Matrimoni, convivenze e unioni civili: come cambiano le scelte
- 18/12/2023
- Famiglia
Il 2022 ha visto un aumento lieve ma significativo nei matrimoni in Italia, con 189.140 unioni celebrate, registrando un aumento del 4,8% rispetto al 2021 e del 2,7% rispetto al 2019, anno precedente la crisi pandemica. Tuttavia, i dati provvisori dei primi otto mesi del 2023 indicano una nuova diminuzione del 6,7% rispetto allo stesso periodo del 2022, confermando un trend altalenante influenzato da vari fattori congiunturali. È quanto rivela l’Istat nel report sui dati matrimoniali attuali.
La stabilità dei matrimoni religiosi rispetto al 2021, ma con una significativa diminuzione del 5,6% rispetto al periodo pre-pandemico, riflette i cambiamenti nelle scelte matrimoniali della popolazione. Nel corso degli anni, l’Italia ha sperimentato fluttuazioni nei tassi di matrimonio, influenzati da eventi come la crisi economica del 2008 e la pandemia da Covid-19 nel 2020.
A livello tendenziale, l’analisi mostra un ridimensionamento della nuzialità in Italia negli ultimi quarant’anni. Le nuove generazioni stanno seguendo percorsi diversi rispetto al passato, con una transizione alla vita adulta che si allontana dalla tradizionale formazione di una nuova famiglia attraverso il matrimonio. Le convivenze more uxorio stanno diventando sempre più popolari, superando in alcuni casi la scelta del matrimonio, specialmente tra le giovani generazioni.
L’analisi territoriale evidenzia differenze significative nel numero di matrimoni. Nel Centro e nel Nord, si registra una variazione positiva più consistente rispetto al Mezzogiorno, dove la variazione è negativa sia rispetto al 2021 che al 2019.
Seconde nozze e unioni civili in aumento
Le seconde nozze sono in aumento, raggiungendo il valore più alto mai registrato nel 2022 (42.918, il 22,7% del totale). Questo fenomeno è attribuito all’instabilità coniugale e all’introduzione del “divorzio breve” nel 2015.
Nel 2022, sono aumentati anche i matrimoni con almeno uno degli sposi straniero, totalizzando 29.574 unioni (15,6% del totale), con un aumento del 21,3% rispetto all’anno precedente. Questo fenomeno è più evidente nelle regioni del Centro e del Nord, dove un matrimonio su cinque coinvolge almeno uno sposo straniero. La provincia autonoma di Bolzano/Bozen e la Toscana sono le regioni con la quota più alta di matrimoni misti.
Le unioni civili tra persone dello stesso sesso, introdotte in Italia nel 2016, sono in netto aumento nel 2022, con 2.813 unioni celebrate, registrando un aumento del 31,0% rispetto all’anno precedente e del 22,5% rispetto al 2019. Le unioni civili tra uomini sono più numerose rispetto a quelle tra donne.
Ci si sposa più tardi
Negli ultimi anni, si è assistito a un significativo ritardo nel momento delle nozze, attribuibile a mutamenti nei modelli culturali e a molteplici fattori socioeconomici. L’aumento diffuso della scolarizzazione, l’allungamento dei tempi formativi, le sfide nell’ingresso nel mondo del lavoro e la precarietà occupazionale hanno determinato una graduale posticipazione dell’uscita dalla famiglia di origine. Attualmente, il 61,2% dei giovani rimane nella famiglia d’origine fino ai 35 anni, rappresentando un incremento di quasi tre punti percentuali in meno di 20 anni.
Questo prolungato periodo di permanenza influenza direttamente il rinvio delle prime nozze, con un effetto accentuato durante le fasi economiche sfavorevoli che spinge i giovani a ritardare ulteriormente le tappe verso la vita adulta, inclusa la formazione di una famiglia. La diffusione delle convivenze prematrimoniali è un ulteriore fattore che incide sul posticipo del primo matrimonio, anche se la Corte di Cassazione ha stabilito proprio ieri in una sentenza che a determinate condizioni le convivenze rientrano nel calcolo dell’assegno di mantenimento.
L’analisi del tasso di primo-nuzialità totale nel 2022 rivela un aumento, con 421 primi matrimoni per 1.000 uomini e 471 per 1.000 donne. Nonostante gli incrementi, la propensione a sposarsi tra i più giovani diminuisce rispetto al 2021, registrando un calo dello 0,3 e dello 0,6 punti percentuali per uomini e donne sotto i 30 anni. Tuttavia, si osserva un recupero dopo i 30 anni, con un aumento dell’1,2% e del 2,0%.
A livello aggregato, la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,6 anni per gli uomini e 32,5 anni per le donne, con incrementi rispettivamente di 0,3 e 0,4 punti rispetto all’anno precedente.
Fino al 2019, le unioni civili hanno mostrato una struttura per età in progressivo ringiovanimento rispetto al biennio 2016-2017. Tuttavia, l’anno della pandemia ha visto un’eccezionale crescita dell’età media all’unione civile. Nel 2022, inizia un nuovo trend di ringiovanimento, con un’età media di 45,9 anni per gli uomini e 38,6 anni per le donne.
La quota degli uomini con meno di 40 anni che si unisce civilmente nel 2022 è del 37,4%, superando notevolmente il 21,6% del 2020 ma rimanendo inferiore ai livelli pre-pandemici del 2019 (40,3%). Per le donne, si osserva un consolidamento del processo di ringiovanimento, con il 58,3% che ha meno di 40 anni nel 2022 rispetto al 51,8% nel 2019.
La struttura per età di chi entra in unione civile è notevolmente diversa rispetto a chi si sposa, specialmente tra gli uomini. La quota di uomini che costituisce un’unione civile sotto i 40 anni è significativamente più bassa rispetto a quella degli sposi (rispettivamente 37,4% e 61,2%). Questo suggerisce che le unioni civili si concentrano in classi di età in cui i matrimoni tradizionali sono meno frequenti.
Per le donne nel 2022, si osservano differenze evidenti prima dei 30 anni, con il 16,1% delle unite civilmente rispetto al 26,4% delle spose. Tuttavia, nella fascia di età 30-39 anni, le percentuali sono simili (rispettivamente 42,3% e 43,9%). Questi dati evidenziano la complessità delle dinamiche matrimoniali e delle unioni civili in un contesto socioeconomico in evoluzione.
Separazioni e divorzi
Il 2022 ha visto complessivamente 89.907 separazioni, con una diminuzione dell’8,2% rispetto all’anno precedente. I divorzi sono stati 82.596, rimanendo stabili rispetto al 2021 (-0,7%) e registrando una diminuzione del 16,6% rispetto al 2016, anno in cui hanno raggiunto il picco di 99.071. Un trend in crescita dei divorzi è stato evidente dal 1970 fino al 2015, quando si è verificato un notevole aumento del 57,5% a seguito dell’entrata in vigore di importanti leggi che hanno modificato la disciplina del divorzio in Italia.
L’impatto delle leggi del 2014 e 2015, che hanno introdotto procedure consensuali extragiudiziali e il cosiddetto “Divorzio breve”, ha determinato un boom nei divorzi. Dopo l’aumento tra il 2015 e il 2016, l’andamento fino al 2019 è stato stabile, con piccole oscillazioni. Nel 2020, a causa della pandemia, si è registrato un calo, ma nel 2021 i livelli sono tornati sostanzialmente a quelli pre-pandemici.
Nel 2022 si osserva un ridimensionamento del 10,5% delle separazioni consensuali, che rappresentano l’83,3% di tutte le separazioni. Le separazioni giudiziali mostrano un aumento più diluito nel tempo (+27,8%). Per i divorzi, la componente consensuale è del 71,5%, in linea con l’anno precedente. Dopo il picco del 2016, la proporzione di divorzi consensuali è tornata vicina ai valori del 2010.
Il 2022 ha visto un aumento del 2,8% della componente consensuale nei divorzi presso i Tribunali e un calo speculare dei divorzi con rito giudiziale (-2,8%). Una separazione su quattro e il 28,9% dei divorzi si sono conclusi con procedure extragiudiziali, introdotte dal Decreto legge 132/2014. Nel 2022, le negoziazioni assistite da avvocati rappresentano il 9,5% delle separazioni e l’8,1% dei divorzi, mostrando una diminuzione rispetto all’anno precedente.
Le regioni del Centro-nord mostrano una maggiore propensione a utilizzare procedure extragiudiziali, con differenze tra il Nord-est e il Nord-ovest. Le regioni in cui tali procedure sono più diffuse sono la provincia autonoma di Bolzano/Bozen, Trento e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
Le separazioni dirette presso gli Uffici di Stato Civile (art. 12) rappresentano il 15,2% di tutte le separazioni, mentre le negoziazioni assistite da avvocati (art. 6) costituiscono il 9,5%. A livello regionale, Liguria e Sicilia sono in cima alla graduatoria degli indici di divorzio per 1.000 abitanti, entrambe con un valore dell’1,6 per mille, mentre la Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen presenta il valore più basso (1,0 per mille), evidenziando una progressiva convergenza tra i livelli registrati nel Nord e nel Mezzogiorno.
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