Flessibilità lavorativa e fertilità: uno studio conferma il legame
Le donne continuano a essere pagate meno degli uomini anche a parità di lavoro, competenze e capacità. In nessuna parte del Mondo si è raggiunta la parità di genere nei salari e nei diritti. A confermarlo è anche l’ultimo Global Gender Gap Index 2024, nel quale l’Italia si è posizionata all’87º posto e su come questo influenzi il tasso di natalità ci sono diversi studi e ricerche a supporto.
Ma a sorprendere sono realtà come la Norvegia, dove le norme di genere sono relativamente egualitarie, ma nelle quali il divario salariale si attesta ancora al 12,4% (dato del 2022). Proprio lì, sono stati condotti studi per capire quanto il lavoro, le aspettative professionali, il guadagno e la gestione del tempo influenzino i tassi di natalità. Ecco cos’è emerso.
Flessibilità lavorativa e fertilità: quale legame
Recentemente, le teorie sul perché il divario salariale di genere persista si sono concentrate sulla flessibilità temporale. La professoressa di Harvard Claudia Goldin, premio Nobel per l’Economia, ha sostenuto diverse volte che il “lavoro avido”, cioè quello che leva tempo alla vita privata, gioca un ruolo chiave: la capacità di lavorare in orari specifici aumenta i salari. Le donne che faticano a fornire questa flessibilità temporale a causa delle esigenze della cura dei figli guadagneranno un salario inferiore.
L’Institute for Fiscal Studies ha deciso di sviluppare un modello teorico nel quale sono stati presi ad esempio donne con lavoro “avido” e con una maternità che richiedeva altrettanto tempo e cura e hanno trovato un legame tra l’aumento della flessibilità e l’aumento della fertilità.
“Sfruttiamo il primo lockdown Covid-19 in Norvegia nel marzo 2020, cioè un evento inaspettato ed esogeno, per studiare l’impatto che ha l’aumento della flessibilità sul lavoro sulla fertilità – hanno spiegato i ricercatori -. La Norvegia ha sperimentato misure di distanziamento, restrizioni di viaggio e chiusura di scuole e un certo numero di industrie di servizio, con la maggior parte delle occupazioni di livello superiore che si sono trasferite in smart working e ambienti casalinghi. La prima cosa sorprendente che è emerso è stato il persistente numero di nascite, nove mesi dopo l’inizio del primo lockdown Covid-19: circa 0,8 nascite mensili aggiuntive per 1000 donne, o l’11% delle nascite di base negli stessi mesi nei tre anni prima. L’aumento della fertilità è concentrato tra le donne impiegate di 25-39 anni con un partner”.
Gli studiosi hanno categorizzato le donne tra chi aveva lavori a bassa o alta flessibili immediatamente prima del primo lockdown. Questa categorizzazione ha prodotto la possibilità di misurare di quanto il lockdown abbia aumentato la flessibilità: i lavori a bassa flessibilità hanno avuto un aumento della stessa con le restrizioni e quelli ad alta flessibilità erano già flessibili e meno colpiti dal passaggio al lavoro da casa. E il risultato è che l’aumento della fertilità era concentrato tra le donne con lavori meno flessibili prima del lockdown: “Interpretiamo questo come una prova che l’aumento della flessibilità dovuto al lockdown ha permesso a queste donne di conciliare meglio carriera e famiglia, in linea con il nostro modello teorico. Stabiliamo anche che la fertilità è aumentata di più per le donne che guadagnavano sopra il reddito medio prima del lockdown”.
I risultati
Le donne che hanno partecipato all’indagine hanno sperimentano più interruzioni di lavoro durante il giorno, apprezzavano però l’opzione di lavorare da casa, beneficiavano anche del congedo parentale dei padri e diventano più produttive con più flessibilità. “Negli Stati Uniti, la pandemia di Covid-19 ha innescato un boom di nascite tra le donne americane, in particolare le donne con lauree; quest’ultimo è simile ai nostri risultati per la Norvegia – continuano i ricercatori -. Boom di nascite simili sono stati osservati in Finlandia e Spagna. I demografi hanno sottolineato il ruolo che il sistema di sicurezza sociale può aver giocato nell’aumento della fertilità in Norvegia; questo è coerente con i nostri risultati, poiché la rete di sicurezza ha ridotto l’incertezza del Covid-19 che le donne norvegesi hanno affrontato, permettendo ai cambiamenti nella flessibilità di aumentare la fertilità in modo indipendente”.
Gli studiosi hanno raccolto i dati da tre fonti amministrative: il registro della popolazione centrale, il registro del reddito annuale e il registro mensile datore-dipendente di Statistics Norway e delle amministrazioni fiscali e previdenziali norvegesi. Sebbene molti dei fattori strutturali che contribuiscono al divario salariale di genere, compresi i divari di istruzione ed esperienza, siano scomparsi, le donne continuano a guadagnare meno degli uomini per lo stesso lavoro. Ricerche recenti hanno sostenuto che le carriere ad alto reddito pongono specifiche esigenze temporali che sono difficili da conciliare con la vita familiare.
“Il nostro contributo è duplice – hanno concluso i ricercatori -. Prima di tutto, abbiamo potuto dimostrare che, quando la flessibilità sul lavoro aumenta, le probabilità di parto aumentano per tutte le donne, ma di più per le donne che sperimentano un maggiore aumento della flessibilità, o che lavorano molte ore e guadagnano di più. In secondo luogo, abbiamo potuto fornire prove empiriche che i cambiamenti nella flessibilità del lavoro guidano la fertilità. Durante il primo lockdown Covid-19 in Norvegia, la probabilità di partorire è aumentata maggiormente per le donne con lavori meno flessibili prima del lockdown, e con redditi superiori alla mediana, coerentemente con il modello teorico. Se un aumento della flessibilità sul lavoro “livella il campo di gioco” tra madri e non madri, questo dovrebbe avere un effetto stimolante aggiuntivo sulla fertilità. Fino ad ora, la discussione sulla fertilità in calo si è concentrata su politiche come il congedo di maternità e la fornitura di assistenza all’infanzia. Le nostre scoperte sottolineano l’importanza di un’altra dimensione – la flessibilità sul lavoro – che ha il potere di guidare le decisioni sulla fertilità e potrebbe diventare sempre più importante man mano che la natura del lavoro cambia”.
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