Bronchiolite sintomi e cura, nuove varianti del virus sinciziale provocano una malattia più grave
- 22/09/2023
- Famiglia
La bronchiolite nei neonati e nei bambini è sempre più diffusa e nuove varianti del virus che la scatena provocano forme sempre più gravi della malattia. Lo sostiene uno studio dell’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, che ha caratterizzato le varianti genetiche del virus emerse nel periodo post-pandemico e le ha trovate associate a forme di bronchiolite particolarmente gravi nei bambini.
Cos’è la bronchiolite
La bronchiolite è un’infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio in particolare dei neonati sotto un anno e soprattutto nei primi sei mesi di vita, andando a interessare bronchi e bronchioli e innescando un processo infiammatorio. Negli ultimi anni i casi sono aumentati, e si è sfasata la stagionalità della malattia, ‘tradizionalmente’ concentrata nell’autunno tra novembre e marzo. Ora invece si stanno registrando dei picchi anticipati che preoccupano i pediatri, in vista anche delle influenze autunnali e della risalita dei contagi da Covid.
Che sintomi dà la bronchiolite?
La bronchiolite deriva nel 75% dei casi circa dal virus respiratorio sinciziale (VRS) anche se altri microrganismi possono determinarla, tra cui metapneumovirus, coronavirus, rinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali. Il VRS è molto diffuso e contagioso: l’Istituto superiore di sanità ricorda che infetta praticamente tutti i bambini sotto i due anni di età, e che l’Oms stima circa 64 milioni di infezioni annue con 160mila morti.
Come capire se il bambino ha la bronchiolite? L’infezione provoca disturbi simili a quelli di un raffreddore: naso chiuso, muco e starnuti, all’inizio anche febbricola. Ma, diversamente dal raffreddore, in pochissime ore il respiro può farsi affannoso, accelerato e caratterizzato da particolari fischietti o sibili, accompagnati da una tosse che si aggrava gradualmente e difficoltà respiratorie più o meno marcate. La diagnosi avviene grazie alla visita pediatrica e in base ai sintomi, anche se qualche volta può essere necessario effettuare degli esami di laboratorio o strumentali.
Nella maggior parte dei casi la malattia si risolve spontaneamente e senza conseguenze; per guarire dalla bronchiolite di solito ci vogliono 7-12 giorni. Tuttavia, a volte la patologia assume forme gravi, portando a un’insufficienza respiratoria per la quale si rende necessario il ricovero del neonato anche in terapia intensiva. Diventa allora importante individuare i ceppi virali responsabili dei decorsi più severi, in modo da migliorare la gestione clinica e terapeutica dei piccoli pazienti (e meno piccoli, perché possono essere colpiti anche gli adulti). Proprio su questo aspetto verte lo studio La Sapienza-Iss, che ha analizzato i casi ospedalizzati per bronchiolite presso i reparti del Dipartimento Materno Infantile del Policlinico Umberto I di Roma prima, durante e dopo la pandemia.
Lo studio della Sapienza
La ricerca ha notato che nella stagione 2021 si è avuto quasi il doppio delle ospedalizzazioni per bronchiolite da VRS rispetto al pre-Covid ma che la malattia è stata causata principalmente da ceppi di VRS sottotipo A, che circolavano anche prima della pandemia, con una gravità simile agli anni precedenti. Nelle stagioni 2022-2023, le cose sono andate in altro modo: le ospedalizzazioni per bronchiolite sono state numericamente simili al 2021, ma sono state causate, afferma l’indagine, “principalmente da nuove varianti genetiche di RSV sottotipo B, associate a una maggiore severità della malattia se confrontata a quella delle stagioni precedenti, soprattutto per l’elevata necessità di supporto respiratorio e di ricovero in terapia intensiva”.
“Lo studio – sottolinea Anna Teresa Pala, direttrice del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità – evidenzia la necessità di rafforzare la sorveglianza epidemiologica a livello nazionale di VRS, così come degli altri virus respiratori circolanti soprattutto nei mesi invernali, e di progetti di sequenziamento genomico integrati da studi che possano monitorare infettività e patogenicità delle varianti virali. Attraverso dati come quelli evidenziati da questo studio è possibile prevedere l’intensità dei picchi stagionali di casi di bronchiolite allo scopo di razionalizzare le risorse sanitarie”.
Come si prende la bronchiolite?
Come prendono la bronchiolite i neonati? La malattia, virale, si trasmette soprattutto per contatto diretto con le secrezioni infette (muco, saliva) o con gli oggetti contaminati, e per via aerea (starnuti, tosse). E’ molto facile quindi infettarsi dove ci sono gruppi di bambini piccoli, ad esempio negli asili. Il periodo di incubazione dura quattro-sei giorni.
Ci sono dei fattori di rischio, come spiega l’Ospedale Bambino Gesù di Roma:
• Prematurità (nati prima delle 35 settimane di gravidanza)
• età del bambino (inferiore a 12 settimane)
• cardiopatie congenite
• displasia broncopolmonare
• fibrosi cistica
• anomalie congenite delle vie aeree
• immunodeficienze
Come si cura virus sinciziale?
Non c’è una terapia vera e propria. Un neonato colpito da bronchiolite normalmente può essere curato a casa seguendo le indicazioni del pediatra, tipicamente attraverso frequenti lavaggi nasali e aerosol. Per migliorare la respirazione possono essere usati farmaci broncodilatatori e talvolta il cortisone per bocca, la cui efficacia però non è stata dimostrata. Sconsigliato invece l’uso routinario degli antibiotici, tranne in presenza di bambini immunocompromessi o della contemporanea presenza di un’infezione batterica.
Inoltre durante la stagione del virus respiratorio sinciziale ai neonati fragili può essere somministrato, tramite iniezioni intramuscolari mensili, Palivizumab: un anticorpo monoclonale contro VRS costruito in laboratorio, che non è un vaccino e non previene l’infezione, ma riduce la gravità della eventuale malattia.
Lo scorso luglio, è anche arrivato l’ok dell’Agenzia europea del farmaco Ema al primo vaccino anti-virus sinciziale per i bambini fino a 6 mesi di vita e gli adulti dai 60 anni in su.
Come prevenire VRS?
Il virus sinciziale è molto contagioso ed essenzialmente si trasmette, come visto, allo stesso modo dei virus influenzali autunnali. Per prevenire l’infezione dunque sono valide le stesse norme igieniche:
• evitare il contatto tra il neonato e soggetti che presentano infezioni delle vie aeree
• lavarsi le mani col sapone prima di toccare il bimbo (e dopo)
• allattare al seno (il latte materno contiene anticorpi e riduce il rischio di infezioni gravi da VRS e di ospedalizzazione)
• mantenere idratato il bimbo
• fare frequenti lavaggi nasali con aspirazione delle secrezioni
• non fumare in casa, nemmeno nelle stanze non frequentate dal bambino
• in caso di neonato fragile, valutare col pediatra se inserirlo o meno al nido nel periodo a rischio
• usare la mascherina
• lavare o disinfettare le superfici e gli oggetti
Che differenza c’è tra la bronchite e la bronchiolite?
Bronchite e bronchiolite sono spesso confuse perché il nome è simile ed entrambe le malattie riguardano la via respiratorie condividendone anche alcuni sintomi, ma non sono la stessa cosa. La bronchite infatti è un processo infiammatorio che interessa la mucosa dei bronchi di grosso e medio calibro, mentre la bronchiolite colpisce i piccoli bronchi e i bronchioli, ovvero la parte finale dei bronchi.
In generale, il rischio è di confondere i ‘campanelli d’allarme’ e non curare adeguatamente il bambino. Ecco perché è importante che i genitori siano informati e, nel caso di dubbi, si rivolgano al pediatra.