Congedo paternità, perché non è solo una questione di parità
- 05/01/2024
- Welfare
Si apre il dibattito in Parlamento per un congedo paritario tra mamme e papà. La sfida interna dell’opposizione, anche in vista delle Europee, non ostacola il fronte comune su tematiche di carattere sociale da portare in Aula.
La richiesta è che tra il papà e la mamma non ci siano differenze per il congedo parentale obbligatorio, sul quale, concettualmente, si gioca la sfida dell’occupazione femminile nei primi tre anni di nascita del figlio. Sono state oltre 40 mila le donne che nell’ultimo anno hanno lasciato il lavoro per l’impossibilità di conciliare lavoro e casa, dimostrando che, quando nasce un figlio, a “vincere” sono tutti, ma a perdere qualcosa sono solo loro.
La destra non fa scudo a questo dialogo e accetta «di potenziare il congedo di paternità fino ad una completa equiparazione tra i genitori», tra gli ordini del giorno in tema di discussione della manovra. Anche la Cgil si è espressa in merito, contestando i dieci giorni dedicati ai papà contro le sedici settimane previste in Spagna, ad esempio. E con la Legge di Bilancio 2024 è aumentato il tempo di durata del congedo parentale facoltativo: un ulteriore mese retribuito all’80% fino alla fine dell’anno è la novità pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Ma la strada è ancora lunga: scopriamo insieme perché.
Congedo parentale, di paternità e di maternità: le differenze
Con il termine congedo parentale si intende il periodo di astensione dal lavoro per i genitori, durante il quale ci si può dedicare ai neonati. Lo scopo è permettere ai lavoratori dipendenti di conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari e tutelare il fattore economico.
Va notato che il congedo parentale è diverso dal congedo di maternità e dal congedo parentale per il padre. A differenza del primo, questi ultimi due sono periodi obbligatori, mentre il primo è facoltativo e può essere utilizzato in modo flessibile in base alle esigenze, anche in modo non continuativo e in giorni differenti. A questi permessi, si aggiungono i congedi per allattamento, i permessi per esigenze personali e familiari, e lo smart working.
Congedo parentale
Il congedo parentale varia in base alle differenti casistiche. Per entrambi i genitori dipendenti ha durata di 10 mesi da dividere tra le due parti. Questo periodo può aumentare fino a 11 mesi, solo se il padre lavoratore decide di astenersi dal lavoro per almeno tre mesi (non per forza continuativi).
La donna, di questi 10 mesi, ha diritto fino a sei di congedo, che fanno parte dei mesi complessivi a disposizione della coppia, da cui vanno scalati. Questo periodo ha inizio dalla fine del periodo di astensione obbligatoria, cioè il congedo di maternità. Per i genitori dipendenti soli, il congedo parentale dura fino a 11 mesi. Per il genitore lavoratore autonomo, il congedo parentale dura 3 mesi.
Il congedo di maternità
Il congedo di maternità, obbligatorio e non facoltativo, è pari a cinque mesi. Può essere usufruibile secondo diverse modalità: due mesi prima e tre dopo il parto; un mese prima e quattro dopo o anche cinque mesi dopo il parto se non vi sono controindicazioni mediche.
Il congedo di paternità
Il congedo parentale per il padre, invece, ha una durata di 10 giorni non obbligatoriamente continuativi che diventano 20 in caso di parto gemellare. Il genitore può e deve accedere al periodo di congedo parentale a partire dai due mesi che precedono la data prevista del parto e non oltre cinque mesi dopo la nascita del bambino. Il congedo parentale per il padre non è frazionabile ad ore. Unico requisito: che sia dipendente con contratto subordinato. Esclusi quindi lavoratori autonomi o iscritti alla gestione separata dell’Inps.
Non solo una questione di parità
Come più volte ripetuto dal Governo e dai ministri che ne fanno parte, la denatalità non è una questione solo economica, ma anche culturale. Ecco per cui, anche il congedo di paternità non è solo una questione di parità – che per una volta andrebbe rivendicata dagli uomini – ma una questione di civiltà.
Se i dati relativi alla disparità di genere lavorativa, al gender pay gap e alle dimissioni femminili, continuano a peggiorare, la parità che passa anche nel congedo parentale obbligatorio non può rimandare.
Perché a parità di tempo da dedicare al figlio, si sancisce la parità di accesso al lavoro di entrambi i genitori e non solo di uno dei due. I figli – tendenzialmente e al di fuori delle eccezioni, alcune delle quali non previste neanche dal nostro ordinamento – si fanno in due, ed è giusto che entrambi se ne prendano cura in modo parallelo ed egualitario.
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