Estate con figli? Cosa fare (e cosa evitare): i consigli della psicologa
- 30 Giugno 2025
- Famiglia
L’estate per chi ha figli piccoli non è una parentesi di leggerezza. È un problema pratico da risolvere ogni giorno. Le scuole chiudono per tre mesi, il lavoro no, i servizi crollano, i nonni non sempre ci sono. Il risultato è un buco organizzativo – ed emotivo – che molte famiglie gestiscono come possono.
“È importante riconoscere che molte famiglie affrontano questo periodo con fatica”, afferma Maria Antonietta Gulino, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (Cnop). “I costi elevati dei centri estivi, la difficoltà di conciliare ferie e orari di lavoro, la mancanza di una rete familiare di supporto sono problemi concreti, che possono trasformare la pausa scolastica in un motivo di stress anziché di benessere”.
Proprio per questo, Gulino propone una chiave diversa: partire dal possibile, non dall’ideale. Non cercare la “vacanza perfetta”, ma costruire piccole pratiche quotidiane che aiutino i bambini a sentirsi visti, ascoltati e regolati emotivamente. In altre parole: non serve essere perfetti, serve essere presenti.
Ecco quattro punti chiave – tratti dalle raccomandazioni della presidente Gulino – per affrontare l’estate familiare senza idealizzarla, ma nemmeno subirla.
1. La qualità del tempo conta più della quantità
Molti genitori si sentono in colpa se non riescono a organizzare vacanze lunghe o attività strutturate. Ma, secondo Gulino, non è la quantità del tempo il nodo centrale, bensì la sua qualità relazionale. “Bastano anche piccole cose: una chiacchierata senza fretta, un’attività fatta insieme, uno spazio di ascolto, qualcosa che durante l’anno non si è avuto il tempo di fare”, afferma.
Non serve trasformarsi in animatori o pianificare ogni ora. L’opposto è spesso più utile: lasciare spazio per l’imprevisto, per la noia, per l’ascolto vero. Un bambino che si sente riconosciuto – che percepisce che l’adulto è davvero lì, mentalmente e non solo fisicamente – vive un’esperienza rassicurante, anche se non succede “niente di speciale”.
Il consiglio: ritagliare ogni giorno almeno 20-30 minuti senza telefono e senza fretta, in cui l’adulto segue l’iniziativa del bambino, anche solo ascoltandolo parlare. Questo momento vale più di una giornata in un parco acquatico.
2. La noia è utile (e spesso necessaria)
Nel tentativo di “tenere occupati” i figli, molti adulti organizzano attività in serie, spesso al limite dell’iperstimolazione. L’intenzione è buona – evitare il vuoto – ma l’effetto è l’opposto di quello sperato: stress per tutti, aspettative eccessive, saturazione.
“Durante l’anno i bambini sono sottoposti a ritmi molto intensi. L’estate può e deve essere un tempo di decompressione”, sottolinea Gulino. La noia, se non patologica, è una condizione preziosa: spinge alla creatività, permette di rielaborare emozioni, stimola l’autonomia.
Non va combattuta a ogni costo. Va riconosciuta, tollerata, e a volte anche accompagnata con fiducia. Un bambino che dice “mi annoio” non è in pericolo: sta esplorando uno spazio di vuoto, che può trasformarsi in gioco spontaneo o riflessione, se l’adulto non interviene subito con una proposta.
Il consiglio: non intervenire immediatamente quando il bambino si annoia. Lasciargli qualche minuto di autonomia. Se chiede: “Cosa faccio?”, ribaltare la domanda: “Cosa ti andrebbe di inventare?”. E aspettare.
3. Piccole alleanze tra genitori
La rete di supporto familiare è sempre più debole, soprattutto nelle aree urbane. Nonni distanti o anziani, zii occupati, pochi amici intimi. Tuttavia, anche senza la “famiglia estesa” tradizionale, si possono creare micro-alleanze tra genitori, anche solo per spartirsi il carico.
“È sempre possibile trovare spazi di vicinanza e relazione autentica”, ribadisce Gulino. Una vicinanza che non è solo con i figli, ma anche tra adulti. Organizzarsi a turno per prendersi cura dei figli di amici o vicini può alleggerire la pressione e migliorare il clima relazionale, anche per i bambini, che si sentono coinvolti in una dinamica sociale.
Il consiglio: creare un piccolo gruppo di “genitori di fiducia” (due o tre famiglie), con cui organizzare pomeriggi condivisi a rotazione. Non serve fare grandi cose: un parco, una casa, un film insieme. Il carico si divide, il benessere raddoppia.
4. Non tutto deve essere utile, formativo o perfetto
Uno degli errori più diffusi è trasformare ogni momento dell’estate in un’occasione educativa. Laboratori, letture guidate, sport intensivo, inglese, coding, attività montessoriane. L’intento è di non “sprecare tempo”, ma l’effetto rischia di essere l’opposto: sovraccarico emotivo, aspettative irrealistiche e ansia da prestazione, anche nei genitori.
“I figli non hanno bisogno di adulti impeccabili, ma di adulti presenti, coerenti e regolati”, osserva Gulino. Non serve “riempire” l’estate di significato, serve viverla. Anche un pomeriggio pigro o una giornata storta possono avere valore, se sono attraversati insieme, senza colpevolizzarsi.
Il consiglio: abbandonare l’idea di dover sempre “fare bene”. Un pranzo sbagliato, un litigio, una giornata in pigiama possono diventare esperienze di crescita se affrontate con autenticità. Il benessere non è nelle prestazioni, ma nella relazione.