La rivincita della Gen Z: “La generazione più ricca di sempre”
Nel mondo ci sono 250 milioni di persone nate tra il 1997 e il 2021. Metà di loro oggi ha un lavoro. In alcuni Stati occupano posti come amministratori delegati o rappresentanza politica. Sono chiamati anche “Zoomers” e secondo il The Economist rappresentano la generazione che sta prendendo il sopravvento sulle altre. In un articolo dal titolo ‘Generation Z is unprecedentedly rich’, cioè “La Generazione Z è la più ricca senza precedenti”, si parla dei giovani più criticati della storia, che prenderanno il posto dei baby boomer (nati dal 1945 al 1964) nella maggior parte dei campi.
Gen Z e ansia
Nell’articolo si sottolinea quanto questa generazione sia per lo più caratterizzata dall’ansia. Lo psicologo Jonathan Haidt, della New York University, gli ha intitolato un libro “The Anxius Generation”. Secondo lo studioso – e parere condiviso da molti – i giovani di oggi hanno meno probabilità di formare relazioni rispetto al passato. Hanno maggiori probabilità di essere depressi. E secondo le stime, sono la generazione che beve meno, che ha meno rapporti sessuali e che vive più stati d’ansia. Haidt attribuisce la colpa agli smartphone e ai social media. Non è un caso, infatti, che in America si sta regolamentando l’uso dei cellulari. Sarah Huckabee Sanders, governatrice dell’Arkansas, ha messo in luce la necessità di regolamentare l’uso degli smartphone e dei social media. Anche in Inghilterra si valutano misure in merito, così come in Italia ci si preoccupa delle conseguenze che avranno gli smartphone sui giovanissimi. Nonostante ciò, per diverse cause, sembrano essere i giovani più fortunati di sempre. Vediamo perché.
La generazione più ricca
Rispetto ai millenial, nati cioè tra il 1981 e il 1996, la Gen Z non ha vissuto attivamente la crisi finanziaria globale del 2007-2009. La disoccupazione giovanile nei Paesi ad alto e medio reddito è pari a circa il 13% e non era così bassa dal 1991.
Molti, inoltre, hanno scelto di studiare materie che li aiutino a trovare lavoro. L’essere nati con lo smartphone tra le mani gli ha consentito un tasso di informazione, anche passiva, comunque superiore rispetto al passato. In Gran Bretagna e in America, ad esempio, i membri della Generazione Z stanno evitando le discipline umanistiche e si stanno invece concentrando su materie come l’economia e l’ingegneria. In questi Paesi, la retribuzione oraria media sembra essere aumentata rispettivamente del 15% e 13%, superando gli aumenti salariali tra gli altri gruppi di età con un margine insolitamente ampio. In Nuova Zelanda la retribuzione oraria media delle persone di età compresa tra 20 e 24 anni è aumentata del 10%, rispetto a una media del 6%.
La forte crescita salariale aumenta i redditi familiari. Un nuovo articolo di Kevin Corinth dell’American Enterprise Institute, un think-tank, e Jeff Larrimore della Federal Reserve valuta il reddito familiare americano per generazione, dopo aver tenuto conto di tasse, trasferimenti pubblici e inflazione. Ed è emerso che gli zoomer hanno un reddito familiare annuo di oltre 40.000 dollari, oltre il 50% in più rispetto ai baby boomer della stessa età.
Il potere economico
Il The Economist sostiene che il vero potere economico di questa generazione è stato quello di credere che il lavoro fosse un diritto a differenza del passato, quando era un privilegio per pochi. Il fenomeno anglosassone delle dimissioni silenziose e cioè di lavorare il minimo indispensabile ne è l’esempio, così come una nuova visione del tempo libero e della cura del sé ha ricostituito i tempi e gli spazi del lavoro.
E in Italia?
Il rischio di questa ricchezza è che non comporti una crescita professionale. “Solo l’1,1% dei ventenni nell’Ue gestisce un’impresa o impiega qualcun altro”. Alla fine degli anni 2000, più dell’1% dei miliardari mondiali, secondo le misurazioni della rivista Forbes, erano millennial. E rimanendo in Ue, il caso italiano, come spesso accade, però, non è del tutto dentro questa logica. Seppur l’analisi del The Economist tenga conto di stime internazionali (e quindi validi anche per l’Italia), i dati si configurano per lo più in uno scenario angloamericano. Nelle classifiche dell’Unione europea, invece, l’Italia è il Paese con il più alto tasso di Neet, cioè di giovani che non lavorano e non si formano. Così come, il calo delle nascite ha messo in crisi il ricambio generazionale, anche aziendale, per il quale si stima che non ci sarà uno zoomer per ogni baby boomer che lascerà il lavoro nei prossimi quattro anni. E, ancora, l’occupazione giovanile, in crescita negli ultimi due anni, non colmerà questo gap. A peggiorare le cose, la mancanza di un’occupazione femminile al pari di altri Paesi. Nel contesto europeo il tasso di occupazione femminile medio è del 69,3%, mentre in Italia il 55% delle donne tra i 20 e i 64 anni ha un impiego, con un rischio di denatalità in aumento. E anche fosse la Generazione più ricca rispetto al passato, si configura essere quella che possiede la percezione di un futuro più incerto.
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