Inverno demografico, Formigoni: “Ecco le soluzioni al calo della natalità”
- 08/01/2024
- Welfare
L’inverno demografico preoccupa anche nel 2024. Non è solo una questione italiana, ma la denatalità ha ormai colpito l’intera Europa. Su questa sfida si gioca il futuro di diversi aspetti, politici, economici e finanziari del Paese e Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia, pare avere le soluzioni a portata di mano. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
Le soluzioni di Roberto Formigoni
In un editoriale su Libero, Roberto Formigoni ha illustrato alcune problematiche che potrebbero peggiorare la condizione italiana in merito al fenomeno della denatalità e hanno come protagonista e filo conduttore una parità di genere su più fronti.
“Conciliazione tra famiglia e lavoro – scrive Roberto Formigoni -, cioè rendere possibile alle donne di essere insieme madri e lavoratrici, con un lavoro part-time”. Citando i dati del 2022 del Servizio Studi della Camera, una donna su cinque lascia il lavoro una volta divenuta mamma. A questo dato si aggiunge un terzo delle donne che non trovano lavoro neanche prima della maternità.
E ancor più magre pensioni. “Alla fine del 2022 l’Italia contava il 55% di donne occupate contro il 69% della media Ue – ha proseguito l’ex presidente della Regione Lombardia -, quattordici punti di divario. E il 18% di questo 55 è costretta a lasciare il posto quando arriva un figlio. Oltre la metà lo fa perché non riesce a conciliare la vita di casa con quella al lavoro, il 19% per considerazioni economiche, visto il costo delle babysitter e la scarsità di asili e asili nido. Ci sono 350mila posti in Italia, il 28% sul totale dei bimbi sotto i tre anni. L’obiettivo europeo fissato per il 2010 era il 33%, quello per il 2030 è il 45%, impossibile da raggiungere nonostante qualche recente stanziamento del governo”.
Gender pay gap
Altra sfida che dovrà affrontare l’Italia è quella relativa all’offerta degli asili nido, cresciuta di 1.780 posti, sostiene Formigoni, ma le cui richieste in merito sono molte di più. “Ma poi quando la donna lavora – ha continuato Formigoni -, anche se specializzata, ecco l’altra discriminazione, il gender pay gap, la differenza nella busta paga, a parità di mansioni, con i colleghi uomini. I dati Inps relativi ai lavoratori nel privato dicono che nel 2022 una donna ha guadagnato in media quasi 8mila euro in meno di un uomo: 18.305 euro contro 26.227. Come si reagisce a queste penalizzazioni? La strategia del governo per la parità di genere si propone di ridurre il gender pay gap nel settore privato dal 17% al 10% entro il 2026.
E con il Pnrr l’Europa stabilisce -dal 2026 in poi- che donna e uomo dovranno essere pagati in modo eguale per uno stesso lavoro, e il salario proposto dovrà essere conosciuto prima e non dopo il colloquio, nel quale spesso si valuta se la donna è giovane o no, sposata o no. Ma finora le discriminazioni ancora esistono, e sono pesanti. E vanno calcolate, per le donne, secondo il Servizio studi della Camera, anche ‘le frequenti interruzioni di carriera, l’occupazione in larga parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici’”.
Le parole dell’ex presidente della Lombardia sono una sintesi di quella che è stata sino ad oggi la situazione in Italia e che potrebbe migliorare solo se ci si assumerà la responsabilità di facilitare gli incentivi alla famiglia, tramite finanziamenti mirati e l’aumento di servizi, ma per il momento la strada sembra essere ancora lunga e tortuosa.
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