“Oltre le generazioni”, valori e ostacoli a confronto nel mondo del lavoro
- 12/03/2024
- Welfare
Baby Boomers, Gen X, Millenials e Gen Z: queste le quattro generazioni attualmente attive nel mondo del mercato del lavoro e su cui l’indagine di Valore D si è concentrata. “Oltre le generazioni: esperienze, relazioni e lavoro”, infatti, è lo studio che ha coinvolto 18 mila lavoratori e lavoratrici del network delle aziende associate a Valore D ed è andato a indagare la realtà che coinvolge le diverse fasce di età. Lo scopo è stato quello di delineare “quanta” e “quale” diversità generazionale è presente nelle imprese italiane. Comprendere le differenze e i punti di contatto tra le generazioni può stimolare le organizzazioni in azioni di inclusione e valorizzazione più efficaci.
Presentato martedì 12 marzo, alla Camera dei deputati in un evento organizzato sotto l’egida dell’On. Giorgio Mulè, vicepresidente alla Cdp, lo studio di Valore D ha posto alcune domande a lavoratori e lavoratrici. Quali sono i drivers lavorativi e i valori che accomunano e distinguono i bisogni delle diverse generazioni? Quali gli ostacoli lavorativi di cui gli individui fanno esperienza in base alle loro caratteristiche demografiche? In che modo le persone di generazioni diverse entrano in relazione tra di loro al di là dei loro ruoli formali in azienda? Ma soprattutto, in che modo le aziende stanno lavorando sulla diversità, equità e inclusione (DEI) tra le generazioni? Scopriamo cos’è emerso.
Generazioni a confronto: quali valori
Nonostante risultino maggiormente multiculturali, più formati accademicamente e con più esperienze di studio e lavoro all’estero, la GenZ e i Millenial risultano in una condizione di maggiore precarietà contrattuale rispetto alle figure “senior” dei Baby Boomers e Gen X. I giovani, inoltre, entrano nel mondo del lavoro con il desiderio di coltivare anche la dimensione della vita personale. Assumono valore maggiore la famiglia, gli amici e il tempo libero. Nella vita dei Gen Z, il lavoro non è più centrale. Questo spostamento valoriale importante è indicativo di un cambiamento culturale sostanziale che ha impatto anche sulle scelte della carriera.
Le donne, in particolare quelle delle Generazioni Z e Millennial, attribuiscono maggiore importanza al lavoro rispetto agli uomini. Quest’ultime si rivelano delle vere e proprie “equilibriste” che, per affermarsi nella sfera lavorativa senza rinunciare alla sfera familiare, sottraggono tempo al proprio benessere.
I drivers generazionali
Anche i drivers lavorativi cambiano. Per i più giovani, il worklife balance è essenziale, mentre per i senior, in cima alla classifica dei drivers più importanti, ci sono copertura sanitaria e stabilità contrattuale. Per le giovani generazioni la possibilità di ottenere congedi è un driver importante e chiedono sempre di più un riconoscimento della genitorialità che vada oltre gli stereotipi di genere e che consideri responsabilità e diritti di entrambi i genitori ed eviti ripercussioni negative, in particolare sulla carriera delle donne. Viaggiare e prestigio sociale sono in fondo alla classifica, considerati driver meno importanti per tutte e 4 le generazioni.
La motivazione a lavorare sulle proprie competenze accomuna tutte le generazioni ed emerge soprattutto nella Generazione Z. Mentre il miglioramento e l’ampliamento delle competenze (upskilling) emerge in particolare nella Generazione Z. Quest’ultima, infatti, è risultata più ambiziosa e desiderosa di apprendere, di ottenere una crescita personale e aziendale (molto importante per l’80%). Acquisire nuove competenze (reskilling) è una richiesta sentita da un Baby Boomer su tre, consapevoli dell’importanza di apprendere nuove competenze in ambiti lavorativi diversi da quelli ricoperti al momento per rispondere alle richieste di un mercato del lavoro che cambia.
Flessibilità e smart working emergono come modalità lavorative cruciali per tutte le 4 generazioni e vengono richieste in percentuali simili sia dalle donne che dagli uomini. Implementare forme di lavoro sostenibile è un driver necessario al benessere perché consente di bilanciare lavoro e vita privata, un’esigenza che non appartiene solo ai giovani.
Troppo giovani o troppo poco: l’età come zona d’ombra
L’interazione tra le generazioni risulta essere una difficoltà. Dallo studio di Valore D è emerso che i Baby Boomer si sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante abbiano voglia di contribuire attivamente e di trasmettere know how alle nuove generazioni. Seppur conservino un grado di autorevolezza, tra i colleghi si percepisce un limbo di prepensionamento, a discapito della motivazione: uno spreco di capitale umano.
Analogamente, anche la Generazione Z si trova in un’altra zona d’ombra della vita aziendale, a cavallo tra l’ingresso in azienda e la piena partecipazione e il riconoscimento nell’organizzazione. È la generazione che si sente meno ascoltata: quasi una persona su due (47,8%), in questo gruppo, percepisce la propria età come un ostacolo nel far valere le proprie opinioni con gli altri colleghi e responsabili.
I Millennials sono potenzialmente nella loro golden age nell’attuale mercato del lavoro, anche se 1 su 3 vede l’età come un ostacolo per ottenere una promozione e 1 su 4 riscontra difficoltà dovute all’età nello sviluppo professionale e personale.
Cosa determina il talento?
I dati della survey mostrano un contesto aziendale ricettivo caratterizzato da una maggiore consapevolezza dei bisogni degli individui di diversa età. Gli specialisti Hr e Dei, infatti, mettono in discussione il concetto di “talento” come sinonimo di età. Favoriscono, perlopiù, caratteristiche quali l’entusiasmo, la curiosità, la capacità di adattamento, la brillantezza, la buona volontà e sono infatti tratti senza limiti anagrafici. Le aziende sono quindi chiamate ad ampliare il target di partecipazione a iniziative di talent development a tutta la popolazione aziendale in modo da valorizzare tutte le generazioni e non solo i “giovani talenti”.
“Questo è un momento storico nel quale quattro generazioni si trovano a vivere il presente – ha dichiarato Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera dei Deputati -. Ciò interpella il legislatore a rivolgersi a queste quattro generazioni: coesistono quattro rivoluzioni umane nello stesso momento. I dati sono positivi rispetto all’occupazione femminile, siamo sulla strada giusta. Mai più deve succedere che una donna sia chiamata a scegliere tra vita privata e lavoro. E poi c’è l’intelligenza artificiale e c’è da capire come integrarla nel mondo del lavoro. Acquisire da Valore D queste informazioni impegna le leggi per azioni più compiute. Le esperienze dagli Stati Uniti e altre in ambito europeo ci insegnano che prima inizia il cammino per la trasformazione, prima si ottiene il risultato”.
“La ricerca è un invito ad accogliere le sfide lavorando su bias di genere ed età, che sono molto radicati nella nostra cultura e limitano un ingaggio autentico ai valori DEI. Molte delle aziende del network Valore D hanno già iniziato un cambiamento a partire dalla messa in discussione di pregiudizi che rinforzano le disuguaglianze dentro e fuori il mondo del lavoro e che penalizzano in particolar modo i giovanissimi, i più senior e le donne – ha commentato Cristiana Scelza, Presidente Valore D -. Non può esserci davvero inclusione se le diversità continuano a essere viste in contrapposizione tra loro, come se il riconoscimento di un gruppo passasse attraverso l’esclusione di un altro. Occorre guardare sempre di più alla DEI come un ecosistema che necessita dell’impegno di diversi stakeholder e di cui la strategia sia sempre più ispirata dalla complessità delle esperienze individuali, dentro e fuori.”
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