Malasanità, donna muore per diagnosi sbagliata a Patti (Messina): “È un’indigestione”
- 14/08/2024
- Popolazione
Una donna di 62 anni è morta a Patti (Messina), dove era in vacanza, a causa di una diagnosi sbagliata. Francesca Colombo e il marito Giuseppe Balletta erano da poco arrivati da Legnano al Paese di lui, in Sicilia, insieme al figlio 19enne quando la donna ha iniziato ad accusare forti dolori addominali.
Dolori che a un certo punto si sono fatti insopportabili, da costringerla a una corsa dalla collina di Librizzi al pronto soccorso dell’ospedale Barone Romeo, giù nel Paese di Patti. Qui, dopo otto ore di attesa ed esami, i medici hanno dimesso Francesca Colombo: “È solo un’indigestione, adesso mangi leggero”.
Donna morta a Patti per diagnosi sbagliata
La donna ha seguito le indicazioni dei medici finché ha potuto: dopo due giorni, i dolori non passavano diminuiti, così è tornata in ospedale il 9 agosto.
Qui la tragica rivelazione: non era un’indigestione, ma una grave occlusione intestinale che necessitava di un intervento chirurgico d’urgenza. Ma, ormai, era troppo tardi per salvare la vita di Francesca Colombo. Proprio pochi giorni fa l’ospedale Barone Romeo era diventato “famoso” sui social per il ragazzo “ingessato” con il cartone.
Il marito Giuseppe Balletta ha espresso il suo profondo sconforto e indignazione per l’ennesimo tragico caso di malasanità. “Non si può morire così. Non si può lasciare andare un paziente dolorante a casa, consigliando di mangiare brodini”, ha dichiarato in un esposto alla Procura. Balletta ha anche parlato di “leggerezza o incompetenza” dei sanitari, che “avrebbero dovuto diagnosticare con 48 ore di anticipo la presenza di una occlusione intestinale, intervenendo subito, non quando non c’era più nulla da fare”. L’uomo racconta il trattamento ricevuto dalla vittima: “Mia moglie è stata sottoposta a un prelievo di sangue e a un elettrocardiogramma. Poi, alle 20 del 7 agosto, la dimissione con un medico che minimizzava parlando di indigestione e dicendo ‘basta un protettore gastrico’“.
Il ragazzo ingessato con il cartone
L’ospedale Barone Romeo era già finito sotto i riflettori per un episodio meno tragico ma non meno allarmante: un giovane paziente con una frattura alla gamba era stato “trattato” con cartone da imballaggio e nastro adesivo perché l’ospedale non aveva le stecche ortopediche. Il video, ovviamente, ha scatenato l’incredulità e le critiche degli utenti sui social ed è avvenuto poco prima della tragedia di Colombo.
L’assurdità di avere lo stesso ospedale coinvolto in due episodi così gravi in un breve arco di tempo solleva interrogativi sullo stato della sanità in Italia e anche sulla disparità Nord-Sud, ampiamente documentata (anche) in campo sanitario. La sanità pubblica, però, preoccupa sempre di più in tutta la penisola e subisce gli effetti della crisi demografica, causa o complice di molti problemi italiani. Proprio in questi giorni, la procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio di un medico e un infermiere della clinica Villa Maria Pia Hospital dove, il 9 marzo 2023, la donna 71enne Carla Rapaelli moriva per una trasfusione di sangue sbagliata.
La risposta delle autorità sanitarie
Le autorità sanitarie locali hanno promesso trasparenza e collaborazione con le indagini. Giovanni Merlo, direttore sanitario dell’ospedale Barone Romeo, ha dichiarato: “Stiamo raccogliendo tutte le cartelle cliniche, l’esito di ogni esame eseguito durante l’osservazione e il successivo ricovero”, precisando che non è lui a poter rilasciare dichiarazioni dettagliate.
Giuseppe Cuccì, direttore generale dell’Asp di Messina, ha confermato che il caso del ragazzo con la gamba ingessata col cartone ha portato a provvedimenti disciplinari: “Parliamo di un evento sanzionato con provvedimento disciplinare e di una dottoressa che si è assunta la responsabilità di una sua scelta professionale da noi non condivisa”. Per quanto riguarda il caso di Colombo, Cuccì ha sottolineato che sarà necessario attendere l’esito delle indagini prima di trarre conclusioni definitive: “Per questo nuovo caso occorre attendere di conoscere tutte le carte”.
Problemi strutturali nella sanità italiana
Parlando di crisi del sistema sanitario nazional, i due eventi legati all’ospedale Barone Romeo sono una conferma di cui non avevamo bisogno. Il rapporto dell’Istat del maggio 2024 fornisce un quadro dettagliato delle condizioni di salute e dell’offerta sanitaria nelle città metropolitane italiane. Secondo l’analisi, l’Italia presenta una media di 3,9 posti letto per 1.000 abitanti, con significative variazioni tra le diverse regioni.
La mortalità evitabile, che include decessi per cause trattabili, è un indicatore preoccupante: il tasso di mortalità per individui tra i 0 e i 74 anni mostra che molte delle morti potrebbero essere prevenute attraverso un miglior accesso e qualità delle cure.
Anche la CGIL sottolinea in un report la crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), evidenziando che la spesa sanitaria pubblica in Italia è significativamente inferiore rispetto ad altri Paesi europei. Nel 2022, la spesa pro capite in Italia è stata di 2.208 euro, rispetto ai 5.086 euro della Germania e ai 3.916 euro della Francia. Nonostante un incremento temporaneo della spesa durante la pandemia, le proiezioni indicano un ritorno a livelli di finanziamento inadeguati, con una previsione di riduzione della spesa sanitaria sul PIL dal 6,4% al 6,2% entro il 2027. Uno scenario che aumenta il rischio di privatizzazioni e tagli ai servizi, aggravando le disuguaglianze nell’accesso alle cure e aumentando i tempi di attesa.
Anche la Corte dei conti ha recentemente messo in guardia sulla sostenibilità economica del SSN, evidenziando che nel 2022 si è registrato un disavanzo di 1,5 miliardi di euro, con 15 regioni in difficoltà finanziaria. La mancanza di un adeguato finanziamento statale sta portando a una riduzione dei servizi sanitari e a un aumento della fiscalità generale. I soldi destinati alla sanità sono sempre meno e la denatalità morde alle caviglie del problema.
La crisi demografica e l’impatto sulla sanità pubblica
“L’unico Paese comparabile all’Italia, per l’invecchiamento della popolazione, è il Giappone, ma quel Paese sta combattendo il problema sia con una grande rivoluzione tecnologica, sia con una grande prioritarizzazione dei servizi sociali. Dovremmo guardare al Giappone per quanto riguarda le politiche per gli anziani e alla Francia per le politiche per i giovani e le nuove famiglie” ricorda all’Adnkronos Salute Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma.
A parlare sono i numeri: nel 2050 ci sarà 1 giovani per ogni 3 anziani. Questo apporterà delle conseguenze a sistemi di welfare, compreso quello sanitario. “Qualsiasi Paese prenderebbe misure emergenziali – sostiene il dott. Ricciardi -. Invece concrete iniziative politiche non se ne vedono da noi. Di fatto la famiglia è lasciata sola”.
Ma non è così dappertutto, “basterebbe vedere le politiche sociali fatte dai Paesi del Nord Europa”, aggiunge Ricciardi, ribadendo che il fenomeno in Italia “ormai è irreversibile, ma serve mettere mano rapidamente almeno ad azioni per la mitigazione delle conseguenze. In particolare, sostenendo le famiglie, ma con politiche serie complessive: da una parte bisogna incentivare la natalità, dall’altra bisogna mettere in moto dei meccanismi, per esempio di gestione dell’immigrazione” (qui per approfondire).
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