Famiglia-lavoro, gli ingredienti segreti? Conciliazione e tempo
- 25/01/2024
- Welfare
Quante volte vi sarà capitato di non riuscire a conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro? Il tema, infatti, è al centro di un dibattito che spesso coinvolge, in particolar modo, le donne neomamme.
Una riflessione sul concetto di conciliazione e sulla sua importanza, inteso come “bene comune” è l’oggetto dell’ultimo ‘Quaderno’, il 12esimo, realizzato dalla Fondazione Marco Vigorelli a cura di Laura Tucci, da decenni sui temi della Corporate Social Responsability.
“Cultura vuol dire orientamento, sempre teso ad un ideale, il quale è più che l’ideale di un individuo: è l’ideale di una comunità”. Il messaggio della Fondazione con il Quaderno XII intende focalizzarsi su quanto nella cultura societaria il tema della conciliazione non sia ancora integrato a delle politiche che mettano sullo stesso piano i temi della famiglia con i temi del lavoro negli spazi preposti.
A dimostrare che ciò sia un fattore in crescita e preoccupante, ci sono gli ultimi dati relativi alla Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni delle lavoratrici e dei lavoratori neogenitori. Secondo la relazione. Pare che le dimissioni femminili, pari a 44.669 nel 2022, siano dovute per il 63% all’impossibilità di conciliare lavoro e famiglia. Ma capiamo insieme cosa si intende quando si parla di conciliazione.
Una riflessione sulla conciliazione
A venirci in aiuto è proprio la Fondazione Vigorelli che sul tema della conciliazione ha realizzato un’opera corale nella quale sono intervenuti diversi professionisti che – sulla base delle proprie competenze – hanno aperto il tema ad una riflessione su più livelli.
Un bene comune
Il primo livello analizzato è quello della conciliazione famiglia-lavoro come bene comune. Con questo si intende valorizzare la possibilità di poter vivere gli ambienti professionali tenendo conto di essere anche mamme o papà e in linea di massima non solo dipendenti e professionisti.
Obiettivi economici e obiettivi umanistici si fondono in un sistema che dovrebbe vedere nel benessere dei lavoratori il giusto equilibrio con i propri interessi di profitto realizzabili, a lungo termine.
La coppia
A seguire, una riflessione sulla conciliazione e la generatività di coppia a cura di Anna Maria Ferraresi, Human Resources Business Partner, e Nicolò Terminio, psicologo e psicoterapeuta, ha focalizzato la propria attenzione proprio sui ruoli familiari e professionali: “Se una donna, o un uomo, fa fatica a conciliare le esigenze della vita familiare con le sue aspirazioni professionali, non ha un problema individuale, il suo è un problema di coppia”.
Nella ricostruzione di una generatività di coppia, famiglia e lavoro assumono le dimensioni dello stesso slancio che dovrebbe portare la coppia a realizzarsi senza che uno debba rinunciare a qualcosa per l’altro, a discapito della propria felicità. Ciò che la coppia genera, secondo Ferraresi e Terminio, è un’eccedenza per la quale 1+1 non fa sempre 2, ma 3. La coppia, quindi, diventa la matrice relazionale dei singoli sforzi individuali.
Inevitabile a questo punto una riflessione sul quando e sul come si inizi a conciliare la propria sfera intima e privata in una dimensione relazionale. Si tratta di un tema che nei Quaderni della Fondazione viene affrontato dalla docente Valentina Piazza e che si riassume nel tempo e nello spazio dell’età infantile scolastica.
Scuola e lavoro
Quelli delle relazioni con gli altri coetanei e con degli adulti, in degli spazi di formazione, sono i primi momenti nei quali si affrontano le primissime complessità e durante i quali si è costretti ad accoglierle e renderle vitali.
Crescendo è con il lavoro che ci si confronta e in questo caso il tema della conciliazione assume i risvolti critici manifestati in precedenza in tema di dimissioni. Credere che la donna o l’uomo abbiamo dei ruoli prestabiliti da un sistema sociale esterno alla coppia significa viziare la conciliazione solo su un versante: quello della rinuncia.
Tempo è denaro?
I giovani e le donne, in tale ottica, diventano i principali rinunciatari della propria vita personale e privata a discapito di quella professionale. L’ultimo report di Fragitalia ha registrato un dato essenziale: i giovani della Generazione Z di età compresa tra i 18 e i 24 anni posizionerebbero il lavoro al sesto posto. Un articolo di Bloomberg, inoltre, ha sottolineato che i giovani sarebbero disposti a guadagnare di meno pur di non rinunciare al proprio tempo libero.
Cosa vuol dire? Che negli ultimi anni, complice probabilmente il lockdown dovuto alla pandemia, si sono riscoperte le dimensioni intima e privata: il valore del tempo, non solo come spazio di produzione, ma come realizzazione personale totale. A supporto della conciliazione, quindi, si aggiunge il tema della retribuzione. Nella maggior parte dei casi, la paga si basa su un ammontare di ore: il tempo è denaro, si dice. Ma è sempre così?
Ripensare i tempi di lavoro in termini di obiettivi è quanto molte realtà, principalmente private, hanno iniziato a fare. Settimane “corte” a favore di più giorni a casa, smart working garantito per due giorni su cinque, sono solo alcuni esempi. Ma per il momento è ancora lungo il percorso da compiere affinché si dia spazio al tema della conciliazione nella più corretta accezione possibile.
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