Sessualità e social, la dottoressa: “Utile ai giovani per non subire con incoscienza”
- 19/11/2024
- Fertilità
Una donna su tre fa sesso nonostante il dolore e non sempre si rivolge ad un esperto. È per questo motivo che la comunicazione e l’informazione sessuale assumono rilevanza strutturale nel panorama social (e real) della nostra società.
Sessualità, disturbi e soluzioni. Tutto questo a portata di un click è possibile? Secondo la dottoressa Fanni Guidolin sì. Esperta in attività di riabilitazione del pavimento pelvico e consulenza sessuale, ha insegnato all’Università di Padova e Ferrara ed è specializzata proprio nella riabilitazione del pavimento pelvico. Ha fondato La clinica del perineo e ad oggi, sulla propria pagina social conta olre 110mila follower su Instagram.
Con un linguaggio semplice e diretto che spazia dalla sessualità fisica agli aspetti più introspettivi ed emotivi dei rapporti sessuali, il suo lavoro social ha catturato l’attenzione. Ma Dottoressa, parlare di sesso è ancora un tabù?
“Sì. Nonostante i progressi, il sesso rimane un argomento delicato in molte comunità. Retaggi culturali, influenze religiose, abitudini familiari e educative possono ancora ostacolare conversazioni aperte. Abbiamo ancora molti coperchi da scoperchiare nella disabilità e in molti aspetti del piacere femminile”.
Si possono sfatare miti e tabù attraverso i social?
“L’accesso all’informazione sui social educa molto facilmente, a patto che i contenuti siano creati da professionisti (educatori sessuali, consulenti sessuali, sessuologi, medici o personale sanitario formato). I social offrono spazi di discussione e scherma il pudore e la vergogna consentendo commenti più liberi e confessioni aperte. Le testimonianze personali sono argomento di dibattito e divulgazione. Ben vengano i social per questo. Ci sono Leader di pensiero (io mi sento un’infermiera influencer in questo campo). Smaschero miti e dico quello che le donne o gli uomini non dicono oltre che parlare di pavimento pelvico a 360°”.
Utenti diversificati, donne e uomini, follower di ogni età: sente la responsabilità di dover informare? Come si concilia informazione e intrattenimento?
“La comunicazione e i contenuti sono studiati anche nella punteggiatura. Nonostante questo, mi scontro con leoni da tastiera e mancanza di cultura, bontemponi che non aspettano altro che poter criticare e offendere soprattutto su Facebook. Io però sento di rispondere a pregiudizi, diffondo materiale educativo, tengo corsi di formazione sulla sessualità anche per giovanissimi, perciò, vado avanti come un treno. I followers crescono maggiormente quando intrattengo con ironia ma le persone prendono in mano il telefono o scrivono via mail per prenotare un appuntamento quando abbasso i toni e parlo di argomenti più tecnici pur intimi. Ci vuole questo e quello. La gente non guarda più la tv, perciò dobbiamo diversificare i contenuti come si fa con i programmi”.
Il 18 novembre ha tenuto un corso di educazione sessuale in presenza a Treviso (e online): un corso attivo per adolescenti tra i 12 e i 18 anni. A che età si può parlare di sesso?
“Si è tenuto ieri nella sede del mio studio La Clinica Del Perineo a Castelfranco Veneto in provincia di Treviso: un corso innovativo, diretto, unico nel genere e approvato all’unanimità da 35 genitori presenti alla prima edizione. Dobbiamo iniziare a parlare di sesso sia ai maschi che alle femmine poco prima dell’arrivo delle mestruazioni dagli 11-12 anni (anche a 9 anni se il menarca avviene così presto) e comunque saper dare risposte appropriate per età a chi chiede “come si fanno i bambini”. Anche se hanno 4 o 5 anni”.
Quanto pensa sia importante che corsi di questo tipo passino attraverso il pubblico e non solo attraverso il privato?
“L’educazione sessuale dovrebbe essere garantita dal sistema pubblico per consentire a tutti in ugual modo di apprendere. Nel pubblico è più facile collegarla alle materie come scienze, educazione alla salute o educazione civica. Il sistema pubblico potrebbe investire nei già educatori per ulteriore formazione. Essi hanno le competenze di linguaggio per una educazione chiara e schematica nonché efficace. Mancando tutto questo, cerco di colmare il gap assistenziale nel mio piccolo, in forma privata con un servizio e contenuti di qualità”.
Educazione sessuale, ma anche affettiva. Alla luce dei recenti dati della Fondazione Libellula sulla violenza di genere tra i giovani, cosa consiglierebbe ai genitori che hanno paura di parlare di sessualità ai figli adolescenti?
“Ecco hai detto bene, “Paura” da sconfiggere aggiungo. La paura frena il mondo e arresta il cambiamento culturale. I genitori per primi dovrebbero formarsi ed informarsi. È urgente il bisogno dei figli di ricevere comunicazione corretta. Eppure, i genitori preferiscono portarmi i figli piuttosto che chiedermi come spiegare certe cose. Oppure lamentano mancanze scolastiche senza essere i primi a studiare. Ci sono libri facili, libri illustrati, c’è il mio libro. Ma la carta stampata sta passando di moda. Soluzioni smart sembrano più efficaci. Una fuga dalle responsabilità che non consentirà ai ragazzi di comprendere cosa significa essere appunto responsabili, nelle malattie, nel consenso, nel rispetto di genere ecc.”
Quali sono i rischi della mancanza di comunicazione/informazione?
“In primis quello di SUBIRE con incoscienza. Contrarre malattie sessualmente trasmissibili, manifestare disfunzioni del pavimento pelvico già in giovane età, difficoltà ad avere una sessualità libera dal dolore, rimanere con il/la partner sbagliato, perdere la dignità. Morire. E non aggiungo altro”.
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