Parigi 2024, cambiano le regole del gioco. Chi sono le atlete trans che rompono gli schemi?
- 31/07/2024
- Welfare
Le Olimpiadi di Parigi 2024 segnano un capitolo rivoluzionario nella storia dei Giochi, essendo la prima edizione con una perfetta parità di genere, con il 50% delle medaglie assegnate alle donne. Tuttavia, questo storico passo in avanti è accompagnato da un acceso dibattito riguardante le atlete transgender e delle atlete con differenze di sviluppo sessuale (DSD) e i criteri di ammissibilità per la competizione femminile, in particolare alla luce delle recenti esclusioni e delle divergenze tra regolamenti internazionali e specifici sportivi.
È il caso delle atlete Lin Yu-ting di Taiwan e Imane Khelif dell’Algeria, che hanno ottenuto il via libera per partecipare al torneo di pugilato femminile, nonostante le difficoltà incontrate nei Mondiali di boxe a causa di questioni legate al ‘gender test’. Lin, che aveva vinto il bronzo ai Mondiali del 2023, e Khelif, squalificata per alti livelli di testosterone, hanno già gareggiato alle Olimpiadi di Tokyo nel 2021.
Mark Adams, portavoce dell’International Olympic Committee (CIO), ha dichiarato che non commenterà casi individuali, limitandosi ad affermare che tutte le atlete iscritte rispettano i requisiti richiesti. Questo caso ha sollevato interrogativi sulle politiche vigenti e sui criteri di inclusione adottati dal Comitato Olimpico Internazionale.
Le linee guida del CIO
Il CIO ha introdotto nel novembre 2021 un nuovo quadro normativo “di equità, inclusione e non discriminazione basato sull’identità di genere e le variazioni del sesso”, per affrontare le sfide legate all’inclusione di atleti transgender, dopo una consultazione di due anni con atleti e parti interessate. Questo quadro guida i comitati olimpici e le federazioni sportive internazionali nella definizione delle loro regole relative ad atleti transgender e alle variazioni del sesso.
Il Comitato Olimpico Internazionale non ha regole specifiche per gli atleti e le atlete transgender, ma raccomanda dieci principi di inclusione e non discriminazione, sottolineando l’importanza della giustizia e dell’equità nella competizione. Questi principi includono:
- Inclusione
- Prevenzione del danno
- Non discriminazione
- Equità
- Nessuna presunzione di vantaggio
- Approccio basato su evidenze
- Primato della salute e autonomia corporea
- Approccio incentrato sugli stakeholder
- Diritto alla privacy
- Revisioni periodiche
Il quadro consiglia un approccio multifattoriale ai criteri di ammissibilità, riconoscendo che le prestazioni sportive dipendono da molti fattori unici a ciascun sport. Il CIO non impone limiti rigidi sui livelli di testosterone, lasciando questa decisione alle singole federazioni sportive.
La questione del testosterone e il gender test
Il testosterone è al centro del dibattito sull’inclusione di atleti transgender nelle competizioni femminili, rappresentando una variabile cruciale per le valutazioni di equità. Questo ormone, prodotto principalmente nei testicoli negli individui di sesso maschile e in misura minore nelle ovaie e nelle ghiandole surrenali delle femmine, ha un impatto significativo sulle capacità fisiche, influenzando la massa muscolare, la forza e la resistenza. La questione si complica ulteriormente quando si considera che gli atleti transgender che hanno completato una transizione di genere possono ancora avere livelli di testosterone biologico superiori rispetto a quelli delle donne cisgender, suscitando preoccupazioni su un potenziale vantaggio competitivo.
Il “gender test“, una serie di valutazioni biologiche e ormonali, è stato concepito per determinare l’idoneità di una/un atleta a competere in una categoria specifica. Tuttavia, questo approccio è stato spesso criticato per la sua semplicità e per il rischio di stigmatizzare gli atleti, poiché non considera le complessità delle esperienze transgender e delle variazioni intersessuali.
In particolare, il CIO ha scelto di non stabilire regole rigide sui livelli di testosterone, lasciando alle federazioni sportive la responsabilità di definire i propri criteri di ammissibilità. Le regole per le atlete transgender variano notevolmente tra le diverse federazioni sportive. Alcune federazioni, come World Athletics e FINA, che governa il nuoto, hanno implementato limiti specifici sul testosterone per garantire che gli atleti non godano di un vantaggio, sproporzionato adottando linee guida che richiedono che le atlete transgender abbiano completato la transizione prima dei 12 anni per competere nelle categorie femminili.
Altre federazioni, come il ciclismo, hanno creato una categoria “aperta” per consentire agli atleti transgender di competere senza impatti sulle categorie femminili tradizionali. Alcuni sport, come il canottaggio e il rugby, richiedono che gli atleti abbiano livelli di testosterone inferiori a una certa soglia per un periodo prolungato prima di poter competere.
La World Athletics ha abbassato il limite di testosterone consentito per le atlete con differenze di sviluppo sessuale (DSD) a 2.5 nanomoli per litro, rispetto al precedente limite di 5 nmol/L ;questo cambiamento richiede che le atlete con DSD mantengano il loro livello di testosterone sotto il nuovo limite per due anni prima di poter competere nella categoria femminile di qualsiasi evento di pista e campo. Le atlete con differenze di sviluppo sessuale affrontano sfide uniche rispetto alle atlete transgender. Il termine DSD si riferisce a una serie di condizioni rare che coinvolgono geni, organi riproduttivi e ormoni, compresi i genitali, e che fanno sì che lo sviluppo sessuale di una persona sia diverso dalla maggior parte delle altre persone.
Il dibattito sull’equità
La questione del testosterone e del gender test è intrinsecamente complessa, richiedendo una considerazione approfondita di vari fattori biologici, sociali e culturali. L’equilibrio tra inclusione e giustizia competitiva continua a essere una sfida, mentre le organizzazioni sportive cercano di sviluppare linee guida che possano rispettare i diritti degli atleti senza compromettere l’integrità delle competizioni. Gli oppositori sostengono che le atlete transgender possano avere un vantaggio biologico a causa della pubertà maschile, nonostante i trattamenti ormonali. Tuttavia, studi scientifici non hanno raggiunto un consenso su come i livelli di testosterone influenzino le prestazioni atletiche in modo uniforme in tutti gli sport.
La situazione delle atlete transgender a Parigi 2024 è rappresentativa di un momento di transizione e riflessione per il mondo dello sport. Sebbene siano stati fatti progressi significativi verso una maggiore inclusione, la questione dell’equità competitiva rimane complessa e in evoluzione. Le scelte normative adottate ora e le loro conseguenze definiranno non solo l’attuale edizione dei Giochi Olimpici, ma anche il futuro delle politiche di inclusione nello sport globale. La discussione è destinata a evolversi ulteriormente, man mano che nuove evidenze scientifiche emergeranno e che la società continuerà a riflettere sulle questioni di identità di genere e inclusione nello sport.
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