Economica, sociale ed educativa: quanto ‘costa’ la povertà ai più giovani
Ben 1,3 milioni di bambini e ragazzi vivono in condizioni di povertà assoluta, pari al 13,8% della popolazione sotto i 18 anni. Si tratta del valore più alto registrato dal 2014, evidenziando come la crisi economica stia colpendo in modo sempre più feroce le fasce più giovani della società. Allo stesso tempo, anche la situazione per i giovani adulti, tra i 18 e i 34 anni, non appare più rosea, con 1 milione e 145 mila di loro che vivono in povertà assoluta. È quanto emerge dall’ultimo report Istat sulla povertà in Italia del 2023 che presenta un quadro allarmante, soprattutto per quanto riguarda i giovani e i giovanissimi.
Ma cosa significa realmente vivere in povertà assoluta per un giovane? Quali sono le implicazioni per il futuro di una generazione che già oggi fatica ad affacciarsi al mondo del lavoro e a costruirsi un’indipendenza economica? E, soprattutto, come si è arrivati a questa situazione?
Una trappola generazionale
Il report dell’ISTAT non si limita a fornire numeri, ma dipinge uno scenario preoccupante. Dietro a quei 1,3 milioni di minori e giovani c’è una realtà fatta di famiglie che non riescono a coprire le spese minime necessarie per una vita dignitosa: affitto, spese mediche, istruzione, beni di prima necessità. Non si tratta più di singoli episodi o di famiglie in difficoltà temporanea, ma di un problema strutturale che rischia di creare una trappola generazionale.
La povertà, infatti, tende a perpetuarsi da una generazione all’altra. I giovani che crescono in famiglie povere hanno meno opportunità di accesso a un’istruzione di qualità, sono più esposti all’abbandono scolastico e faticano a trovare un lavoro stabile. Il mercato del lavoro italiano, pur mostrando segni di ripresa, resta uno dei meno dinamici d’Europa, con alti tassi di disoccupazione giovanile e una forte precarizzazione. Questo significa che molti giovani, anche una volta entrati nel mondo del lavoro, non riescono a sfuggire alla condizione di povertà.
Uno dei fattori che ha contribuito all’aumento della povertà giovanile è l’inflazione. Nel 2023, nonostante una ripresa del mercato del lavoro, l’aumento dei prezzi ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie, rendendo ancora più difficile per molti far fronte alle spese quotidiane. Se per una famiglia media italiana la crescita dei costi dell’energia e dei beni di prima necessità ha comportato un sacrificio, per le famiglie già in difficoltà economiche questo ha significato precipitare nella povertà assoluta.
Il peso della crisi è stato avvertito maggiormente al Sud, dove il 15,5% dei minori vive in povertà assoluta, rispetto al 12,9% del Nord. Tuttavia, la crisi non risparmia nessuna area geografica: anche nelle regioni più ricche, come Lombardia e Veneto, la povertà giovanile è in crescita, testimoniando una diseguaglianza sempre più marcata tra chi riesce a mantenere uno stile di vita adeguato e chi è costretto a rinunce quotidiane.
Le famiglie più colpite: numerose e straniere
Non tutte le famiglie sono colpite allo stesso modo dalla povertà. Quelle più vulnerabili sono le famiglie numerose, soprattutto quelle con tre o più figli. Per queste famiglie, l’incidenza della povertà assoluta raggiunge il 18,8%, e sale al 25,6% per quelle dove convivono più nuclei familiari. Anche le famiglie monogenitoriali, spesso costituite da madri sole, sono particolarmente esposte, con un’incidenza della povertà del 14,8%.
Ma è tra le famiglie di origine straniera che la povertà assume proporzioni drammatiche: il 41,4% dei nuclei familiari composti esclusivamente da stranieri vive in povertà assoluta. Questo dato è particolarmente preoccupante perché evidenzia come l’integrazione economica degli immigrati, e dei loro figli, sia ancora lontana dall’essere una realtà in Italia. La povertà per queste famiglie non è solo una questione economica, ma si interseca con problematiche di inclusione sociale, accesso ai servizi e discriminazioni strutturali.
Giovani adulti senza prospettive e con poche opportunità
Se la situazione dei minori è grave, quella dei giovani adulti non è da meno. I giovani tra i 18 e i 34 anni rappresentano un’altra fascia della popolazione particolarmente colpita dalla povertà. Con oltre un milione di persone in povertà assoluta, questa generazione vive un paradosso: è la più istruita di sempre, ma anche quella con meno opportunità di impiego stabile e ben retribuito.
Il precariato è ormai la norma per molti giovani, costretti a lavori temporanei, part-time o mal retribuiti che non permettono loro di costruire una sicurezza economica. Questo si traduce in una difficoltà ad accedere al mercato immobiliare, a formare una famiglia e, in generale, a progettare il proprio futuro. La povertà, in questo contesto, non è solo una questione di reddito, ma di mancanza di prospettive e opportunità.
Il rischio di una “povertà educativa”
Accanto alla povertà economica, esiste un’altra forma di povertà che rischia di avere conseguenze ancora più profonde: la povertà educativa. I bambini e i ragazzi che crescono in famiglie povere hanno meno accesso a risorse educative, meno opportunità di partecipare ad attività extrascolastiche e meno sostegno per proseguire gli studi. Questo crea un divario che non si limita all’età scolare, ma che si ripercuote sull’intera vita lavorativa e sociale del giovane.
Secondo vari studi, i ragazzi che crescono in contesti di povertà hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola, di ottenere qualifiche scolastiche inferiori e, quindi, di accedere a lavori meno remunerativi. In questo modo, la povertà educativa diventa un circolo vizioso, che si perpetua di generazione in generazione.
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