Stress da smart working, papà i più colpiti
- 07/11/2023
- Famiglia
Lo smart working è diventato una parte essenziale del panorama lavorativo italiano, con un aumento significativo degli smart worker. Attualmente, in Italia, 3,585 milioni di lavoratori utilizzano lo smart working, in crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, con un aumento del 541% rispetto al periodo pre-Covid.
La stragrande maggioranza delle grandi imprese prevede di mantenere lo smart working anche in futuro, con solo il 6% che si dichiara incerto. I dati dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, supportati da Urbnx, indicano un panorama in cui lo smart working è diventato una pratica consolidata in Italia. La tendenza mostra che un numero significativo di persone sta sperimentando nuove modalità di lavoro flessibili, spostandosi occasionalmente da casa per lavorare in diversi luoghi.
1 lavoratore su 7 ha cambiato casa prediligendo il fuori città
Un lavoratore su sette ha deciso di trasferirsi fuori città in luoghi più tranquilli per cercare un miglior equilibrio tra vita e lavoro. Tuttavia, è importante notare che non tutti coloro che lavorano da remoto possono beneficiare appieno di questo stile di lavoro. La ricerca sottolinea che i ‘veri’ smart worker, cioè coloro che non solo lavorano da remoto ma hanno anche flessibilità di orari e operano per obiettivi, presentano livelli di benessere ed engagement più elevati rispetto ai lavoratori tradizionali in presenza. Questo suggerisce che la combinazione di autonomia, flessibilità e obiettivi chiari può contribuire a migliorare la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti.
D’altra parte, i veri smart worker sono anche più suscettibili a forme di tecnostress e overworking. Questi rischi sono spesso associati alla difficoltà di staccare dal lavoro quando si lavora da remoto e alla tendenza a lavorare più ore del necessario.
Lo smart working stressa di più i papà
Il lavoro da casa, sebbene offra alcuni vantaggi come la flessibilità e la comodità, può comportare degli oneri e delle sfide specifiche, soprattutto per i genitori. In particolare, sembra che ci sia un maggiore stress genitoriale per i lavoratori con prole che sono impegnati nell’attività da remoto, rispetto a coloro che escono di casa e vanno in un ambiente lavorativo esterno.
Uno studio condotto da scienziati della Northwestern University e dell’Ann & Robert H. Lurie Children’s Hospital di Chicago, pubblicato su ‘Jama Network Open’, evidenzia che questo fenomeno colpisce in particolare i padri che lavorano da casa, probabilmente a causa delle aspettative sociali che tendono a porre una maggiore enfasi sugli obblighi lavorativi degli uomini rispetto ai loro ruoli familiari. Questo crea una pressione aggiuntiva sui padri che lavorano da casa, che possono sentirsi in conflitto tra le richieste del lavoro e quelle della famiglia. Inoltre, il fatto che le madri che lavorano da casa mostrino solo un lieve aumento dello stress genitoriale potrebbe indicare che le aspettative di genere e gli stereotipi sociali siano ancora fortemente radicati nella società.
Per affrontare questa sfida, gli autori dello studio raccomandano una serie di strategie che i genitori e i datori di lavoro possono adottare. Questi includono interventi pratici come la creazione di uno spazio di lavoro isolato dai rumori domestici, la pianificazione di orari che limitino le distrazioni e consentano ai genitori di essere presenti per i propri figli quando necessario e l’accesso a programmi aziendali di supporto ai dipendenti.
Inoltre, incoraggiare una maggiore flessibilità per entrambi i genitori e riconoscere l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e vita privata potrebbe contribuire a ridurre lo stress e migliorare il benessere complessivo dei genitori che lavorano da casa. Queste misure potrebbero anche contribuire a mitigare gli effetti negativi dello stress genitoriale sulla salute e sullo sviluppo dei bambini.
La difficoltà di bilanciare il lavoro e la vita personale
L’implementazione diffusa dello smart working ha portato a un confine sempre più sfumato tra il tempo di lavoro e il tempo libero, sia in termini di spazio che di mentalità. Questo ha portato all’emergere di un nuovo modello noto come “work-life blending,” in cui le dimensioni lavoro e vita personale si sovrappongono e intersecano, anziché essere chiaramente separate.
I dati dell’indagine del Randstad Workmonitor 2020 mostrano che molti lavoratori italiani sono costantemente connessi al lavoro, rispondendo a telefonate, e-mail e messaggi di lavoro al di fuori degli orari di lavoro convenzionali. Inoltre, una percentuale significativa di lavoratori gestisce le attività lavorative anche durante i fine settimana e le ferie. Questo indica che il confine tra lavoro e vita personale è diventato più labile, e molte persone si sentono obbligate a rimanere disponibili per il lavoro anche durante il loro tempo libero.
Inoltre, il 59% dei lavoratori italiani ritiene che questa disponibilità al lavoro durante il tempo libero sia dettata più dalle pressioni del datore di lavoro che dalla scelta personale. Questo solleva preoccupazioni legate al benessere dei dipendenti e alla possibilità di sperimentare stress e burnout a causa di questo equilibrio sfumato tra lavoro e vita personale.
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