Ucraina e Medio Oriente, il prezzo demografico pagato alle guerre
- 06/11/2023
- Mondo
Le guerre in Ucraina e nella Striscia di Gaza hanno riaperto ferite che sembravano chiuse per buona parte dell’opinione pubblica occidentale. In meno di un mese, nel conflitto Medio Orientale sono morte già circa 10.000 persone, che ha spinto il dimissionario direttore dell’Ufficio di New York dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’Onu, Craig Mokhiber, a definire la reazione di Israele “un caso di genocidio da manuale”.
Le conseguenze sul presente e sul futuro della popolazione del posto saranno devastanti e il passato può aiutarci a comprenderle.
Per fare delle considerazioni più approfondite, si può provare a confrontare una popolazione reale che subisce un conflitto (definita sulla base delle stime e previsioni dell’Onu) con una popolazione controfattuale (ovvero una popolazione non reale costruita con dei modelli statistici) dove si simula quale sarebbe stato l’andamento demografico della popolazione in assenza del conflitto.
Da un punto di vista metodologico, la popolazione controfattuale si ottiene ricalcolando le componenti di fecondità, mortalità e migratorietà per il periodo interessato dalla guerra. Come spiega neodemos.info, queste componenti vengono ridefinite in base ai dati forniti dalle Nazioni Unite per gli anni antecedenti alla guerra e costruite ipotizzando di mantenere il trend dei periodi non conflittuali passati. In pratica, la popolazione controfattuale si costruisce sull’ipotesi che il conflitto sia un’anomalia che va a modificare il normale flusso demografico di una popolazione. Ottenuta questa simulazione, si procede alla comparazione con la popolazione reale, che il sito ha svolto su 3 conflitti che hanno interessato contesti geopolitici demografici e periodi storici molto diversi tra loro: la guerra civile in Sud Sudan (2013-2018); la seconda guerra del golfo in Iraq (2003-2011) e la guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995).
I numeri della guerra
Dalla simulazione realizzata da neodemos.info emerge un’ampia differenza in valore assoluto tra le due popolazioni (reale e controfattuale). Senza guerra, il Sud Sudan avrebbe avuto 1.027.494 di individui in più (8,56% della popolazione simulata), in Bosnia ed Erzegovina invece si registra una differenza totale tra le due popolazioni di 731.118 individui (16,26% della popolazione simulata) ed in Iraq la forbice ammonta a 2.153.035 di persone (6,32% della popolazione simulata).
Oltre al dato assoluto è interessante notare quali parti della popolazione subiscono i maggiori danni dai conflitti armati. Le classi di età che sembrano subire una maggiore perdita nelle proporzioni dal conflitto per il Sud Sudan sono la classe 5-10 per la popolazione femminile e le classi 0-5 e 5-10 per la popolazione maschile. In Bosnia ed Erzegovina sono le classi 20-25, 25-30 e 30-35 per la popolazione maschile e le classi 20-25, 25-30 e 0-5 per la popolazione femminile. Non si nota una differenziazione di genere in Iran, dove le più colpite sono le classi 0-5 e 5-10 sia tra i bambini che tra le bambine.
Numeri che, purtroppo, trovano conferma nella cruenta guerra in Medio Oriente. Come ha sottolineato l’Unicef, dal 7 ottobre degli 8.300 palestinesi uccisi nella Striscia, 3.400 erano bambini, e il dato rischia di peggiorare a causa della mancanza di acqua e di servizi igienico-sanitari. Oltre 6.300 bambini sono rimasti feriti nel conflitto. In pratica, ogni giorno nella Striscia di Gaza 420 bambini vengono uccisi o feriti. Numeri raccapriccianti motivati anche dalla giovane età dei residenti della Striscia dove, come sottolinea Index Mundi, i due terzi degli abitanti hanno meno di 24 anni.
La guerra e la fecondità
Un dato interessante emerge dal caso del Sud Sudan, dove, ipotizzando che il tasso di fecondità totale rimanga costante per tutto il corso della vita feconda e che non si registrino decessi o migrazioni per questo periodo (ipotesi chiaramente scolastica), la classe di età 15-19 della popolazione controfattuale al 2018 avrebbe generato 224.921 individui in più rispetto alla corrispettiva classe d’età reale nel corso dei successivi 30 anni.
Dunque, per prevedere gli effetti delle guerre nel medio lungo termine non basta analizzare la fecondità durante e subito dopo la guerra, ma osservare come il conflitto ha cambiato la struttura demografica di quella determinata popolazione.
A volte le mutazioni demografiche non sono solo la conseguenza dei conflitti, ma parte della causa.
Ciò è vero soprattutto nel conflitto israelo-palestinese dove l’evoluzione demografica delle due popolazioni ha disegnato nuovi equilibri di potere nell’area. Entrambe le popolazioni sono cresciute nell’ultimo secolo, aumentando la tensione in un’area relativamente ristretta, soprattutto se si escludono le zone desertiche, inutili per gli insediamenti umani.
In Israele, la popolazione (composta da ebrei e arabi) è cresciuta in modo significativo nel corso degli anni. Nel 1950, la popolazione israeliana era di 1.370.000 persone, ma nel 2018 era aumentata di sei volte e mezza e oggi conta circa 9 milioni di abitanti.
La fecondità media della componente ebraica è di circa 3,13 figli per donna; anche la fecondità della parte araba è molto alta, ma comunque inferiore a quella ebraica con una media di circa 2,85 figli per donna. Entrambe le popolazioni hanno un tasso di fecondità ben più alto della media Ocse pari a 1,61 figli per donna.
Oltre alle ragioni socio-culturali che caratterizzano le tendenze demografiche di tutti i Paesi, qui la demografia ha anche un ruolo geopolitico ed è funzionale a prendere numericamente il controllo dei territori contesi.
Nel 1922, gli ebrei rappresentavano l’11% della popolazione della Palestina, ma il loro numero è aumentato al 32% nel 1947. Oggi non esistono dati certi sulla percentuale di ebrei in Palestina, anche perché si tratta di uno Stato riconosciuto solo da alcuni Paesi limitrofi e non dalla comunità internazionale. Dati più definiti si hanno invece su Israele, dove gli ebrei rappresentano circa il 73,5% della popolazione, mentre gli arabi israeliani rappresentano circa 1/5 della popolazione, con una popolazione di 1,9 milioni di persone nel 2019. Completano il quadro alcune minoranze presenti sul territorio. La crescente e malgradita commistione tra le due popolazioni in Israele e in Palestina è lo specchio dell’evoluzione del conflitto israelo-palestinese.
Dunque, il rapporto tra demografia e guerra è piuttosto complesso da analizzare e varia in base ai contesti analizzati. L’auspicio è di non dover più commentare la demografia in chiave bellica e di potere, ma solo come un fattore di crescita di una popolazione.
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