Natalità, Meloni: “Priorità assoluta per il governo, cambiare la narrazione ostile alla famiglia”
- 12/04/2024
- Europa Giovane Famiglia
Il tema della natalità rappresenta “una priorità assoluta per questo governo. Per noi la sfida demografica, la natalità, la sostenibilità economica connessa sono una delle principali sfide. Non ci accontentiamo di gestire il presente, ma vogliamo mettere in sicurezza il futuro”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha aperto così, andando subito dritta al punto, il suo intervento all’incontro “Per un’Europa giovane. Transizione demografica, ambiente, futuro” presso il Tempio di Adriano a Roma.
La premier ha sottolineato il “cambio di passo fondamentale” nell’approccio con cui il governo ha deciso di affrontare queste tematiche: “Era l’ora di avere un governo che avesse il coraggio di mettere demografia e natalità come priorità, e trasversali rispetto all’azione di tutto il governo, e che avesse il coraggio di dire che noi possiamo fare per l’Italia le migliori riforme possibili, possiamo fare scelte importanti ma tutto questo non porta a nulla se a monte non invertiamo la drammatica tendenza della denatalità che compromette ogni possibile sviluppo positivo per la nostra nazione e non solo”.
Le cause del fenomeno dell’inverno demografico – un problema italiano, europeo e di tutta la società occidentale – sono varie. Meloni è partita dalla paura dei giovani verso il futuro, privo di certezze, e dunque dell’importanza di politiche del lavoro, della casa, di sostegno alle giovani coppie: aree dove, ha affermato, il governo sta intervenendo. “Nonostante le ormai note difficoltà di bilancio che abbiamo ereditato da allegre gestioni che ci hanno preceduto, abbiamo fatto degli sforzo molto importanti anche a livello di risorse su questa materia”, ha rivendicato Meloni rimarcando come grazie alle misure del suo governo ci sarà “un totale di benefici netti per le famiglie italiane di oltre 16 miliardi di nel solo 2024”.
La narrazione per cui non fare figli è libertà
Ma nel suo intervento la premier ha voluto sottolineare soprattutto l’aspetto culturale del problema: “Per anni siamo stati nelle sabbie mobili del mito della denatalità visto quasi come una libertà”. Per molti anni in Italia, ha continuato, c’è stata “un’impostazione culturale generalmente ostile alla famiglia”.
Agire su questo aspetto è fondamentale, perché, ha evidenziato, “nessun intervento concreto è sufficiente se non si cambia la narrazione che per anni ha detto che avere un figlio avrebbe compromesso i tuoi sogni, la tua realtà, addirittura la tua bellezza”.
Quindi per molto tempo fare figli è passato come una scelta da non fare, ha proseguito la Meloni: “Per decenni cattivi maestri hanno proclamato, in alcuni casi da vere e proprie cattedre magari ottenute col 6 politico, che la genitorialità era qualcosa di stantio, un concetto arcaico da superare. Negli ultimi tempi si è addirittura sostenuta la follia che mettere al mondo un bambino significa commettere un atto contro l’ambiente, che sia sostenibile non fare figli, o al massimo uno”, che si possa “ridurre l’impronta carbonica riducendo i neonati”.
Ma la cosiddetta ‘decrescita felice’ applicata alla natalità rischia di compromettere ogni futuro e ogni patto intergenerazionale, nonché le fondamenta su cui si regge il nostro welfare, ha affermato con forza la premier ribadendo allo stesso tempo che “il declino non è mai un destino, che è sempre una scelta. E’ una scelta che si può ribaltare, rimboccandosi le maniche”.
La Meloni auspica una società “dove fare il padre non sia fuori moda e essere madri sia un valore socialmente riconosciuto e valorizzato, anche custodito. Non è libertà rinunciare a fare un figlio per la carriera, o rinunciare alla carriera per fare un figlio. Libertà è fare entrambe le cose”, avendo fiducia nel lavoro delle istituzioni.
La maternità surrogata come reato universale
La premier nel suo intervento ha toccato anche il tema della maternità surrogata, un “mercato transnazionale che sfrutta il corpo delle donne povere e fa dei bambini una merce, spacciandolo per un atto d’amore e libertà. Ma nessuno può convincermi che sia un atto di libertà affittare il proprio utero, né un atto d’amore considerare i figli un prodotto da banco al supermercato, trasformare il legittimo desiderio di avere un figlio in un diritto che puoi garantirti con qualsiasi mezzo”. Ecco perché “continuo a ritenere l’utero in affitto una pratica disumana e sostengo la proposta di legge perché diventi ‘reato universale’”, quindi perseguibile in Italia a prescindere da dove sia avvenuta. C’è in tal senso una proposta in discussione in Parlamento, che la premier si augura venga approvata “quanto prima”.
Il ruolo dell’Europa
La Meloni ha sottolineato con attenzione come la sfida della natalità sia un problema europeo e occidentale: “Nessun Paese europeo raggiunge il tasso di sostituzione naturale che consentirebbe di mantenere stabile la popolazione (2,1 figli per donna, ndr)”.
L’Italia può fare molto, ha spiegato, ma in vista delle Europee “questo tema è bene affrontarlo per tempo, anche in base all’esperienza fatta su come sostenere le nazioni europee. Il Vecchio Continente ha bisogno di una risposta seria, concreta e determinata. Un auspicio, ma anche un impegno a lavorare”.
Dopo la pandemia si è parlato di ‘Next Generation’ ma, ha fatto notare la Meloni, “si può guardare alla Next Generation solo se una Next Generation esiste”. Si tratta dunque di decidere di destinare risorse ad incentivare la natalità: un investimento, ha spiegato la premier, “con un ritorno molto alto, che quindi non può essere considerato al pari di altre voci nel bilancio”. La denatalità infatti ha conseguenze anche sulla sostenibilità della spesa sociale, “sulla nostra civiltà”, ha detto, e di quello che in Europa consideriamo un fiore all’occhiello, ovvero i sistemi di welfare. Per mantenere tutto ciò, occorre fare gli investimenti necessari per incrementare le nascite.
“Noi ci siamo”, ha concluso Meloni. “E siamo pronti a spenderci in campo internazionale, perché se non lo facciamo, tutto quello che oggi ci affanniamo a portare a casa potrà servire al massimo per un consenso immediato. Ma un politico serio deve porsi il problema di cosa lascia dopo di sé. Un futuro senza figli non esiste”.
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