Quanti italiani andranno in pensione anticipata nel 2024?
- 09/01/2024
- Welfare
In un Paese che entro il 2050 si appresta ad avere lo stesso numero di lavoratori e di pensionati, il sistema pensionistico è costantemente stressato. Da qui, la stretta sulle pensioni anticipate decretata con la Manovra 2024 per rallentare gli effetti di quella che sembra sempre più una corsa col fiatone.
Secondo le previsioni dei tecnici del governo, le scelte sul nuovo impianto pensionistico nel 2024 produrranno un quasi pareggio tra le nuove uscite anticipate con Quota 103 in forma “contributiva” (meno conveniente rispetto a quella retributiva, precedentemente prevista) e quelle con Ape sociale e Opzione donna, tanto che dalla nuova Quota 103 sono attesi solo 2.300 accessi in più degli altri canali.
Quante pensioni anticipate in Italia nel 2024?
Seppure in maniera diversa, tutti gli strumenti di uscita anticipata dal lavoro hanno subito delle restrizioni o di calcolo (Quota 103) o di età anagrafica (Ape sociale e Opzione donna).
Secondo le stime, nel 2024:
– 14.700 lavoratori (12.500 uomini e 2.200 donne, per le quali resta Opzione donna) usufruiranno dell’Ape sociale;
– 17.000 quelli con il “mix” 62 anni d’età e 41 anni di versamenti, ora vincolati al ricalcolo contributivo dell’assegno e a un tetto pari a 4 volte il trattamento minimo, che andranno in pensione anticipata con la nuova Quota 103. Numeri molto inferiori rispetto al passato.
Ape sociale e Opzione donna
L’Anticipo pensionistico sociale, introdotto in via sperimentale nel 2017 e poi più volte prorogato, è un istituto assistenziale a disposizione di lavoratori che si trovino specifiche situazioni (disoccupazione, caregivers, invalidità civile di almeno il 74% o chiamati a svolgere lavori particolarmente pesanti) che consente di lasciare il lavoro in anticipo ricevendo un assegno “ponte” fino al raggiungimento delle soglie convenzionali, come i 67 anni della “vecchiaia”.
Dalla sua nascita al 2023 hanno utilizzato questo strumento circa 110mila soggetti con un’età media di 64 anni.
Una funzione simile, seppure con le dovute differenze, è assolta da Opzione donna, nata nel 2004, e da allora prorogata di anno in anno, prima del “taglio” della Manovra 2023. Tra il 2010 e il 1° gennaio 2023 hanno scelto questo canale di uscita dal lavoro 174.535 donne, il 16,3% delle pensioni anticipate complessivamente liquidate alle lavoratrici. Ma i numeri sono destinati a calare.
Come cambiano i requisiti per andare in pensione anticipata
Il successo delle opzioni di uscita anticipata dal lavoro, infatti, diminuirà di anno in anno e la causa risiede proprio nella crisi demografica: l’assenza di nuovi lavoratori rende sempre meno sostenibile il sistema pensionistico e “obbliga” a fare dei sacrifici, disincentivando l’uscita anticipata dal lavoro.
Per questo, le ultime due Manovre (2023 e 2024) hanno puntato sul contenere la spesa previdenziale anche attraverso un sostanziale disincentivo ai pensionamenti anticipati e, quindi, riducendo sensibilmente le platee collegate a queste vie d’uscita pensionistica.
Nello specifico:
- La nuova Quota 103 presenta delle penalizzazioni per chi sceglie di usufruirne, a partire dal ricalcolo contributivo dell’assegno (meno corposo del calcolo retributivo);
- La nuova Opzione donna aumenta di 1 anno i requisiti di uscita anticipata (a 61 anni e non più 60 senza figli; a 60 anni e non più 59 con un figlio; a 59 anni e non più 58 con due o più figli);
- La nuova Ape sociale aumenta di 5 mesi l’età necessaria per l’uscita anticipata, che passa da 63 anni a 63 anni e 5 mesi
In pratica, scegliere la pensione anticipata sarà molto più svantaggioso di oggi, come aveva anticipato il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti prima della Manovra: “Per quanto riguarda i pensionamenti anticipati ci sono forme restrittive rafforzate rispetto al passato. Non ci sono più l’Ape sociale, né Quota 103 nelle stesse forme previste lo scorso anno. L’accesso agli anticipi sarà più restrittivo”.
Il panorama italiano
Come spiega l’Ocse, “L’Italia è uno dei nove paesi Ocse che vincolano il pensionamento legale per età alla speranza di vita. In un sistema contributivo, tale collegamento non è necessario per migliorare le finanze pensionistiche, ma mira a evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse e per promuovere l’occupazione”.
Nel complesso, l’aliquota media di contribuzione effettiva per le pensioni nei paesi Ocse è del 18,2% del livello salariale medio nel 2022. L’Italia ha la quota obbligatoria più alta pari al 33% del livello salariale medio. Seguono la Repubblica Ceca con il 28% e la Francia con il 27,8%.
Nel 2025 si prevede che l’Italia per le pensioni spenderà il 16,2% del Pil, la più alta percentuale tra tutti i paesi Ocse, per cui le previsioni al 2025 prevedono una spesa media del 9,3%, 8,5% tra i Paesi Ue. Non solo: ancora secondo le previsioni dell’Ocse la spesa italiana per le pensioni salirà fino al 17,9% nel 2035 per poi ripiegare. Prima di allora, però, bisogna evitare che la crisi demografica credi danni irreversibili al sistema.
Conclusioni
Secondo le stime Istat il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più), oggi di 3 a 2, passerà a circa 1 a 1 nel 2050. In pratica, tra circa 25 anni il numero di pensionati sarà lo stesso di quello dei lavoratori, una statistica che offre pochi spiragli per il futuro, come sintetizzato dal ministro dell’Economia e Finanza Giancarlo Giorgetti: “Con la denatalità che abbiamo in Italia, nessuna riforma delle pensioni tiene”.
Nei prossimi trent’anni, la popolazione di 15-64 anni dovrebbe scendere al 54,3% in base allo scenario mediano, con una forbice potenziale compresa tra il 53,2% e il 55,4%, data dal margine di errore. Al contrario, la popolazione over 65, oggi pari a circa il 24% del totale, potrebbe rappresentare il 34,5% della popolazione italiana nel 2050. Su questi dati incidono soprattutto il calo delle nascite e, in minor misura, l’aumento della speranza di vita favorito dall’avanzamento medico-scientifico.
Uno scenario dove oltre un cittadino su tre ha almeno 65 anni richiede di intervenire sul sistema destinando importanti risorse al contrasto della denatalità. Nel frattempo, la stretta sulle pensioni anticipate appare inevitabile.
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