Demografia, Giorgetti e Calderone: “Far lavorare donne e giovani è una questione di giustizia sociale”
- 12/04/2024
- Europa Giovane Giovani
“Far lavorare donne e giovani è una questione di giustizia sociale”. Lo ha ribadito Marina Calderone, ministra per il Lavoro e Politiche Sociali, sulla scia degli interventi del ministro dell’Economia Giorgetti e della Commissaria europea per l’Uguaglianza Helena Dalli. Una visione programmatica su occupazione giovanile e femminile è quella offerta nell’ambito dell’evento ‘Per un’Europa giovane: transizione demografica, ambiente, futuro’, tenutosi oggi a Roma e promosso dalla ministra per le Pari opportunità Eugenia Roccella. Impegnarsi per una parità di genere salariale e culturale, accogliere i giovani in azienda e investire nella formazione e impegnarsi a livello locale ed europeo verso un cambiamento che non può più aspettare. Vediamo insieme cosa è emerso tra il rapporto fra ‘Demografia e Lavoro’.
Giorgetti: “Importante il capitale umano”
“Il Next Generation non ha avuto i giovani come protagonisti”. Lo ha sottolineato con ironia il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti. “Abbiamo cercato nelle ristrettezze delle regole del bilancio che ci lasciano poco spazio di realizzare misure significative: l’assegno unico universale e le decontribuzioni per i genitori e le mamme in particolare, così il bonus asilo nido. Questo tentativo di mutuare alcune esperienze dei Paesi europei tra Francia e Ungheria è il segnale che non possiamo fermarci nelle nostre valutazioni sui dati dell’oggi o dell’immediato domani. Questo difetto dell’approccio a breve termine lo vediamo ovunque: pensiamo alla sostenibilità del debito pubblico italiano, previdenziale e non. Bisogna promuovere la crescita, quella economica. Ma quali sono le determinanti che classicamente ci vengono proposte? Aumentare la produttività del lavoro, che viaggia sulla componente tecnologica e dell’intelligenza artificiale, ma anche su giovani che sono più capaci di interpretare, promuovere e sviluppare il cambiamento”.
Poi parlando del tema della competitività che troverebbe spazio proprio grazie ai giovani, il ministro ha concluso: “Servono finanziamenti privati. Io penso non sia sufficiente il capitale finanziario, ma serve quello umano che viaggia tra formazione, educazione e materia prima e i numeri ci pongono difronte ad una tragedia annunciata. La demografia non è una delle scienze più gettonate, ma le proiezioni al 2060 iniziano ad essere preoccupanti: nel Next Generation Ue è sempre mancata la nuova generazione come protagonista”.
Calderone: “Quando le donne lavorano fanno i figli”
“Quando le donne lavorano fanno i figli, perché per poter creare una famiglia ci devono essere le condizioni economiche per poterla gestire”. Così si è espressa la ministra al Lavoro e Politiche Sociali Marina Calderone che ha ribadito la propria visione sul tipo di visione che intende intraprendere con il Governo. “È importante avere più donne nel mondo del lavoro, ma anche più giovani, perché abbiamo uno scenario da sostituire quanto prima. Far lavorare le donne è una questione di giustizia sociale. Tutti devono esprimere attraverso il lavoro il proprio talento. Abbiamo necessità come Paese di fare un ragionamento che è relativo al tema della concentrazione della forza lavoro in alcuni ambiti territoriali specifici. Entro il 2027, quasi la metà della forza lavoro sarà concentrata in circa cinque regioni del nostro Paese, con uno spopolamento delle regioni del Sud. Importante investire su asili nido, sulla conciliazione tra vita e lavoro e che possano svilupparsi anche grazie al welfare aziendale. Il Pnrr e le riforme di Repower Eu ci devono accompagnare per i prossimi trent’anni, cambiando il volto del paese. Il lavoro deve essere uno strumento per condurre una vita dignitosa e soddisfacente. Le garanzie devono essere di ampio spettro, anche nel mondo indipendente e autonomo”.
E ha poi aggiunto, sul ricambio generazionale sul quale si giocherà la partita del lavoro del prossimo decennio: “Oggi è difficile traguardare degli obiettivi che non siano a cinque o 10 anni, ma per cambiare i saldi positivi della popolazione serve una programmazione ampia. L’Italia è il secondo Paese più anziano del mondo. Questo è un elemento che si collega ad uno stato di benessere e investimenti fatti sulla qualità della vita, ma come si ripercuote nel mondo del lavoro? In un futuro non molto lontano, affronteremo il tema della sostituzione generazionale dei lavoratori. I boomers nei prossimi quattro anni lasceranno il mondo del lavoro: quattro milioni di soggetti. Ci sarà un fabbisogno di 3milioni e 700 mila posti di lavoro, compresa la pubblica amministrazione. Ecco perché il G7, a presidenza italiana, vedrà tre temi al centro: l’impatto dell’Ai sul mondo del lavoro, l’invecchiamento attivo della popolazione e una panoramica sulle competenze. Non è un caso che il Ministero del Lavoro sia anche Ministero delle Politiche sociali”.
L’impegno dell’Unione europea
“Non c’è abbastanza consapevolezza negli Stati membri dell’urgenza di questa realtà. Nel mondo del lavoro e nella società possiamo realizzare il pieno potenziale solo se attiviamo tutti i talenti – ha dichiarato la Commissaria europea per l’Uguaglianza, Helena Dalli -. Come Commissione europea abbiamo fatto della politica di uguaglianza priorità di mandato. La parità di genere assume ulteriore importanza difronte alla sfida demografica e alla carenza di forza lavoro. I nostri orientamenti sul cambiamento demografico sono chiari: le politiche devono ispirarsi ai principi di equità intergenerazionale e parità di genere. L’obiettivo è garantire a persone e famiglie libertà di realizzare le proprie aspirazioni. Nonostante i progressi compiuti i divari persistono. Conciliare aspirazioni familiari e lavoro retribuito è difficile per le famiglie con figli o familiari a carico o anziani o persone con disabilità. I servizi di sostegno non sono disponibili o adeguati. Le zone rurali sono colpite da queste carenze accentuando squilibri territoriali e tendenze allo spopolamento che l’Italia conosce bene. L’inadeguatezza dei sistemi di assistenza ha un costo economico e sociale che ricade sulle famiglie e sulle donne. Quasi otto milioni di donne sono escluse dal mercato a causa delle responsabilità di cura e assistenza. Questo si traduce in salari e pensioni più bassi: le donne guadagnano il 13% in meno all’ora rispetto agli uomini. Il divario pensionistico è del 6% a livello europeo. Carriera o famiglia? Anche se sono decisioni personali, spesso non sono scelte libere. Questo spiega le cause delle dimensioni effettive rispetto a quelle desiderate di una famiglia”.
“Dobbiamo adottare un approccio globale che trasformi la riconciliazione da concetto-strato a realtà tangibile – ha poi concluso la commissaria -. Bisogna investire nei servizi di assistenza e tradurla in equa retribuzione tra donne e uomini. Al centro c’è l’impegno dei Paesi membri a promuovere accesso e costi sostenibili sia per prima infanzia che per la longevità. Come? Un principio fondamentale è il rispetto alla dignità e a vita autonoma. Un’assistenza di infanzia di qualità e a prezzi accessibili e conciliare vita familiare e professionale. Le differenze sono evidenti tra i diversi Paesi. L’Ue si è impegnata a raggiungere obiettivi entro il 2030. Sono lieta che l’Italia abbia ratificato il pieno recepimento della direttiva dedicata alle politiche familiari. Oltre all’attuazione delle norme, però, serve un cambiamento culturale che superi i pregiudizi dei ruoli tradizionali tra uomini e donne nella società affinché entrambi possano dedicarsi alla famiglia. Ciò richiede riforme e investimenti. L’Ue è al vostro fianco per sostenere questi sforzi con i fondi di coesione e il Pnrr. Solo lavorando insieme possiamo vincere la sfida del cambiamento demografico”.
La dimensione del fenomeno e l’impegno del terzo settore
Dai dati presentati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico è emerso che nei luoghi in cui sono più generosi i congedi e le spese per gli asili nido, maggiori sono i tassi di occupazione femminile e di natalità. C’è bisogno, quindi, di una continuità nelle politiche: questo è quello che ha fatto la Francia, dal 1970 in poi, avanzando una politica familiare. Il sostegno alla famiglia, se mantenuto nel tempo, può invertire la rotta. Quasi un terzo delle giovani donne è alla ricerca di un posto di lavoro, ma non è coinvolto in nessun percorso formativo.
“C’è un cambio culturale da realizzare – ha sottolineato Claudia Segre di Women7, gruppo di ingaggio della società civile, che ha poi ribadito quanto l’istruzione, digitale e finanziaria soprattutto e il contesto di assistenza sanitaria, veda ancora troppe donne in una condizione di disparità -. Se in Francia e Germania si è affiancato welfare statale e welfare aziendale per guadagnare tempo e spazi per la persona e che accompagnano la carriera e ci sono stati cambiamenti, questo impegno è necessario anche nel nostro Paese. Le imprese non possono prescindere da assumere le donne, non perché debbano spuntare l’avere una certificazione di parità di genere, ma perché c’è una responsabilità sociale dove i datori di lavoro devono fare la loro parte come la fa lo Stato con le norme. La visione di impresa femminile è ferma a trent’anni fa e non supporta l’innovazione sociale ed economica delle donne autonome e professioniste che così come le dipendenti devono vedere riconosciuto il loro apporto. I diritti delle donne sono i diritti di tutti”.
“Spesso si da la colpa delle culle vuote all’emancipazione femminile, perché la maternità per fortuna non è più l’unica possibilità di realizzazione per le donne – ha affermato Lella Golfo, della Fondazione Marisa Bellisario che ha espresso le proprie opinioni in merito al supporto del welfare aziendale: “Le culle vuote sono il simbolo di una emancipazione a metà. Serve un piano ristrutturato e condiviso da tutti, governi ed enti locali e no profit. Anche il ministro Fitto ci ha dato fiducia e il Pnrr, lo sappiamo, è fondamentale, ma non può bastare. Servono asili pubblici, ristabilire un equilibrio territoriale. Anche le Regioni possono contribuire abbassando l’Irpef, così come i comuni riducendo le tariffe delle mense scolastiche o degli asili creando città a misura di bambino. Noi come fondazione Marisa Bellisario abbiamo istituito due premi per le Pmi. Mi auguro che le tantissime donne entrate nei Cda daranno una spinta decisiva in questa direzione. […] Da un figlio non si divorzia, l’impegno dei genitori è di quanto più definitivo possa esistere. Per questo penso che la genitorialità sia un patto sociale e va ricostruito dalle fondamenta del futuro”.
Una visione radicata al territorio e alla storia del Paese è quella espressa da Vincenzo Bassi, rappresentante delle Associazione familiari che ha sottolineato l’importanza delle reti che i nuclei familiari creano nei piccoli territori nei quali si potrebbe valutare un “risparmio di bilancio, continuando a fare rete, sostenendo l’assistenza familiare”.
- Europa Giovane6
- Famiglia221
- Fertilità154
- Giovani246
- Mondo201
- Podcast5
- Popolazione479
- Talk | 13 dicembre 20239
- Talk | La 'cura' delle persone5
- Trend96
- Video27
- Welfare234