Giovani in fuga, Italia ultima in Ue per lavoro
L’Italia occupa l’ultimo posto nella classifica dell’occupazione giovanile all’interno dell’Unione Europea, secondo l’ultimo rapporto di Eurostat. Solo il 67,5% dei neolaureati e neodiplomati trova lavoro, ben al di sotto della media europea dell’83,5%. Questa disparità ha spinto molti giovani italiani a cercare opportunità all’estero, con dieci su cento che decidono di trasferirsi annualmente, spesso senza intenzione di ritornare. La partenza di questi talenti comporta un costo economico di circa 15 miliardi di euro all’anno per il nostro Paese, ma il prezzo più alto è quello che riguarda il futuro dell’Italia. L’assenza di adeguate opportunità e l’inefficienza delle politiche occupazionali contribuiscono a un circolo vizioso che ostacola la crescita economica e l’innovazione.
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Mentre la media europea per l’occupazione giovanile è aumentata all’83,5% nel 2023, dopo il calo dovuto alla pandemia, l’Italia continua a stagnare. Questo ritardo è accentuato da un sistema educativo che, pur migliorando, resta inferiore rispetto a paesi come Malta, Paesi Bassi e Germania, con tassi di occupazione ben superiori.
La questione dell’emigrazione giovanile è sintomo di problemi strutturali più profondi. Le politiche attuali, come la Garanzia Giovani, spesso si scontrano con burocrazia e mancanza di coordinamento. Senza una strategia complessiva che investa in ricerca, sviluppo e modernizzazione educativa, l’Italia rischia di perpetuare una crisi occupazionale che penalizza i giovani e il futuro economico del Paese. In questo contesto, la bassa occupazione giovanile non è solo un dato economico, ma un segnale chiaro della necessità di interventi più efficaci e mirati per trattenere i talenti e costruire un futuro più solido e sostenibile.
