Fine vita, donna italiana affetta da sclerosi multipla muore in Svizzera
- 31/07/2024
- Popolazione
Dopo quasi vent’anni con la sclerosi multipla, una donna lombarda di 51 anni ha potuto porre fine alle sue sofferenze ieri, martedì 30 luglio 2024, in Svizzera.
È stata accompagnata al suicidio medicalmente assistito da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, iscritti a “Soccorso Civile”, l’Associazione fondata nel 2015 da Marco Cappato, che ne è rappresentante legale, per fornire aiuto diretto alle persone che hanno bisogno di superare ostacoli burocratici e legali per godere delle proprie libertà fondamentali, a partire dalle scelte di fine vita.
Come si è arrivati al suicidio medicalmente assistito in Svizzera
La donna era in possesso di tutti i requisiti previsti dalla sentenza Cappato-Antoniani del 2019, un provvedimento spartiacque in materia. Pronunciandosi sul noto caso di Dj Fabo, in quella occasione la Corte costituzionale ha stabilito che non è punibile chi aiuta una persona a suicidarsi, purché la persona che chiede di poter porre fine alla sua vita:
– sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, come la ventilazione meccanica o la nutrizione artificiale;
– sia affetta da una patologia irreversibile, che non lascia alcuna speranza di guarigione o di miglioramento;
– soffra in modo intollerabile, sia fisicamente che psicologicamente, a causa della sua malattia;
– abbia espresso il suo proposito di suicidio in modo autonomo e liberamente formatosi, dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie sulle sue condizioni di salute, sulle cure palliative disponibili e sulle modalità del suicidio assistito;
– sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, senza subire pressioni o influenze da parte di altri.
Anche la persone che assiste il suicidio deve rispettare delle condizioni.
Questi sono gli unici punti fissi dell’ordinamento italiano in tema di suicidio assistito anche se negli ultimi mesi la questione è stata sollevata da più regioni.
La donna lombarda ha comunque deciso di andare in Svizzera per accedere all’aiuto alla morte volontaria “perché, come spiega una nota dell’Associazione “ormai le proprie sofferenze erano divenute tanto insopportabili da renderle impossibile attendere ancora altro tempo”.
Infatti, l’Asl lombarda, alla quale la donna aveva inviato lo scorso maggio la richiesta per poter accedere al “suicidio medicalmente assistito” secondo i requisiti della sentenza Cappato-Antoniani, non ha ancora trasmesso la relazione finale e il parere del comitato etico. Dopo una prima diffida da parte della donna tramite i suoi legali coordinati dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, la commissione medica della Asl ha visitato la paziente due volte, senza fornire alcuna valutazione sulla sussistenza delle condizioni e le modalità per procedere.
Neanche la recente sentenza emanata dalla Consulta lo scorso 18 luglio è bastata ad accelerare la pratica. In questa occasione, la Corte costituzionale ha sostanzialmente confermato il disposto del 2019, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Gip di Firenze sull’articolo 580 del Codice penale. Il provvedimento ha specificato che il Servizio sanitario deve intervenire “prontamente” per assicurare lo svolgimento dell’iter.
Le intollerabili lungaggini italiane
Sulla base di quest’ultima sentenza, la n.135/2024, la donna ha diffidato nuovamente l’azienda sanitaria, sperando di avere una risposta celere. Una richiesta caduta nel vuoto: la scorsa settimana, la Asl ha risposto prendendo tempo e comunicando che la relazione medica era stata inviata al comitato etico.
A quel punto la donna ha deciso di porre fine alle sofferenze in Svizzera, dove, mentre l’Italia si incarta su tempi e modalità, è nata The Last Resort, una società che permette di accedere al suicidio assistito tramite la capsula ‘Sarco’, stampata in 3D (qui per approfondire come funziona).
In Italia, invece, molti pazienti rimangono in attesa di Asl e comitati etici territoriali che, per verificare le condizioni e le modalità, possono impiegare anche mesi. Un tempo intollerabile come le sofferenze di molti pazienti che aspettano di morire.
Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna “Liberi Subito” con una raccolta delle firme per una proposta di legge regionale che garantisca il percorso di richiesta di “suicidio medicalmente assistito” e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti per giungere a una risposta da parte del Servizio sanitario.
La decisione dell’Emilia-Romagna sul suicidio assistito
In questi casi, il tempo fa la differenza e su questo punto, a febbraio, è intervenuta l’Emilia-Romagna.
La regione ha infatti approvato una delibera e le linee di indirizzo per regolamentare l’accesso al suicidio assistito, la pratica con cui, in presenza di determinate condizioni, il paziente si autosomministra il farmaco letale.
L’Emilia-Romagna è diventata la seconda regione italiana dotata di strumenti per poter ricorrere alla morte assistita. In precedenza, lo aveva già fatto la Regione Puglia ma quella guidata da Bonaccini è la prima a stabilire dei tempi certi entro cui si dovranno valutare le richieste dei pazienti.
42 giorni: questo è il lasso di tempo che potrà intercorrere tra la chiara e spontanea dichiarazione di voler ricorrere al suicidio assistito e l’esecuzione dello stesso. Anche la regione Veneto è andata vicina ad approvare dei tempi certi per la definizione del suicidio assistito, ma il provvedimento, proposto dall’Associazione Luca Coscioni, non è passato per un solo voto.
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