Famiglie, divorzi tornati ai livelli pre-pandemia, i matrimoni no
- 23/10/2023
- Famiglia
La separazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni da Andrea Giambruno ha monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica negli ultimi giorni.
Aldilà della questione privata della coppia, di cui tanto (troppo?) si è parlato, è indubbio che il numero di separazioni e divorzi influisca sui trend demografici di un Paese, specialmente in un periodo di inverno demografico come quello che sta vivendo l’Italia da circa un decennio.
Ma quanti sono matrimoni, divorzi e separazioni in Italia?
Secondo il rapporto Istat più aggiornato, datato marzo 2023, nel 2021 sono stati celebrati in Italia 180.416 matrimoni, mentre i dati provvisori riferiti ai primi nove mesi del 2022 hanno indicato un lieve aumento (+4,8% rispetto allo stesso periodo del 2021) dovuto alla crescita dei matrimoni civili (+10,8%). Nell’ultimo periodo sono cresciute in maniera notevole le unioni civili che hanno registrato un +32%. In particolare, le unioni tra partner dello stesso sesso sono aumentate del 39,6%.
Dati alla mano, nel 2021 i matrimoni sono aumentati dell’86,3% rispetto al 2020, ma questa statistica non deve trarre in inganno. L’exploit rispetto all’anno precedente, infatti, è dovuto all’allentamento del lockdown che nel 2020 aveva costretto molte coppie a rimandare le nozze.
Se si tralascia quel periodo molto particolare per la vita degli individui e lo sviluppo della società, i 180.416 matrimoni del 2021 non sono stati sufficienti a recuperare il calo delle nozze: rispetto al 2019 i matrimoni sono diminuiti del 2%. Il calo è ancora più netto per i matrimoni religiosi, quasi triplicati nel 2021 rispetto al 2020, ma con un -5,1% rispetto al periodo pre-pandemia.
Continua quindi la tendenza della diminuzione della nuzialità che, spiega il rapporto Istat, in Italia si verifica da oltre quarant’anni.
Diminuiscono i matrimoni tra i giovani
I primi matrimoni (142.394 nel 2021, 78,9% dei matrimoni totali) sono ripresi a salire fino a sfiorare i livelli pre-pandemia (-2,6% rispetto al 2019). Sono cresciute soprattutto le prime nozze con sposo e sposa in età tra 30 e 34 anni (rispettivamente +140,9% e +148,5%), le fasce di età più penalizzate nell’anno della pandemia.
Ma il rapporto dell’Istat riflette anche un nuovo modo di concepire i rapporti, chiave di lettura interessante per valutare la situazione demografica del Paese. Ci sono, infatti, sempre meno matrimoni e più unioni: dal biennio 2000-2001 al biennio 2020-2021 le convivenze more uxorio sono più che triplicate passando da 440mila a 1 milione e 450mila.
I risultati negativi di matrimoni e nascite registrato negli ultimi due decenni affondano le radici nella seconda metà degli anni ’70, quando le coppie italiane hanno registrato una fecondità bassa e tardiva. La conseguenza è stata una restrizione delle nuove generazioni che ha prodotto un effetto strutturale negativo sui matrimoni così come sulle nascite negli anni Duemila. “Man mano che queste generazioni, molto meno numerose di quelle dei loro genitori, entrano nella fase della vita adulta – spiega l’Istat – si riduce la numerosità della popolazione in età da matrimonio e, di conseguenza, a parità di propensione a sposarsi, cala il numero assoluto di nozze”. Un effetto domino che sta mettendo in ginocchio la demografia del Paese.
Negli ultimi decenni, i cambiamenti culturali insieme all’allungamento della fase di formazione, l’instabilità del mercato del lavoro e la precarietà occupazionale, hanno provocato un ritardo crescente nell’indipendenza economica dei giovani. In meno di vent’anni, la percentuale di giovani che rimane a vivere con la propria famiglia fino all’età di 35 anni è aumentata di quasi tre punti percentuali. Non è un caso se in media gli italiani lasciano casa dei genitori a 30 anni, ben oltre i 26,4 della media europea.
Questa tendenza alla permanenza prolungata influisce direttamente sul ritardo dei matrimoni e, chiaramente, si accentua nei periodi di difficoltà economica.
Dai dati relativi al tasso di prime nozze, emerge che la propensione a sposarsi è in diminuzione tra i più giovani (con un calo del 16% e del 9,7% rispettivamente per uomini e donne fino ai 30 anni) e presenta invece un aumento a partire dai 30 anni in su (con un aumento del 6,3% e dell’8,4% rispettivamente per uomini e donne). A livello generale, il trend verso il ritardo dei matrimoni porta l’età media delle nozze a 34,3 anni per gli uomini e 32,1 anni per le donne.
Il fatto che, l’età in cui aumenta la voglia di metter su famiglia segua quella in cui, in media, gli italiani lasciano casa dà un responso molto chiaro: per invertire il preoccupante trend demografico che sta travolgendo l’Italia bisogna dare più stabilità occupazionale ai giovani. Questo pare l’asset su cui costruire ogni ragionamento demografico che voglia dirsi, quantomeno, credibile.
Panoramica su matrimoni con coniugi stranieri
Un’altra chiave per contrastare il calo delle nascite è senza dubbio l’immigrazione: il rapporto evidenzia che nel 2021, il 7,4% dei matrimoni celebrati presentava almeno un coniuge straniero, con un aumento del 29,5% rispetto al 2020.
I matrimoni tra un coniuge italiano e uno straniero ammontano a oltre 18mila e continuano a rappresentare la parte più consistente dei matrimoni con almeno uno sposo straniero (75,1%). Quasi i tre quarti dei matrimoni misti riguardano coppie con sposo italiano e sposa straniera (13.703, pari al 7,6% delle celebrazioni a livello nazionale nel 2021). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono 4.595, il 2,5% del totale delle spose.
Considerando il calo dei matrimoni tra gli italiani, le nozze dei cittadini stranieri hanno un peso specifico maggiore nel quadro italiano. La politica gioca un ruolo determinante su questo aspetto, come sottolinea lo stesso istituto nazionale di statistica.
Nel rapporto, infatti, si evidenzia come nel triennio 2009-2011, il calo dei matrimoni registrato in Italia sia stato particolarmente accentuato e dovuto al crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati sia dalle modifiche legislative volte a limitare i matrimoni di comodo, sia dalla crisi del 2008.
Matrimoni e divorzi ai livelli pre-Covid
Se i matrimoni non sono tornati ai numeri pre-Covid, lo stesso non si può dire per separazioni e divorzi.
Nel 2021, le separazioni (97.913) sono tornate ai livelli del 2019, con un aumento del 22,5% rispetto all’anno precedente e anche i divorzi (83.192) hanno recuperato il gap, segnando un +24,8% rispetto al 2020, ma un -16% rispetto al 2016, anno record dei divorzi.
Nel 2021, l’85,5% delle separazioni si è conclusa consensualmente, mentre la quota di divorzi consensuali si è attestata al 70,9%, in linea con l’anno precedente.
Dall’introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano (1970) fino al 2015, il numero di separazioni e divorzi è cresciuto costantemente, con un picco significativo nel 2015 (+57,5% in un solo anno).
Questo aumento è stato ‘favorito’ anche da due importanti leggi che hanno snellito l’iter di scioglimento del matrimonio. Nel 2014 sono state introdotte procedure consensuali extragiudiziali presso gli Uffici di Stato Civile o tramite negoziazioni assistite da avvocati, mentre nel 2015 il cosiddetto istituto del “Divorzio breve” ha notevolmente ridotto i tempi di attesa per ottenere il divorzio.
Si noti che le separazioni direttamente presso gli Uffici di Stato Civile sono precluse in presenza di figli minori o figli maggiorenni non autosufficienti. I figli minori sono particolarmente coinvolti in questi casi, influenzando la scelta delle procedure di divorzio.
Chiaramente, queste leggi hanno generato indirettamente anche un aumento dei secondi matrimoni, soprattutto nel biennio 2015-2016.
Allargando l’orizzonte, in Italia si divorzia meno che nel resto d’Europa, come testimoniano gli ultimi dati Eurostat disponibili sul tema. Nell’ultimo anno prima della pandemia, in Italia ci sono stati 1,4 divorzi ogni 1000 abitanti, contro l’1,8 della media europea. I tassi maggiori si sono registrati soprattutto nei Paesi nordici.
In sostanza, al netto della parentesi Covid, nel Belpaese separazioni e divorzi sono rimasti costanti negli ultimi anni, ma, continuando a diminuire i matrimoni, sono diminuite le famiglie.
Conclusioni
Piuttosto che sulla separazione tra Giorgia Meloni e Andrea Giambruno, dovremmo rivolgere la nostra attenzione ai giovani. Investire sulla loro stabilità e redditività occupazionale è l’unica soluzione seria per rendere le nuove generazioni autonome e pronte a realizzare un progetto di famiglia. Il problema della denatalità risiede soprattutto qui.
Non a caso, secondo una ricerca, il 76% dei giovani italiani sta pensando alla possibilità di diventare genitore, sia tra la Generazione Zeta che tra i Millenials, ma in una società profondamente diversa. La percentuale rilevata in Italia sulla possibilità di diventare genitore è di 5 punti superiore rispetto alla media del campione, pari al 71%.
Bisogna intervenire con decisione per non ricorrere alla scusa per cui “più che la volontà, potè il portafogli”.
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