Laureata in Bocconi con 4 promozioni in banca: “Costretta a dimettermi al terzo figlio”
- 14/02/2024
- Famiglia
Una carriera in banca di successo. Poi tre figli e una scelta importante. Francesca ha 35 anni, è laureata in economia aziendale e finanza in Bocconi ed è stata assunta come Graduate Program, al fianco di figure esperte nel settore finanziario, in un gruppo bancario italiano.
“Mi occupavo di relazioni finanziarie tra le banche, ero coinvolta in un continuo scambio di progetti a livello internazionale – ha raccontato Francesca in un’intervista al Corriere della sera -. Mi piaceva molto, nonostante i ritmi pazzeschi, entravo alle 8.30 e uscivo per le 19”. Inizia così la sua carriera lavorativa che in poco tempo ottiene una svolta dopo l’altra: “Ho ricevuto due promozioni e raggiunto il quarto livello, il massimo per un’impiegata, un percorso che non si realizza frequentemente per una under 30”, racconta Francesca. Poi una scelta che cambia tutto.
Dalla carriera alla famiglia
Tra i 28 e i 32 anni, Francesca ha avuto un figlio dopo l’altro: tre in totale. “L’impatto si è sentito da subito, già con il primo. Ho chiesto il part time, perché non potevo contare su alcun aiuto, le nostre famiglie vivono lontane da Milano – continua l’ex impiegata – Era inevitabile: dopo il periodo di maternità, che ho fatto per intero, quando sono rientrata facevo 20 ore settimanali, 4 al giorno, il mio portafoglio clienti si è sensibilmente ridotto. E le carriere seguono valutazioni basate sulle quantità. Però, va anche detto, che dopo cinque mesi ero di nuovo incinta e poi è arrivata la pandemia e siamo passati allo smart working”.
Le dimissioni
Dopo lo smart working della pandemia, Francesca ha spiegato di vedersi costretta a dimettersi. “Non potevo contare su aiuti familiari, in vista del terzo figlio abbiamo cercato una casa più grande che, considerati i costi di Milano, non poteva che essere fuori città. Quindi anche lontano dalla sede di lavoro. In quella fase si poteva ancora fare smart working, ma credo che chiunque abbia in casa un bambino piccolo sappia cosa significhi occuparsi di lui e riuscire a concentrarsi sul lavoro, figuriamoci con tre”.
In poco tempo, fare la mamma è diventato un impiego a tempo pieno, a discapito della mancanza dei colleghi e delle relazioni con altri adulti in generale. La scelta di avere una famiglia è una scelta che a pagare sono quasi sempre le donne. La storia di Francesca è quella delle numerose lavoratrici italiane costrette a dare le dimissioni nei primi anni di vita dell’ultimo figlio.
Non ci sono soluzioni?
“C’è chi non può fare a meno di lavorare o chi deve rinunciare ai figli, io ho avuto la fortuna di potermi appoggiare sullo stipendio di mio marito, ma da quel momento ho perso la mia indipendenza economica, mi sono messa totalmente nelle sue mani. E oggi va tutto bene, ma se un domani le cose dovessero cambiare? Credo che una donna debba poter contare anche sulla propria autonomia. Servono politiche che sostengano davvero le madri e i padri, sottolineo anche i padri. I congedi pagati al 30 per cento non bastano. E poi orari veramente flessibili, non soltanto sulla carta ma anche negli atteggiamenti: perché, se esci alle 17 dopo poco tempo vieni etichettata come quella lavora meno, se poi c’è anche un part time o dei permessi per la legge 104 allora scatta addirittura uno stigma”.
In Italia, oltre 44mila donne rinunciano alla carriera nei primi tre anni di vita del primo o secondo figlio per l’inconciliabilità tra lavoro e famiglia. Da questo dato è necessario ripartire per rendere più egualitario il lavoro domestico e professionale tra i generi.
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