Sei stata ghostata? Sei stata contagiata da eteropessimismo? Di cosa stiamo parlando
- 12/12/2023
- Trend
Se non ti ha scritto più, ti ha ghostata. E se mette un ‘Mi piace’ ad un’altra, ti sta tradendo col pensiero. Come fai a stare tranquilla quando esce la sera in discoteca con gli amici? E ti è mai capitato che alzasse i toni della voce perché il tuo parere lo infastidiva? Ma soprattutto, state insieme o no? È davvero il tuo fidanzato e cosa vuol dire esserlo?
Se almeno una volta ti sei sentita dire una di queste frasi è perché l’eterosessualità è in crisi e anche a te qualche dubbio ti sarà senz’altro venuto: “Con una donna tutti questi problemi non li avrei”. Ma è davvero così o sei solo un’eteropessimista? Scopriamolo insieme.
È dicembre 2023. E il telegiornale apre ancora una volta con l’ennesimo caso di femminicidio. Esci in strada e hai paura di camminare da sola. Non credi ai tuoi occhi quando qualcuno sostiene che vestita in un determinato modo, un “po’ te la sei cercata”. Ma quando ti chiede di dividere il conto della cena ti assale un sentimento di dissidio: sai che è giusto così, ma qualcosa ti dice che la galanteria potrebbe essere ancora preservata. E allora non sai più quale sia il limite nel quale ti riconosci o meno. E ancora una volta ti sorge un dubbio: scendo in piazza e manifesto per i miei diritti, e se ‘sì’, quali sono? O resterò a casa ancora una volta a commuovermi vedendo Il diario di Bridget Jones?
È stato Asa Seresin ad aver coniato il termine “eteropessimismo” sulla base di un dialogo con Maggie Nelson sul testo The Argonauts, per indicare un atteggiamento di distanziamento dalla propria eterosessualità di alcune persone eterosessuali, espresso con un rammarico o ironia, ma che non comporta solitamente l’abbandono effettivo dell’eterosessualità. Traducendo in termini più concreti questo concetto, abbiamo a che fare con quel pensiero che ogni tanto ti viene in mente quando dopo un appuntamento ti dici: “Ma chi me l’ha fatto fare!”. Che in termini semplicistici ti porta poi a non avere neanche più la voglia di una relazione, di un rapporto sessuale, di un appuntamento al bar. Perché in fin dei conti, degli uomini, ne abbiamo bisogno tanto quanto ne possiamo fare a meno. E pure, arrivare alla soglia dei trent’anni e sentirsi dire da quella parente antipatica e bigotta che sei l’ultima in famiglia a non aver trovato un bravo ragazzo, magari “Bello, ricco e signore”, ti stampa quel ‘Zitella’ addosso, come una spilla sulla spalla ed è subito: “Marito, cercasi!”.
Ma per gli uomini e la stessa cosa? Sempre più preoccupati da un dilagante femminismo che non comprendono e al quale – assurdo ma vero – non sono abituati, nonostante figli di una generazione che quel femminismo l’ha creato, l’ha vissuto o lo sta portando orgogliosamente avanti, gli uomini si sono persi. Li vedi smarriti in cerca di attenzioni, aspettano da te quel gesto di galanteria, non capiscono quando e come sbagliano, gli sembra normale regalarti un mazzo di rose e darti uno schiaffo, come fossero la stessa cosa. “Non sono tutti così” starai pensando e, in qualche modo, hai anche ragione perché, quando non sono incerti, dubbiosi, pensierosi e smarriti, sono anche peggio.
La verità è che abbiamo abituato la nostra mente e, in parte, anche il nostro corpo, a servirsi di schemi mentali. Categorie nelle quali ci incanaliamo senza pensarci più di tanto, finendo per diventare uno stereotipo di noi stessi. Ai più audaci che senza problema sostengono il proprio orientamento sessuale, manifestando anche affinché questo venga riconosciuto legalmente, gli “eteropessimisti” sembreranno folli, perché un po’ di imbarazzo lo vivono anche loro. La legge li riconosce nel primo gradino della scala sociale a cui spettano delle libertà e degli obblighi. Li incentiva a stare insieme e a procreare. Eppure, questo senso di dovere sembra aver quasi stancato la maggior parte degli eterosessuali.
Travolti da un carico emotivo dovuto ad un generale senso di inadeguatezza, l’eterosessuale sa che dovrà combattere per le proprie idee, ma non nelle piazze, ma tra le chiacchiere di un bar, alla fermata di una metro o di un bus o a cena con gli amici. Perché in fine dei conti, è anche una questione di linguaggio.
Frammenti di un discorso (non più) amoroso
Un celebre saggio del sociologo Roland Barthes ha rappresentato un manuale di sopravvivenza per gli innamorati di diverse generazioni che hanno avuto la fortuna di leggero. Si tratta di una raccolta di termini che di amoroso hanno solo il sapore della delusione, ma che ti consentono di rassicurarti, di sentirsi meno soli.
Oggi, un manuale del genere, avrebbe una serie di termini “non più” amorosi, per lo meno non linguisticamente romantici, ma fatti di inglesismi o slang da generazione Z che corrispondono ad un modo veloce e globalizzato, lo stesso tramite il quale viviamo oggi le relazioni.
Chiariamo immediatamente che chi crede nella sua eterosessualità senza aver mai tradito, pensato di farlo, immaginato che la strada per sopportarsi a vicenda fosse il poliamore o che un messaggio su un social ad una persona che non corrispondesse al proprio partner fosse cosa innocente, forse non si è reso conto di ciò che oggi siamo costretti a subire.
Crisi economica, climatica, disaffezione alla politica, mancanza di entusiasmo per la vita, eco-ansia, aggressività immotivata e rabbia generalizzata, guerre alle porte dei propri Paesi, stragi, infanticidi.
“Eteropessimista”, a confronto, può sembrare una sciocchezza e, pure, pare stia mettendo in risalto una crisi ancora più profonda della quale non tutti sono a conoscenza. Si tratta di una crisi di identità e di valori che, si spera, possa rivoluzionare le future relazioni umane. C’è via di scampo? Non sta a noi trovare la strada più adatta per ciascuno, ma una cosa è certa, se sei arrivato fino alla fine di questo testo è perché in qualche modo sei stato “ghostato” almeno una volta e un po’ eteropessimista lo sei anche tu.
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