Dal digitale alle abilità cognitive, le nuove competenze del lavoro
- 07/06/2024
- Popolazione
In un mondo del lavoro in continua evoluzione, le competenze professionali rappresentano la chiave per la competitività e l’innovazione. Le abilità richieste oggi sono molteplici e variegate, spaziando dalle competenze digitali a quelle cognitive, fino alle abilità fisico-motorie. Comprendere come queste competenze siano distribuite tra la popolazione lavorativa è fondamentale per affrontare le sfide future.
Secondo l’Istat, che ha diffuso i risultati del modulo ad hoc sulle competenze professionali inserito nella Rilevazione sulle forze di lavoro 2022, gli italiani mostrano un panorama diversificato di abilità. Questa indagine, rivolta a persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni, ha messo in luce non solo le competenze utilizzate nel lavoro quotidiano, ma anche le differenze tra vari settori e gruppi demografici.
Le digital skill degli italiani
Nel frenetico mondo del lavoro moderno, le competenze digitali sono diventate essenziali per la maggior parte delle professioni. Le competenze tecnologiche non sono più una prerogativa esclusiva dei settori IT, ma si estendono trasversalmente a numerose professioni. Dal semplice invio di email alla complessa programmazione di algoritmi per l’intelligenza artificiale, le abilità digitali sono il filo conduttore che lega le diverse attività lavorative.
L’uso delle competenze digitali varia significativamente a seconda del settore lavorativo. Ad esempio, nel settore terziario, come la finanza, il marketing e l’educazione, l’utilizzo di strumenti digitali è pressoché onnipresente. Anche nei settori più tradizionali, come il manifatturiero e l’agricoltura, si nota una crescente integrazione di tecnologie digitali, evidenziando un trend di modernizzazione e innovazione.
Secondo l’Istat, quasi i due terzi degli occupati in Italia utilizzano competenze digitali nel loro lavoro quotidiano. Le digital skill, che comprendono un vasto insieme di abilità tecnologiche, permettono di individuare, utilizzare, condividere e creare contenuti mediante tecnologie informatiche e Internet. Ma non si tratta solo di abilità di base come l’uso del computer; queste competenze spaziano fino alla scrittura di codici e allo sviluppo di sistemi software per l’intelligenza artificiale.
Italia vs Europa: un confronto digitale
Il 37,1% degli occupati italiani svolge attività che richiedono l’utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo di lavoro. Sebbene questa cifra sia leggermente inferiore alla media dell’Unione Europea (41,2%), rappresenta comunque un segno positivo per l’Italia. Tuttavia, il 32,9% degli occupati italiani non utilizza mai tali apparecchiature, una percentuale superiore alla media europea del 27,5%.
Chi sono i maestri del digitale?
Gli occupati tra i 30 e i 44 anni sono i veri protagonisti della digitalizzazione, utilizzando strumenti digitali più di qualsiasi altra fascia d’età. Al contrario, tra i giovani di 15-29 anni, sorprendentemente, si registra la percentuale più alta di coloro che non utilizzano affatto competenze digitali (36,5%). Inoltre, le donne superano gli uomini nell’utilizzo della strumentazione digitale per almeno metà del tempo di lavoro (42,1% contro 33,4%).
Professioni tradizionali e digital divide
L’uso massiccio di strumenti digitali caratterizza in particolar modo l’attività degli impiegati: ben l’80,9% di loro dedica almeno la metà del tempo lavorativo ad attività digitali. Tra questi, le donne e i laureati raggiungono quote ancora più elevate, rispettivamente l’88,5% e l’89,1%. Anche le professioni intellettuali e scientifiche, così come quelle tecniche, fanno largo uso delle competenze digitali. Ad esempio, circa i due terzi di questi professionisti utilizzano pc, tablet e smartphone per la maggior parte della giornata lavorativa, con percentuali che sfiorano il 90% tra specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali, ingegneri e architetti.
Le digital skill sono diffuse anche tra legislatori, imprenditori e alta dirigenza, che nel 50% dei casi le utilizzano per almeno metà del tempo lavorativo. Tuttavia, tra imprenditori e responsabili di piccole aziende, l’uso delle tecnologie digitali scende al di sotto del 40%, con il 13,8% che dichiara di non utilizzarle affatto. Questo evidenzia una spaccatura tra le grandi realtà aziendali, dove l’adozione tecnologica è elevata, e le piccole imprese, che potrebbero trarre vantaggio da un maggiore utilizzo delle competenze digitali.
Mentre il digitale domina molte professioni, altre rimangono saldamente ancorate a metodi tradizionali. Operai specializzati, artigiani, agricoltori e conduttori di mezzi dichiarano, nel 90% dei casi, di utilizzare poco o mai strumenti digitali nel loro lavoro. Questo digital divide evidenzia la necessità di politiche mirate per l’alfabetizzazione digitale anche nei settori più tradizionali.
Competenze cognitive: fondamentali ma non per tutti
Secondo i dati dell’Istat, un occupato su cinque dedica più della metà del tempo lavorativo a competenze di lettura e calcolo. Questo fenomeno non è solo un dato statistico, ma una finestra aperta sul futuro delle professioni e sulla crescente importanza delle abilità intellettuali.
L’indagine ha rivelato che l’Italia non è un caso isolato: in tutti i paesi dell’Unione Europea, c’è una forte correlazione positiva tra la percentuale di occupati che dedicano buona parte del loro tempo lavorativo alla lettura di documenti e quella di coloro che svolgono calcoli complessi. In media, il 19,7% degli occupati europei impiega più della metà del proprio tempo in queste attività, con l’Italia che si attesta su percentuali simili. Questo dato mette in luce un trend comune a livello continentale: la necessità di lavoratori sempre più qualificati e competenti in ambiti specifici.
L’uso delle competenze cognitive varia significativamente in base al livello di istruzione e alla cittadinanza. Tra le persone con al massimo la licenza media, solo il 4,1% dedica almeno metà del tempo lavorativo alla lettura, mentre la percentuale scende al 3,4% per i calcoli complessi. Al contrario, tra i laureati, queste percentuali salgono rispettivamente al 26,3% e al 16,2%.
Le differenze sono ancora più accentuate quando si considerano i lavoratori stranieri. Tra gli stranieri che svolgono professioni non qualificate, il 91% non legge mai documenti nel corso della propria attività lavorativa. Questo dato si riflette anche nei lavoratori del commercio e dei servizi, dove oltre il 50% non utilizza competenze di lettura.
Analizzando le competenze cognitive in relazione ai profili professionali, emergono differenze rilevanti. Per esempio, meno del 5% degli artigiani e degli operai specializzati utilizza reading skill per almeno la metà del tempo lavorativo. Al contrario, queste percentuali superano il 20% tra i legislatori, gli imprenditori e chi svolge professioni specialistiche o tecniche. In particolare, tra gli ingegneri e gli architetti, la quota di chi utilizza competenze di lettura sale fino al 40%.
La situazione si fa ancora più interessante quando si analizzano le competenze di calcolo. Queste caratterizzano l’attività lavorativa di un’ampia gamma di professionisti, dagli impiegati agli amministratori di grandi aziende. Gli ingegneri e gli architetti, in particolare, vedono quasi il 39% di loro dedicare almeno metà del tempo lavorativo a calcoli complessi.
Le competenze di calcolo, sebbene fondamentali in molti settori, sono quasi assenti in altri. Tra i lavoratori che svolgono professioni non qualificate, l’86,6% dichiara di non dover mai ricorrere a calcoli complessi. Anche tra i conduttori di veicoli per il trasporto delle persone e gli operai semi-specializzati, la quota di chi non utilizza queste competenze è molto elevata, superando il 73%.
L’assenza di competenze di calcolo è particolarmente pronunciata tra le donne, gli over 60 e gli stranieri, che spesso occupano posizioni in settori meno qualificati.
Competenze fisico-motorie: il ruolo cruciale di forza e destrezza
Nel panorama mutevole del lavoro europeo, emergono dati significativi riguardanti le competenze fisico-motorie e le abilità relazionali che plasmano le dinamiche del mercato del lavoro. L’analisi rivela uno scenario complesso, caratterizzato da differenze tra generi, livelli di istruzione e cittadinanza.
Le competenze fisico-motorie, fondamentali in numerosi settori lavorativi, si rivelano essere una componente essenziale del panorama lavorativo. La capacità di impiegare la forza muscolare è un requisito per oltre un terzo degli occupati europei, con una percentuale significativamente più alta tra gli uomini. Questi lavori, che richiedono un impegno fisico intenso, sono particolarmente diffusi tra artigiani, operai specializzati e agricoltori.
D’altra parte, la destrezza, definita dall’abilità nel compiere movimenti precisi delle dita, coinvolge un quarto degli occupati europei. Questa competenza, spesso coordinata dagli occhi, è richiesta in settori come la meccanica di precisione, l’artigianato artistico e la lavorazione di materiali come il legno e il tessuto.
Le differenze si riflettono anche nei livelli di istruzione e nella cittadinanza. Le persone con un livello di istruzione più basso e gli stranieri tendono ad impiegare più frequentemente la forza fisica nei loro lavori, mentre coloro con titoli di studio più alti sono inclini ad utilizzare maggiormente la destrezza nelle loro attività quotidiane.
Ma anche le competenze relazionali, che comprendono la comunicazione, la formazione e la consulenza, giocano un ruolo chiave nella vita professionale. Quasi la metà degli occupati europei dedica almeno la metà del tempo lavorativo a queste attività. La comunicazione interna, soprattutto tra colleghi, è frequente, mentre quella esterna coinvolge una percentuale leggermente inferiore di lavoratori.
Le competenze relazionali sono più diffuse tra gli occupati con titoli di studio più elevati, evidenziando un legame tra istruzione e capacità di interazione sociale. Tuttavia, queste abilità sono meno comuni tra gli stranieri e tra coloro con un basso livello di istruzione.
Le modalità di svolgimento del lavoro
Oltre alle competenze specifiche, l’indagine ha esaminato le modalità di svolgimento del lavoro, focalizzandosi su tre dimensioni principali: l’autonomia, la ripetitività dei compiti e il rispetto di procedure standardizzate. L’autonomia nel lavoro è particolarmente valorizzata nelle professioni creative e manageriali, dove l’innovazione e la capacità decisionale sono fondamentali.
La ripetitività dei compiti, invece, è più comune nelle professioni manuali e di produzione, dove le attività standardizzate sono essenziali per mantenere efficienza e qualità. Infine, il rispetto di procedure fortemente standardizzate è un aspetto cruciale in settori come la sanità e la sicurezza, dove il rigore nelle procedure è vitale per garantire la sicurezza e l’efficacia delle operazioni.
Differenze tra occupati ed ex-occupati
L’analisi dell’Istat ha dedicato un’attenzione particolare agli ex-occupati, che hanno smesso di lavorare da meno di due anni. Le differenze rispetto agli occupati sono significative e offrono spunti interessanti. Gli ex-occupati tendono a riportare un uso inferiore delle competenze digitali e cognitive, probabilmente a causa della discontinuità lavorativa e della mancanza di aggiornamento professionale.
Inoltre, le difficoltà nel reinserimento lavorativo possono essere accentuate dalla rapida evoluzione delle competenze richieste dal mercato del lavoro. Questo sottolinea l’importanza di politiche attive del lavoro e programmi di formazione continua per favorire la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze.
In un contesto di rapida evoluzione tecnologica e sociale, l’analisi delle competenze professionali in Italia offre uno sguardo profondo sul tessuto stesso del mondo del lavoro. L’Istat ha tracciato un quadro dettagliato, rivelando non solo le sfide attuali ma anche le opportunità che si presentano. Mentre la digitalizzazione si diffonde in molti settori, rimane una spaccatura digitale tra grandi e piccole imprese e tra professioni tradizionali e innovative. Inoltre, l’importanza delle competenze cognitive e fisico-motorie non può essere sottovalutata, evidenziando la necessità di politiche mirate per l’alfabetizzazione digitale e il miglioramento delle competenze intellettuali e pratiche. Guardando al futuro, investire nell’aggiornamento e nella riqualificazione professionale diventa cruciale per affrontare le sfide del mercato del lavoro in continua evoluzione.
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