I giovani snobbano i ruoli dirigenziali: il management non è più di moda?
- 20/02/2025
- Giovani
C’era un tempo in cui la scalata aziendale era un obiettivo chiaro e condiviso: fare carriera significava puntare alla scrivania con la vista migliore, al titolo di “manager” e ai benefit annessi. Ma oggi qualcosa è cambiato. La Generazione Z, i giovani nati tra la fine degli anni ’90 e il 2010, sembra tutt’altro che entusiasta all’idea di assumere ruoli manageriali tradizionali. Secondo una ricerca condotta da Robert Walters su 3.600 giovani lavoratori, il 72% preferirebbe progredire in un ruolo individuale piuttosto che diventare un manager responsabile di altre persone.
Un dato che non stupisce se consideriamo le dinamiche attuali del mercato del lavoro. Il Work Change Report di LinkedIn mostra come il concetto di carriera stia rapidamente mutando, con i lavoratori di oggi destinati a cambiare in media il doppio dei ruoli rispetto a quelli di quindici anni fa. Il management tradizionale, con le sue gerarchie e le sue rigidità, è sempre meno appetibile per una generazione che punta alla flessibilità e all’autonomia.
Il peso dello stress e le nuove priorità
Un altro dato significativo emerge dal Workforce Confidence Index di LinkedIn: il 69% della Gen Z italiana sarebbe disposto a lasciare il proprio lavoro se il manager non fosse all’altezza delle aspettative, contro il 46% dei Boomer. Questo suggerisce una relazione complessa con la figura del responsabile: mentre le generazioni precedenti erano più inclini a sopportare leadership discutibili pur di avanzare in carriera, i giovani di oggi vogliono ambienti di lavoro stimolanti e responsabili capaci di supportarli attivamente.
Non sorprende quindi che il 75% dei manager Millennial si dichiari sopraffatto e stressato dal carico di lavoro. Le nuove generazioni vedono i loro superiori vivere vite professionali logoranti, con e-mail a tutte le ore, responsabilità continue e un equilibrio vita-lavoro sempre più precario. Se a questo si aggiunge che, secondo lo studio di ADP, la maggior parte dei lavoratori ritiene che il proprio datore di lavoro potrebbe fare molto di più per lo sviluppo delle competenze, il quadro è chiaro: il middle management non è più un sogno, ma una trappola da evitare.
Founder e influencer crescono
Se la carriera manageriale non è più l’aspirazione massima, allora qual è l’alternativa? Sempre secondo LinkedIn, il secondo titolo professionale in più rapida crescita tra i laureati della Gen Z è “fondatore“. Il sogno non è più fare carriera dentro un’azienda, ma creare qualcosa di proprio, essere imprenditori o professionisti indipendenti.
A rafforzare questa tendenza c’è il fenomeno del conscious unbossing, ovvero la scelta consapevole di evitare ruoli di leadership tradizionali. Secondo Robert Walters, anche tra coloro che prevedono di assumere in futuro un ruolo manageriale, il 36% dichiara di non desiderarlo realmente.
Non è solo un tema di carriera imprenditoriale: la Gen Z è fortemente attratta da opportunità di lavoro che valorizzino la creatività e l’autenticità. Secondo i dati, oltre la metà dei giovani di oggi afferma che accetterebbe di diventare un influencer a tempo pieno se ne avesse l’opportunità. Perché gestire un team quando si può gestire il proprio brand personale e lavorare alle proprie condizioni?
Il management è morto? No, ma deve cambiare
Se le aziende vogliono attrarre e trattenere i talenti della Gen Z, devono ripensare il concetto stesso di leadership. I dati LinkedIn mostrano che il 50% della Gen Z e il 45% dei Millennial si sentono supportati dal proprio manager, mentre i dipendenti più anziani tendono a percepire meno sostegno. E ancora, il 42% degli italiani ritiene che sia necessario vedersi fisicamente con i propri responsabili per aspirare a una promozione, segno che il contatto umano e il supporto diretto giocano ancora un ruolo cruciale. Nel contesto italiano, questa trasformazione è ancora più marcata. Le donne, ad esempio, si sentono più supportate dai propri manager rispetto agli uomini (41% contro 28%), ma lamentano anche una maggiore difficoltà nel ricevere il giusto supporto a causa dello stress dei loro superiori (34%). Eppure, sono proprio le donne a mostrare una maggiore propensione a voler ricoprire ruoli manageriali (31% contro il 28% degli uomini), a dimostrazione che la leadership sta cambiando pelle e diventando più inclusiva.
Allo stesso tempo, il 34% dei lavoratori italiani ritiene di non essere adeguatamente retribuito per il proprio ruolo, con la soddisfazione che cala sensibilmente tra i più giovani (solo il 28% della Gen Z si sente ben pagato). Questo potrebbe spiegare perché molti scelgano strade alternative al management aziendale, preferendo percorsi più autonomi e remunerativi.
Più che una semplice avversione al management, la riluttanza della Gen Z riflette un cambiamento profondo nel mondo del lavoro. Le aziende che sapranno adattarsi a questa nuova realtà, abbandonando le rigide gerarchie del passato e adottando modelli di leadership più flessibili e orientati alla crescita, saranno quelle che prospereranno nel lungo periodo.