Iraq, una proposta di legge vuole abbassa l’età del consenso sessuale a 9 anni
- 13/11/2024
- Mondo
Si può pensare che una bambina di 9 anni possa esprimere il proprio consenso al matrimonio o al sesso? Per qualcuno in Iraq, sì. Lo Stato iracheno sta vagliando un cambio normativo che potrebbe segnare un passo indietro nei diritti civili delle donne e, in particolare, delle bambine.
Un emendamento alla legge sullo “status personale”, nota come Legge 188, sta per essere votato dal parlamento, dominato da una coalizione di partiti musulmani sciiti conservatori. La proposta prevede una serie di modifiche radicali, tra cui l’abbassamento dell’età legale per il matrimonio da 18 a 9 anni, con conseguenze per le giovani ragazze e la loro autonomia. Oltre a questa misura, l’emendamento avrebbe un impatto diretto sui diritti delle donne, eliminando il loro diritto al divorzio, all’affidamento dei figli e all’eredità. E il Paese è già in rivolta.
“Addio diritti”
La Legge 188, introdotta nel 1959, è stata storicamente considerata una delle leggi più progressiste del Medio Oriente, in grado di garantire diritti fondamentali per le famiglie irachene, indipendentemente dalla religione. Il nuovo emendamento, tuttavia, ribalterebbe questi principi.
“Le preoccupazioni sollevate dalla società civile irachena e dalle organizzazioni internazionali riguardano innanzitutto il calpestamento dei diritti delle donne che potrebbe accompagnare l’applicazione di norme basate sulla religione – scriveva negli scorsi mesi Lorena Stella Martini, national office assistant a Roma per l’European Council on Foreign Relations – in particolare, si teme un ammorbidimento delle norme sul matrimonio minorile, a oggi proibito dal diritto di famiglia iracheno, salvo casi eccezionali. Oltretutto, si correrebbe il rischio non solo di acuire il settarismo della società irachena, ma anche di formalizzarlo a livello legale, aprendo potenzialmente la via a ulteriori divisioni su base settari”.
Tutto questo sta per essere realtà. Le donne perderanno diritti essenziali che consentono loro di sceglie autonomamente in ambito familiare e legale. La coalizione di governo giustifica il cambiamento come un adeguamento alle “leggi islamiche” e un tentativo di “proteggere le ragazze dalle relazioni immorali“, ma gli attivisti dei diritti umani vedono questa proposta come una grave violazione dei diritti delle donne.
Ad esprimersi sul tema è stata, negli scorsi giorni, Sarah Sanbar, ricercatrice di Human Rights Watch, che ha dichiarato che l’emendamento non solo minerebbe i diritti delle donne, ma li cancellerebbe. Inoltre, l’emendamento potrebbe legittimare pratiche già diffuse come il matrimonio infantile, che coinvolge ragazze anche di 9 anni, e peggiorare ulteriormente la condizione delle donne, già fragile in un Paese “segnato da conflitti e instabilità politica”.
Molti temono che l’emendamento faccia parte di una strategia più ampia della coalizione di governo sciita per consolidare il proprio potere e rafforzare l’influenza della religione nelle istituzioni civili, un passo che potrebbe portare a un sistema politico ispirato alla Tutela del giurista, simile a quello iraniano.
Questo sistema, che pone il potere religioso al di sopra dello Stato, potrebbe minare ulteriormente la separazione tra religione e politica, trasformando l’Iraq in un Paese in cui la legge religiosa prevale su quella civile.
Reazioni all’emendamento
L’emendamento ha suscitato forti reazioni da parte di attivisti e organizzazioni per i diritti umani. “Mio marito e la mia famiglia si oppongono al matrimonio infantile – ha detto al Guardian Raya Faiq, coordinatrice di una coalizione di gruppi che si oppongono alla modifica della legge -. Ma immagina se mia figlia si sposasse e il marito di mia figlia volesse far sposare mia nipote da bambina. La nuova legge glielo permetterebbe. Io non potrei oppormi. Questa legge legalizza lo stupro infantile”.
E migliaia di persone sono scese in piazza nelle principali città irachene, tra cui Baghdad, per protestare contro la proposta.
Le manifestazioni sono state organizzate dalla Coalizione 188, un gruppo di attiviste irachene che si oppongono alla modifica della legge sullo status personale. Durante le proteste, le attiviste hanno accusato il governo di agire non nell’interesse della società, ma per rafforzare il proprio potere a discapito delle donne e delle ragazze del Paese.
Le preoccupazioni per la proposta non si limitano solo ai diritti delle donne. L’emendamento, infatti, potrebbe rappresentare una violazione dei principi costituzionali, in quanto interferirebbe con l’indipendenza della magistratura e minerebbe il sistema giuridico civile del Paese.
Non è ancora chiaro quando il parlamento iracheno discuterà e voterà formalmente, ma la coalizione di governo, che detiene una maggioranza schiacciante, è determinata a portare avanti la riforma, ma le proteste e le pressioni interne ed esterne potrebbero rallentare o fermare il processo legislativo.
Nel frattempo, le attiviste per i diritti delle donne e le organizzazioni internazionali continuano a fare appello al governo iracheno per fermare quella che considerano una proposta che minaccia di regredire l’Iraq nei suoi progressi civili e umani, mettendo in pericolo il futuro delle giovani generazioni.
L’Iraq, infatti, si trova a un bivio cruciale: da una parte, la possibilità di un ritorno al passato, con il rafforzamento del conservatorismo religioso e l’annullamento dei diritti civili; dall’altra, la speranza di un futuro più inclusivo, in cui le donne possano finalmente esercitare pienamente i loro diritti.
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