Dodicenne accoltella compagno di classe che aveva fatto la “spia”. Perché aumenta la violenza tra i giovanissimi?
- 05/11/2024
- Giovani Popolazione
Ieri, lunedì 4 novembre, una 12enne ha accoltellato un suo compagno di classe che aveva fatto la “spia”. Quello che arriva da Santa Maria delle Mole, alle porte di Roma, è l’ennesimo episodio di violenza tra giovanissimi, l’ennesimo campanello d’allarme sulla loro condizione educativa ed emotiva. Appena arrivati nel cortile della scuola, Fausta (nome di fantasia) si è avventata contro il coetaneo, ferendolo al petto con un coltello da cucina con la punta arrotondata nascosto nello zaino.
In mezzo ai libri che si studiano per costruirsi un futuro migliore, c’era uno strumento che avrebbe potuto rovinare il futuro di entrambi.
Il ragazzino ha alzato il braccio per proteggersi ed è stato ferito anche al braccio e alla mano, ma soprattutto ha scongiurato danni gravi. Dopo il fatto, Fausta ha chiamato il 112 in lacrime, tra le auto parcheggiate dell’istituto scolastico: “Vi prego perdonatemi, ho ferito un mio compagno di scuola. Ho fatto una cavolata”, ha detto la 12enne. Gli agenti, intervenuti rapidamente sul posto, l’hanno accompagnata in caserma, dove ha consegnato l’arma, ancora sporca di sangue. L’indagine per lesioni personali è stata avviata, ma la giovane non è imputabile perché ha meno di 14 anni. Il ragazzino, che era entrato in classe con la maglia insanguinata, è stato trasportato in ambulanza in codice giallo all’ospedale Bambino Gesù, ed è stato dimesso con qualche giorno di prognosi.
L’aggressione, che ha sconvolto compagni e genitori, sarebbe avvenuta per una lite legata a un episodio avvenuto qualche giorno prima, quando la vittima aveva avvertito un’insegnante che Fausta stava copiando una verifica usando lo smartphone. “La settimana scorsa lui ha fatto la spia alla prof, le ha detto che stavo copiando dallo smartphone il compito in classe”, ha raccontato la ragazzina ai carabinieri della compagnia di Castelgandolfo. Per ora si escludono atti di bullismo, ma sarebbero in corso accertamenti sul telefonino di Fausta per capire se ci siano stati minacce al coetaneo negli scorsi giorni.
Violenza tra i giovanissimi: perché aumenta?
A preoccupare non è tanto la frequenza delle aggressioni tra giovanissimi, che è rimasta tutto sommato invariata, quanto la violenza dei gesti. Ma perché ci troviamo a commentare questo scenario?
Una risposta interessante arriva da un recente rapporto dell’Istat che collega la maggiore violenza alla diffusione della ““povertà educativa””. L’Istituto nazionale di statistica evidenzia che il 70% dei giovani italiani non ha mai visitato una biblioteca, mentre il 40% non ha mai partecipato ad attività sportive, preziosi occasioni di ritrovo e di crescita emotiva che aiutano i giovanissimi a sviluppare empatia, gestione delle emozioni e abilità sociali. La digitalizzazione e l’industrializzazione hanno ridotto gli spazi di ritrovo e i punti di riferimento culturali e sociali reali (offline) sopprimendo gli istinti sociali degli adolescenti. L’effetto collaterale è che i giovanissimi si spingono a ricercare emozioni forti anche in maniera distruttiva.
La cultura della trasgressione
Questo fenomeno è stato studiato anche dal Censis, secondo cui il contesto sociale contribuisce ad alimentare una “cultura della trasgressione” tra i giovani. La ricerca mostra come il problema sia anche insito nelle famiglie che stanno perdendo la capacità di dialogare e costruire una comunicazione efficace con i figli, lasciando spazio alla solitudine e all’isolamento digitale, che può favorire una percezione distorta della realtà e delle relazioni.
Un altro studio, pubblicato su Frontiers in Psychology, ha sottolineato come, in un contesto di isolamento e mancanza di legami affettivi, alcuni giovani possano sviluppare comportamenti di ribellione che si esprimono in atti di aggressione verso i coetanei.
Il nichilismo emotivo
Da un punto di vista sociologico, spaventa quello che possiamo definire un crescente senso di “nichilismo emotivo”, emerso anche dalle parole del 17enne che il 1°settembre ha sterminato la sua famiglia a Paderno Dugnano: “Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”, ha detto il giovane omicida, crollato dopo dodici ora di interrogatorio.
La mancanza di appartenenza e il senso di isolamento possono avere effetti devastanti, specialmente in un adolescente. Spesso, chi è in questa condizione, non dà alcun segnale di allarme all’esterno. L’assenza di dialogo, la pressione delle aspettative familiari, o semplicemente l’incapacità di esprimere il proprio disagio possono portare a un’escalation di emozioni negative che, se non affrontate, possono sfociare in atti violenti e criminali.
Negli ultimi anni, il disagio psicologico tra i giovani è in costante aumento, e gli effetti vengono resi ancora più preoccupanti dalla mancanza di dialogo.
Studi recenti mostrano che i disturbi d’ansia, la depressione e i comportamenti autolesionistici sono in crescita, influenzati da fattori sociali, economici e culturali. In Italia, un’indagine del Censis del 2023 ha rivelato che circa il 20% degli adolescenti soffre di disagio psicologico significativo. Questo fenomeno è alimentato da una serie di fattori, tra cui l’iperconnessione digitale, il bullismo online e offline, la pressione scolastica e la crescente incertezza sul futuro.
Una serie di eventi inquietanti: la cronaca di un aumento di violenza
Negli ultimi mesi, diversi episodi di violenza giovanile hanno attirato l’attenzione della cronaca italiana, delineando un quadro allarmante. A Firenze, un 17enne è stato arrestato dopo aver strangolato la nonna in un raptus di rabbia. A Pescara, due 16enni sono stati accusati di omicidio per aver ucciso un coetaneo con oltre venti coltellate, un gesto brutale che ha scioccato la comunità. Il caso citato di Paderno Dugnano è un altro tragico esempio di come la violenza possa esplodere in contesti apparentemente ordinari. Anche a Viadana e Bologna, i casi di giovani che si sono resi protagonisti di gravi atti di violenza dimostrano che la questione non può più essere ignorata.
Secondo molti criminologi, questi atti estremi sono una manifestazione della ricerca di “forti emozioni” in una generazione che si sente persa, incompresa e spesso non ascoltata. La presenza di contesti familiari complessi, in cui i giovani non ricevono il supporto e la guida di cui avrebbero bisogno, alimenta il rischio di comportamenti violenti, soprattutto se accompagnata dall’assenza di una rete sociale di sostegno.
Le conseguenze della povertà educativa e il ruolo della scuola
La povertà educativa è una delle principali cause identificate dagli esperti per l’aumento della violenza tra i giovani. Un’indagine del Ministero dell’Istruzione ha evidenziato che molti istituti scolastici non sono attrezzati adeguatamente per rispondere alle necessità emotive e psicologiche degli studenti, anche a causa di risorse limitate. Il Ministro Giuseppe Valditara ha proposto di limitare l’uso dei social network tra i più giovani per combattere l’escalation di aggressività, favorendo al contempo l’autorità degli insegnanti. Resta lo scetticismo su questo approccio, mentre sembra necessario affrontare il problema in maniera più ampia e profonda.
L’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha segnalato come il 60% dei ragazzi italiani riporti di aver subito episodi di bullismo o cyberbullismo, esperienze che possono alimentare un senso di frustrazione e di rabbia e creano un clima di ostilità e paura che può influenzare negativamente la crescita di intere classi scolastiche. Per contrastare questo problema, l’Osservatorio raccomanda una maggiore presenza di psicologi e assistenti sociali nelle scuole, per offrire supporto ai ragazzi e individuare tempestivamente segnali di disagio.
La necessità di un approccio integrato: famiglia, scuola e società
L’aumento della violenza tra i giovani italiani riflette una complessità di fattori che non può essere risolta con singole azioni. Come dimostrano le ricerche dell’Istat e del Censis, è necessaria una strategia integrata che coinvolga non solo la scuola, ma anche le famiglie e le comunità locali. È essenziale promuovere attività extra-scolastiche che forniscano ai giovani opportunità per esprimere positivamente le proprie energie e passioni, contribuendo a costruire un ambiente che scoraggi comportamenti distruttivi.
Due anni fa, commentando l’indagine sociologica condotta su tutto il territorio nazionale intitolata “Adolescenza, tra speranze e timori” per iniziativa del Laboratorio Adolescenza in collaborazione con l’Istituto IARD e presentati insieme a Lundbeck Italia, Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria Infantile al Bambino Gesù di Roma, sottolineava come il crescente senso di vuoto e la perdita di punti di riferimento solidi stiano contribuendo a un aumento dei comportamenti impulsivi e violenti tra i giovani. “Ci troviamo di fronte a una generazione che fatica a trovare senso e direzione,” ha affermato in quella occasione Vicari spiegando che “questo li porta a cercare soluzioni drastiche e immediate al loro disagio, spesso senza considerare le conseguenze”, proprio come emerso dalle parole del 17enne di Paderno Dugnano e lo stato di shock della 12enne che ha accoltellato il coetaneo senza realizzare davvero il senso e le possibili conseguenze di quel gesto.
L’accesso ai servizi di supporto psicologico deve diventare una priorità, così come l’incentivo alla pratica di attività sportive e culturali. La mancanza di queste opportunità di crescita e socializzazione contribuisce a isolare i ragazzi, aumentando il rischio di comportamenti antisociali.
Tempo fa apparve sui social un “segnale” del Comune di Poggibonsi con scritto “Vietato giocare a pallone”, con tanto di pallone sbarrato ma soprattutto con una scritta a mano, tanto breve quanto eloquente: “Allora ci droghiamo”, come per ammonire le istituzioni sui rischi di certe scelte. Forse, sarebbe meglio recuperare il contatto con la realtà, con gli affetti, con l’umanità, prima che sia troppo tardi.
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