Entro il 2050 l’antibiotico-resistenza può diventare la principale causa di morte nel mondo. Italia maglia nera in Europa
- 10/04/2025
- Popolazione
Se l’antibiotico-resistenza fosse una malattia, sarebbe una di quelle autoimmuni. Una di quelle patologie che l’Italia (e non solo) si autoinfligge interpretando male i dati di fatto ma, soprattutto, sorvolando sulle conseguenze. Il tema è stato affrontato durante l’evento ‘Salute e sanità, il doppio binario’ organizzato dall’Adnkronos oggi – 10 aprile – presso il Palazzo dell’Informazione di Roma.
I numeri parlano chiaro: se non si interviene subito, entro il 2050 l’antibiotico-resistenza, ovvero la resistenza dei batteri ai farmaci antibiotici, diventerà la prima causa di morte nel mondo.
L’Italia è la maglia nera d’Europa insieme a Grecia e Romania: nel nostro Paese ogni anno 30-40 mila persone muoiono a causa di quella che l’infettivologo Matteo Bassetti ha definito una “pandemia silenziosa”.
Rasi (Consulente del ministro della salute per l’antibiotico resistenza) e i benefici della strategia “Push and pull” adottata dall’Italia
La lotta all’antibiotico-resistenza ha un paradosso economico: creare farmaci che non dovrebbero essere usati. Il Consulente del ministro della salute per l’antibiotico resistenza, Guido Rasi, spiega come l’Italia stia rivoluzionando il sistema di incentivi per risolvere questa contraddizione, adottando un modello che potrebbe fare scuola in Europa.
In prima battuta Rasi critica l’uso di voucher (buoni o crediti) come strumenti di supporto al mercato farmaceutico, preferendo invece i “joint procurement” (acquisti congiunti a livello europeo). In assenza di un coordinamento globale, quanto fatto dall’Italia è, sottolinea Rasi, un “intervento tempestivo e positivo”.
Per spiegare la bontà della scelta intrapresa, Rasi fa una premessa: “Gli incentivi vengono normalmente definiti ‘push and pull’ che significa incentivare la ricerca di base con una massa critica di investimenti. Il Covid ci ha insegnato che l’innovazione si raggiunge con meccanismi top-down (dai governi alle aziende, ndr.) e non solo bottom-up (dalle aziende alle istituzioni, ndr.) se si mette a disposizione una massa critica di investimenti. I tre rimedi che sono arrivati vengono da un consorzio di 120 aziende con 150 miliardi di euro pubblici messi sul piatto. E questo ha funzionato”. In pratica, i risultati positivi passando dalla sinergia pubblico-privato.
Gli incentivi “push” finanziano direttamente la ricerca iniziale, mentre quelli “pull” garantiscono un mercato per il prodotto finale.
Cosa ha fatto quindi l’Italia, memore degli insegnamenti passati? “Ha messo a disposizione 15 milioni di euro in un fondo utile per fare massa critica, svolgendo la parte ‘push’ favorendo quindi l’innovazione. Poi, a livello nazionale, ha preso una scelta concreta: nel fondo dell’innovazione che non veniva utilizzato del tutto, ha previsto delle regole molto rigide per far entrare gli antibiotici reserve-listed in questo fondo. Chi arriverà in Italia nei prossimi anni troverà un mercato ragionevole e con una remunerazione incentivante”.
In pratica, il ministero della Salute italiano si è mosso su due livelli: prima ha stanziato fondi per stimolare la ricerca (incentivo “push”), poi ha garantito che gli antibiotici nella “reserved list” (una lista di antibiotici tenuti di riserva per casi gravi) ricevano finanziamenti dedicati anche se usati raramente. Gli antibiotici “reserve-listed” sono farmaci di ultima generazione che vengono volutamente tenuti come ultima risorsa per combattere infezioni resistenti.
In materia di antibiotici l’asse temporale tra innovazione e commercializzazione è sfasato per garantire che i farmaci creati oggi siano utilizzabili per i nostri figli e i nostri nipoti senza che l’antibiotico-resistenza li abbia depotenziati o resi inutili. “Proprio per questo servono incentivi di tipo pull”, sottolinea il consulente Rasi che spiega: “Se, giustamente, limito l’uso di un nuovo antibiotico, devo comunque remunerare gli investimenti e il lavoro fatto dalle imprese”.
Bisogna quindi incentivare le imprese non in base al volume di vendite, ma per la disponibilità del farmaco come “assicurazione” contro future infezioni resistenti. Questo è il cuore dell’approccio italiano che Rasi sta promuovendo.
Bassetti: “Pensiamo più al costo dell’antibiotico che agli effetti”
“Partiamo dai numeri: tra i Paesi europei più evoluti, siamo quelli con il più alto tasso di antibiotico-resistenza”, esordisce Matteo Bassetti, infettivologo e direttore scientifico della Fondazione italiana per lo studio e la Lotta alle Malattie Infettive Ets (Filmi). “In Italia 30-40 mila persone all’anno muoiono per antibiotico resistenza, di cui circa la metà in casa. In pratica abbiamo una pandemia silenziosa ogni anno: il Covid-19 ha fatto circa 200mila morti che, se divisi per quattro anni e mezzo, fanno circa 40mila morti ogni anno, quanti ne fa l’antibiotico-resistenza”.
A preoccupare di più sono le previsioni sul futuro: “Secondo uno studio pubblicato su The Lancet, se non interverremo, nel mondo ci saranno 40 milioni di morti per antibiotico-resistenza entro il 2050. Senza interventi mirati, l’antibiotico-resistenza diventerà la prima causa di morte a livello globale entro i prossimi quindici anni. È chiaro che non possiamo più girarci dall’altra parte e far finta di niente”.
Le cause dell’antibiotico-resistenza
“I numeri dicono che non abbiamo lavorato come avremmo dovuto”, ammonisce Bassetti. Qualcosa nel nostro Paese non ha funzionato in materia di antibiotici e ora dobbiamo invertire la tendenza. Domani inizia il Congresso europeo sulle malattie infettive, a Vienna, e il nostro è uno dei Paesi più virtuosi da un punto di vista scientifico. I nostri ricercatori non hanno nulla da invidiare ai colleghi europei, eppure ogni volta che ci sediamo in questi consessi ci vergogniamo di come in Italia vengono utilizzati gli antibiotici. A livello europeo abbiamo gli stessi numeri di Grecia e Romania come tasso di antibiotico-resistenza. Credo che possiamo fare molto di più”.
Il primo, fondamentale, passo deve essere fatto dai medici: “Occorre cambiare l’approccio dei medici italiani rispetto all’antibiotico. Gli antibiotici vengono somministrati con troppa leggerezza negli ospedali e sul territorio. Forse bisognerà fare di più dal punto di vista formativo. Un’idea – afferma Bassetti – potrebbe essere quella di creare dei protocolli di diagnosi e terapia all’interno dei quali muoversi lavorando con le Regioni. A livello ospedaliero i programmi ci sono ma spesso restano sulla carta. Abbiamo messo sulla carta i nuovi antibiotici perché costano troppo” ma ci dimentichiamo di quelli ‘vecchi’ che costano poco. Stiamo affrontando il problema degli antibiotici con quello che Matteo Bassetti definisce un approccio “costo-centrico”.
Ancora una volta i numeri fotografano lucidamente il problema: “La metà dei pazienti esce dal pronto soccorso dopo aver ricevuto una fiala di ceftriaxone, che costa settanta centesimi, anche se non hanno un problema infettivo”, spiega Bassetti che evidenzia anche i cambiamenti positivi che sono in atto nel nostro Paese: “Domani vado a Vienna orgoglioso del fatto che l’Italia abbia finalmente dato un segnale in tema di antibiotico-resistenza. L’Europa guarda con grande favore l’iniziativa italiana del push and pull e del fondo per gli antibiotici di cui ringrazio il governo e il ministro Schillaci. Questo, però, deve essere solo un punto di partenza. Avere dei soldi in più per i nuovi antibiotici è un’ottima cosa, ma poi occorre cambiare approccio sugli antibiotici più a basso costo che sono quelli più abusati”.
Le notizie che arrivano da Oltremanica, al contrario, non sono confortanti: “Proprio oggi – spiega Bassetti – gli inglesi hanno lanciato un allarme sulla gonorrea super-resistente. Nel 2024-2025 sono stati trovati numerosi ceppi di gonorrea resistente a tutti gli antibiotici e questo avviene perché, purtroppo, abbiamo detto alla gente che può andare a fare sesso senza usare il profilattico prendendosi una pastiglia di doxiciclina”.
Questo meccanismo si chiama Prep, ovvero ‘Profilassi pre esposizione’ ed è “una delle principali colpe di noi medici. Invece di dire alla gente di usare il profilattico, abbiamo consigliato di prendere l’antibiotico rendendo la gonorrea resistente a tutti gli antibiotici. Oggi – ricorda Bassetti – la gonorrea è la seconda causa di infezione sessualmente trasmissibili. Dobbiamo necessariamente cambiare approccio”.
Robert Nisticò (Aifa): “Usiamo di più gli antibiotici che dovremmo usare di meno”
“Il tema è globale e va affrontato da molti punti di vista perché nel 2050 può diventare la prima causa di morte nel mondo”, ricorda in video messaggio il presidente dell’Associazione italiana del farmaco (Aifa), Robert Nisticò che sottolinea le conseguenze umane ed economiche di questo fenomeno: “I danni da antibiotico-resistenza pesano circa 2,4 miliardi di euro all’anno e abbiamo 2,7 milioni di posti letto occupati a causa dell’antibiotico-resistenza” che pesano su una sanità pubblica già in crisi. “L’Aifa è impegnata su questo fronte, recentemente abbiamo fatto una campagna di comunicazione insieme al ministero della Salute per sensibilizzare i cittadini su un uso corretto degli antibiotici e di tutti i farmaci che contribuiscono a generare questa piaga. Abbiamo anche sviluppato una map dove diamo informiamo medici e cittadini su quali sono le infezioni più comuni per un uso appropriato degli antibiotici”.
Nisticò conferma quanto affermato da Bassetti: “Il rapporto Osmed di Aifa pubblicato l’anno scorso e relativo ai dati 2023 ci dice che usiamo di più gli antibiotici che dovremmo usare di meno, ovvero quelli che, secondo la classificazione Oms, rientrano nel gruppo ‘reserve’ mentre usiamo di meno quelli che potremmo usare di più, ovvero quelli del gruppo ‘access’”.
Passando al lato delle possibili soluzioni: “Per una somministrazione corretta degli antibiotici serve anche implementare nuovi test diagnostici che possano guidare nella scelta dell’antibiotico giusto ed evitare che si possano creare germi multi-resistenti. Da un punto di vista internazionale dobbiamo insistere sulle strategie push and pull che, da un lato, promuovono la ricerca di nuovi antibiotici e, dall’altro, contribuiscono a creare un sistema regolatorio conveniente a chi vuole investire in questo settore”.
Bassetti: “Il 90% degli antibiotici viene prescritto erroneamente”
L’intervento di Nisticò rafforza la posizione di Bassetti, che ribadisce: “Dobbiamo controllare l’uso che si fa dei farmaci più economici per contrastare l’antibiotico-resistenza”. Un altro pilastro su cui occorre intervenire è quello della formazione: “Se ho problemi cardiaci, vado dal cardiologo, se ho problemi alla pelle, vado dal dermatologo, ma se mi serve un antibiotico può prescrivermelo chiunque. Questo meccanismo ha contribuito a creare la situazione attuale”, evidenza il direttore scientifico della Fondazione italiana per lo studio e la Lotta alle Malattie Infettive Ets.
Per Bassetti occorre “formare degli esperti di terapia antibiotica” perché la situazione attuale non è più tollerabile: “Il 90% degli antibiotici viene prescritto erroneamente: in alcuni casi è sbagliato il tipo di antibiotico, in altri è sbagliata la durata per cui viene somministrato o più in generale la posologia. Non è bello, quando ci si siede con i colleghi francesi, inglesi, spagnoli essere i peggiori. Mi auguro che l’Italia voglia invertire questa tendenza e non essere più la pecora nera dell’Europa”, conclude Bassetti.