora pubblicato le stime dei tassi di fertilità per il 2022 e il 2023, Fernández-Villaverde ha prodotto la sua stima integrando le proiezioni delle Nazioni Unite con dati reali per questi anni che coprono circa la metà della popolazione mondiale. È emerso che i registri nazionali delle nascite riportano le nascite tra il 10% e il 20% al di sotto di quanto previsto dalle Nazioni Unite.
La Cina, ad esempio, nel 2023 ha registrato nove milioni di nascite, il 16% in meno di quanto previsto. Così come, negli Usa lo scorso anno sono nati 3,59 milioni di bambini, il 4% in meno di quanto previsto dalle Nazioni Unite. In altri paesi, i numeri sono ancora più alti: l’Egitto ha registrato lo scorso anno il 17% di nascite in meno. Nel 2022 il Kenya ha registrato il 18% in meno.
Fernández-Villaverde stima che l’anno scorso la fertilità globale sia scesa tra 2,1 e 2,2, cifra che, secondo lui, sarebbe inferiore alla sostituzione globale per la prima volta nella storia umana. Dean Spears, economista della popolazione presso l’Università del Texas ad Austin, sempre secondo quanto riporta il Wsj, ha affermato che, sebbene i dati non siano abbastanza buoni per sapere esattamente quando o se la fertilità sia scesa al di sotto del tasso di sostituzione, “abbiamo prove sufficienti per garantire quasi che il punto di svolta non sia ancora stato raggiunto”.
Secondo l’Onu, la popolazione mondiale dovrebbe arrivare a 11,2 miliardi nel 2100. L’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington ha rilevato che l’unico picco realmente pensabile è di 9,5 miliardi nel 2061, poi un calo irrefrenabile. Così come il tasso di fertilità, sceso a 1.5 nelle previsioni sul futuro, “ha sorpreso gli studiosi”, ha commentato Melissa Kearney, economista dell’Università del Maryland, specializzata in demografia.
La transizione demografica
Quello che sta accadendo in buona parte del mondo è considerato dagli storici come una “seconda transizione demografica, con il declino della fertilità, iniziato nei paesi industrializzati e che corrisponderà ad un aumento dell’aspettativa di vita.
In una ricerca pubblicata nel 2021, la studiosa Melissa Kearney, dell’Università del Maryland e due coautori hanno cercato possibili spiegazioni per il continuo calo. Dalla ricerca è emerso che le differenze statali sulle leggi legate alla libertà di abortire, così come relative alla disoccupazione, ai costi delle abitazioni, all’uso di contraccettivi, e agli orientamenti religiosi e politici, potrebbero solo in minima parte spiegare le cause del calo demografico, ma “Sospettiamo che questo cambiamento rifletta questioni sociali generali che sono difficili da misurare o quantificare”, concludono i ricercatori.
“L’intensità della genitorialità è un vincolo”, ha detto la ricercatrice Kearney.
Nuove politiche
Quello che sta accadendo ha richiesto attenzione e maggiori politiche dedicate da parte dei governi che stanno cercando di invertire il calo dei tassi di natalità con incentivi. Il Giappone è tra quelli che ha aumentato per primo il congedo parentale e l’assistenza all’infanzia sovvenzionata. Il tasso di natalità è sceso di nuovo nel 2022, tornando a 1,26. Quest’anno, il primo ministro Fumio Kishida ha lanciato un altro programma per incoraggiare le nascite, estendendo i sussidi mensili a tutti i minori di 18 anni indipendentemente dal reddito, l’università gratuita per le famiglie con tre figli e il congedo parentale retribuito al 100%.
In Ungheria, invece, Viktor Orban ha promosso il programma di nascite tra i più ambiziosi in Europa. Con benefici fiscali alle donne, sussidi per gli alloggi, assistenza all’infanzia e congedi di maternità molto generosi, il tasso di fertilità ha visto una lieve crescita dopo la crisi del debito del 2010.
Il problema è che l’Institute for Health Metrics and Evaluation ha trovato poche prove che le politiche pro-natalità portino a una ripresa sostenuta della fertilità. Una donna potrebbe rimanere incinta prima per ottenere i benefici garantiti dal bambino, dicono i ricercatori, ma probabilmente non avrà altri figli più avanti.
Quello che la Banca Mondiale ha preannunciato come un possibile “decennio mancato per l’economia” di tutti i Paesi, ha lasciato intendere che l’unico rimedio valido potesse essere una maggiore immigrazione. Fenomeno, però, che richiede canali formali, legali e da formare professionalmente.
Gli alti livelli di immigrazione hanno anche storicamente suscitato resistenza politica, spesso a causa delle preoccupazioni sui cambiamenti culturali e demografici. È probabile che la diminuzione della popolazione nativa intensifichi queste preoccupazioni. Molti dei leader più interessati ad aumentare i tassi di natalità sono i più resistenti all’immigrazione.
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