Sardegna: meno persone, meno studenti e lo spettro di un’isola vuota
- 02/10/2024
- Popolazione
La Sardegna si trova a fronteggiare una crisi demografica senza precedenti, una vera e propria voragine che sta colpendo l’intera regione. Il Rapporto Mete 2024 delle Acli, presentato ieri, 30 settembre, a Cagliari, ha portato alla luce dati allarmanti: dal 2015 ad oggi, la popolazione sarda è diminuita di ben 88.306 persone e in un solo anno l’isola ha perso 8mila abitanti. Un calo che non è compensato dall’immigrazione.
Al 2023, la popolazione dell’isola è di 1.569.832 di persone, le proiezioni per il futuro sono drammatiche: entro il 2050 la popolazione sarda scenderà a 1.239.379, in diminuzione del 21%.
Questo crollo repentino è dovuto alla scarsità di giovani tra gli zero e i 14 anni, che è il più basso del Paese. Solo il 10% della popolazione rientra in questa fascia di età, mentre la media nazionale (comunque molto bassa) si attesta al 16,7%.
Come spesso succede, il drastico calo delle nascite è accompagnato da una preoccupante crescita della dispersione scolastica, che in Sardegna raggiunge il 17,3%, contro una media italiana del 10%.
L’impatto della crisi demografica sarda sull’Università
Il calo demografico non si limita solo alla popolazione generale, ma ha un effetto diretto anche sull’università e l’istruzione superiore in Sardegna. Il numero di immatricolati nelle due principali università dell’isola, quelle di Cagliari e Sassari, è in netto calo rispetto al picco del 2020-2021. Nell’anno accademico 2022-2023, solo 4.063 studenti si sono iscritti all’Università di Cagliari e 1.968 a quella di Sassari. La tendenza è stabile rispetto all’anno precedente, ma segna una contrazione di 300 studenti rispetto a due anni prima.
Alla natalità si aggiunge la migrazione interna che contribuisce alla riduzione delle immatricolazioni nelle università sarde. Nel 2023, quasi uno studente sardo su cinque (il 17%) ha scelto di studiare fuori dall’isola, principalmente in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. Questo flusso di studenti all’estero o in altre regioni si traduce in un’ulteriore riduzione della forza studentesca, che ha ricadute dirette sulla produttività e sulle risorse umane dell’isola.
Il crollo della popolazione scolastica riguarda più in generale tutto il Mezzogiorno. Le scuole professionali, che dovrebbero preparare i giovani al mercato del lavoro, hanno subito un calo drammatico: negli ultimi dieci anni gli iscritti sono diminuiti del 18,43%, e il primo anno delle scuole professionali ha visto un crollo del 37,37%. Questo dato è particolarmente preoccupante in un momento in cui il mercato del lavoro italiano ha una forte domanda di professionalità specialistiche.
Secondo un rapporto di Area Studi Legacoop e Prometeia, il sistema produttivo italiano perde circa 150.000 lavoratori all’anno, e li perderà almeno fino al 2030.
In alcuni settori la crisi demografica è accentuata dal mismatch tra le competenze richieste dal mercato e quelle offerte dai giovani. La carenza di figure professionali in ambiti strategici, come ingegneria e scienze, si scontra con un eccesso di laureati in discipline per le quali il mercato offre poche opportunità. La mancanza di ingegneri e tecnici specializzati è particolarmente acuta nel settore dell’IT e delle energie rinnovabili, dove la domanda cresce rapidamente ma l’offerta non riesce a tenere il passo.
Le dinamiche migratorie e il ruolo degli studenti stranieri
Nonostante l’immigrazione straniera non riesca a compensare completamente la perdita di abitanti, rimane un aspetto rilevante per comprendere le dinamiche demografiche. La popolazione straniera in Sardegna è principalmente composta da cittadini rumeni, con 11.313 persone, seguiti dai senegalesi (4.289), marocchini, cinesi e ucraini. In particolare, l’afflusso di ucraini è cresciuto del 16% tra il 2022 e il 2023, mentre altre nazionalità, come quella marocchina, hanno visto un calo del 3%.
A complicare ulteriormente il quadro, la migrazione verso l’estero dei sardi, che è in costante aumento. Al 31 dicembre 2022, gli iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) provenienti dalla Sardegna erano 128.350, contribuendo all’emorragia demografica dell’isola. Questa perdita di capitale umano incide negativamente anche sul sistema educativo sardo, poiché molti giovani scelgono di cercare opportunità lavorative o di studio al di fuori dei confini isolani.
Migliorare l’offerta
La diminuzione della popolazione e il calo delle iscrizioni universitarie richiedono interventi urgenti e mirati. Come affermato da Vania Statzu, coordinatrice del gruppo di lavoro del Rapporto Mete 2024, la perdita di studenti è direttamente legata al calo demografico. Per affrontare questa crisi, è necessario migliorare l’offerta formativa e creare nuove opportunità lavorative locali che possano trattenere i giovani nell’isola. “L’84% di chi decide di iscriversi all’Università resta in Sardegna. Chi si sposta in genere va a cercare quei titoli di studio e i corsi di laurea che non esistono nel proprio territorio, specializzazioni molto particolari oppure in territori nei quali c’è una stretta connessione fra mondo universitario e mondo del lavoro, ma servono risorse economiche”, spiega la coordinatrice Vania Statzu.
L’assessora regionale all’Istruzione, Ilaria Portas, ha sottolineato la necessità di investire in un’offerta formativa diversificata e distribuita equamente sul territorio, affinché gli studenti non siano costretti a emigrare per trovare percorsi di studio adeguati o prospettive lavorative in linea con le loro esigenze.
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