Il Papa e i medici ‘sicari’ che fanno aborti, quanti sono gli obiettori in Italia?
- 30/09/2024
- Popolazione
Nel corso di un volo di ritorno da Bruxelles a Roma, Papa Francesco ha definito “sicari” i medici che praticano l’interruzione di gravidanza. Parlando con i giornalisti presenti sull’aereo, (ormai un must dei viaggi internazionali di Bergoglio) il Pontefice ha ribadito la sua posizione, già nota, contro l’aborto.
Questa volta, però, le parole scelte da Papa Francesco sono state particolarmente forti nei confronti dei medici che praticano l’aborto.
Poche ore prima, in Belgio, Bergoglio aveva visitato la tomba del Re Baldovino, sovrano cattolico che nel 1992 abdicò per 36 ore per non firmare la legge sulla legalizzazione dell’aborto.
Il Pontefice ha chiesto di guardare al suo esempio in un momento in cui si fanno strada “leggi criminali”. Parole che ricordano quelle pronunciate a inizio mese in Indonesia, dove aveva definito “una legge di morte”, quella volta a limitare la nascita di nuove persone.
Se in queste ore l’elogio è stato rivolto al Re Baldovino per la sua posizione anti aborto, in quella occasione Bergoglio ha elogiato l’Indonesia perché fa famiglie di tre, quattro, cinque figli a differenza di Paesi come l’Italia dove “le famiglie preferiscono avere cagnolini e gattini al posto dei figli”
Parlando del sovrano belga, Papa Francesco ha elogiato il coraggio di Baldovino, definendolo un “politico con i pantaloni”. Nonostante il Re non sia ancora ufficialmente santo, il processo di beatificazione è in corso, e Bergoglio si auspica che proceda velocemente. Per lui, la figura di Baldovino è diventata l’esempio di come un leader politico possa opporsi a leggi che considerano l’aborto come un diritto, considerandolo invece come un omicidio.
Papa Francesco contro i medici che praticano l’aborto: cosa ha detto
Alla domanda su come conciliare il diritto alla vita con quello della donna a non soffrire, il Papa ha ribadito una posizione netta: “Un aborto è un omicidio”. Ha inoltre citato la scienza, affermando che già “al mese del concepimento tutti gli organi sono completi”. Partendo da queste riflessioni, Papa Francesco ha definito “sicari” i medici che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza. Parole forti che hanno provocato la reazione di alcune organizzazioni per i diritti delle donne e delle associazioni pro-choice.
Papa Francesco ha poi precisato che le sue dichiarazioni non si riferivano alla contraccezione, che ha definito “un’altra cosa”, ma si è limitato a parlare dell’aborto, ribadendo che “su questo non si può discutere”.
Quanti ginecologi obiettori in Italia ci sono in Italia?
Le parole del Papa e le critiche nei suoi confronti sono l’emblema delle posizioni polarizzate nel dibattito sull’aborto, molto accesso in Italia. Nel nostro Paese, la questione non è solo di natura etica, ma anche pratica.
Una delle principali difficoltà che le donne incontrano nell’accedere all’interruzione di gravidanza è il numero elevato di medici che si avvalgono dell’obiezione di coscienza. A marzo il dibattito si era acceso sia nella società civile che nella politica soprattutto dopo le parole della ministra Roccella secondo cui in Italia sarebbe “molto più difficile trovare un ospedale dove partorire piuttosto che un ospedale dove abortire”. Parole a cui la deputata Cinque stelle Gilda Sportiello aveva risposto dagli scranni del Parlamento ricordano che “la maternità non deve essere l’unica scelta per le donne”.
Sugli obiettori di coscienza, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, aveva aggiunto che: “Il carico di lavoro per i non obiettori, cioè per chi materialmente esegue l’interruzione volontaria di gravidanza, è di meno di un aborto a settimana, lo 0,9%. Quindi non c’è questo carico di lavoro che evidentemente crea un problema sull’obiezione di coscienza”.
In completo disaccordo l’onorevole Sportiello. “Lei lo sa quanti sono i medici obiettori di coscienza? A me risulta che se una donna va in Veneto per partorire trova che il 71% degli operatori sanitari è obiettore di coscienza, se va in Abruzzo e in altre regioni trova più dell’80% di medici obiettori che, magari, le negano di abortire”.
In base alla Relazione annuale del Ministero della Salute del 2022, nel 2020, il 64,6% dei ginecologi italiani si dichiara obiettore, cioè rifiuta di eseguire aborti per motivi di coscienza. Questo dato si alza drammaticamente in alcune regioni, come il Molise, dove oltre l’80% dei ginecologi sono obiettori, rendendo quasi impossibile ottenere un aborto in strutture pubbliche.
La percentuale più alta si trova nella provincia autonoma di Bolzano, dove, nel 2020, era obiettore l’84,5% dei ginecologi, un numero che rende praticamente impossibile l’applicazione della legge sull’aborto all’interno del servizio sanitario locale. Anche nella regione Lazio, che include Roma, circa il 78% dei ginecologi sono obiettori, secondo i dati del Ministero della Salute.
Nelle regioni del Sud Italia, come la Campania e la Basilicata, la percentuale di medici obiettori supera il 70%, creando disuguaglianze territoriali enormi nell’accesso a un servizio garantito dalla legge 194 del 1978. Questa legge assicura il diritto all’aborto nelle prime dodici settimane di gestazione, ma, nella pratica, l’elevato numero di obiettori di coscienza rende difficile l’applicazione della norma. Secondo l’Istat, circa 67.000 interruzioni volontarie di gravidanza sono state effettuate in Italia nel 2021, ma le difficoltà logistiche create dall’obiezione di coscienza sono un problema sempre più grave.
Alcuni ospedali italiani, specialmente in piccole città, non hanno ginecologi disponibili a eseguire aborti, costringendo le donne a spostarsi in altre regioni o a cercare alternative private, che spesso comportano costi elevati.
Le conseguenze dell’obiezione di coscienza: un sistema sotto pressione
Le implicazioni dell’obiezione di coscienza sono molteplici e complesse. Da un lato, la legge italiana tutela il diritto dei medici di non praticare aborti se questo va contro le loro convinzioni etiche o religiose. Dall’altro, però, la legge prevede anche che gli ospedali pubblici debbano garantire il servizio, un compito che diventa sempre più arduo da rispettare, specialmente in quelle regioni dove la maggioranza del personale medico è obiettore.
Secondo un’indagine condotta dall’Associazione Luca Coscioni, in alcune regioni d’Italia, la carenza di medici non obiettori costringe le donne a tempi di attesa più lunghi, che possono spingerle oltre il limite legale di dodici settimane per l’interruzione volontaria di gravidanza. Questo crea una situazione di “aborto clandestino”, in cui le donne cercano soluzioni non sicure o si recano all’estero per ottenere il servizio.
Non mancano i tentativi di risolvere la questione. Alcuni attivisti e parlamentari hanno proposto di garantire un numero minimo di medici non obiettori in ogni ospedale, ma tali misure sono state oggetto di forte opposizione, sia politica che religiosa. Le discussioni continuano, ma al momento non sembra esserci una soluzione concreta all’orizzonte.
Le dichiarazioni di Papa Francesco hanno innescato un acceso dibattito, che riflette l’attuale polarizzazione delle opinioni sull’aborto in Italia e nel mondo. Le associazioni cattoliche hanno espresso sostegno al Pontefice, lodandolo per aver difeso il diritto alla vita “senza compromessi”. Le organizzazioni pro-choice e molte associazioni per i diritti delle donne hanno invece criticato il linguaggio usato dal Papa, eccessivamente offensivo e aggressivo.
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