‘Famiglia queer’ neologismo dell’anno
- 16/01/2024
- Famiglia
Il termine “famiglia queer” è stato insignito del titolo di neologismo dell’anno, un riconoscimento assegnato dall’Osservatorio della Lingua Italiana Treccani nel “Libro dell’Anno 2023”: un riflesso della dinamicità del linguaggio, ma anche una testimonianza dell’evoluzione delle concezioni sociali e culturali nei confronti delle relazioni familiari.
Nel contesto sociale in continua evoluzione, la concezione tradizionale di famiglia si sta ampliando per abbracciare la diversità in tutte le sue forme. Tra le molte espressioni di questa evoluzione, emergono le famiglie queer, che sfidano i parametri predefiniti e celebrano la ricchezza delle relazioni umane al di là delle tradizioni.
La locuzione “famiglia queer” ha guadagnato una rilevanza socioculturale nel corso del 2023, riflettendo la volontà di catturare le dinamiche in evoluzione della lingua italiana e della società che essa riflette -come sottolineano i linguisti dell’Osservatorio della Lingua Italiana- ed evidenziando un cambiamento di prospettiva nell’approccio alla definizione tradizionale di famiglia. Questa espressione, ora parte integrante del nostro vocabolario descrive, come spiegato dalla Treccani, “la comunità di persone che, indipendentemente dal genere d’appartenenza o dall’orientamento sessuale, vivono insieme per scelta e sono legate da affinità affettive, sentimentali e dalla condivisione delle attività”.
Cosa sono le famiglie queer
Nell’era contemporanea, il concetto di famiglia si sta evolvendo, abbracciando una gamma sempre più ampia di configurazioni che riflettono la diversità umana. Tra le molte espressioni di questa evoluzione, emergono le “famiglie queer”, una realtà che sfida le definizioni tradizionali e celebra la varietà di esperienze legate alla diversità di genere e orientamento sessuale.
Il termine “famiglia queer” è un’ampia espressione che comprende una vasta gamma di dinamiche familiari. Queste possono includere coppie dello stesso sesso con o senza figli biologici o adottivi, genitori single LGBTQ+, famiglie allargate che coinvolgono una rete di amici e parenti, o qualsiasi altra configurazione che rifletta l’identità e le relazioni di individui che non si conformano agli standard tradizionali.
Il termine “queer” ha origini nel movimento LGBTQ+ ed è stato inizialmente utilizzato in modo negativo per descrivere l’omosessualità. Nel corso degli anni, la comunità LGBTQ+ si è riappropriata del termine, trasformandolo in un’identità positiva e inclusiva che abbraccia la diversità di orientamenti sessuali e identità di genere.
Una delle sfide affrontate dalle famiglie queer riguarda la percezione della genitorialità. Molte di queste famiglie affrontano stereotipi e pregiudizi, dimostrando che la capacità di fornire amore, sostegno ed educazione non è determinata dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. L’adozione, la fecondazione assistita e la genitorialità biologica sono tutte opzioni aperte a chiunque desideri formare una famiglia, indipendentemente dall’orientamento sessuale.
Le famiglie queer sfidano gli stereotipi tradizionali legati alla famiglia, spingendo oltre le limitazioni imposte da modelli sociali predefiniti. La caratteristica fondamentale di queste famiglie è la libertà di costruire relazioni basate sull’amore, l’accettazione reciproca e la scelta individuale, piuttosto che aderire a norme sociali precostituite.
La popolarità della locuzione è stata amplificata dalla prematura scomparsa della celebre scrittrice ed intellettuale Michela Murgia che ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama letterario italiano, ma il suo contributo va ben oltre le pagine dei suoi libri. Murgia, nel corso della sua carriera, ha abbracciato e promosso concetti innovativi, tra cui l’affermazione della “famiglia queer”, un termine che è emerso con forza nel dibattito culturale.
Michela Murgia e la sua famiglia queer
Michela Murgia ha reso pubblica la sua battaglia contro un tumore al quarto stadio, aprendo una finestra sulla sua intimità e sulla sua resilienza di fronte a una malattia che le ha prospettato una breve prospettiva di vita. Tuttavia, il suo coraggio e la sua determinazione hanno brillato ancor di più quando ha preso una decisione significativa riguardante la sua vita sentimentale.
Dopo un suo primo matrimonio dal 2010 al 2014, Michela Murgia ha scelto di sposarsi nuovamente ‘in articulo mortis’ con il regista Lorenzo Terenzi. Questa mossa, apparentemente paradossale per chi, come lei, non credeva nel valore tradizionale del matrimonio, è stata descritta come “un atto politico” dalla stessa Murgia.
La scelta di contrarre matrimonio in punto di morte è stata motivata dalla volontà di garantire alla sua famiglia queer ‘allargata’ quei diritti ancora non pienamente garantiti dalla legge. Michela Murgia ha espresso il desiderio di proteggere il suo nucleo familiare in modo completo e ha visto nel matrimonio un mezzo per farlo, nonostante le sue riserve personali sulla istituzione matrimoniale.
‘Madre d’anima’ e ‘figli d’anima’
Michela Murgia ha contribuito notevolmente alla diffusione di questo termine e di altri concetti correlati, come “madre d’anima” e “figli d’anima“. Questi ultimi, radicati nel contesto sardo, evocano una pratica storica in cui i figli venivano accolti da famiglie diverse, al di là dei vincoli giuridici, creando così una rete di supporto e affetto che va oltre i legami biologici, e mostrano come il linguaggio possa essere un riflesso delle dinamiche sociali e culturali, dando voce a modelli di relazioni affettive non tradizionali.
La sua attività letteraria e il suo impegno sociale hanno contribuito a sensibilizzare il pubblico sulla diversità delle relazioni familiari e sulla necessità di abbracciare la varietà di esperienze umane. Murgia ha dimostrato che la letteratura può essere uno strumento potente per esplorare e trasmettere la complessità delle dinamiche familiari contemporanee.
La famiglia queer, nel contesto introdotto da Michela Murgia, diventa un simbolo di inclusività e libertà, un invito a esplorare nuovi modi di concepire l’amore e la connessione umana. Il suo legato continua a ispirare una riflessione profonda sulla necessità di abbracciare la diversità e di costruire comunità fondate sull’accettazione e sulla comprensione reciproca.
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