Manovra 2024, Quota 103 ‘corretta’: la stretta del governo sulle pensioni
- 31/10/2023
- Welfare
Come saranno le pensioni 2024? Di sicuro, oggetto di contesa nel percorso che porta alla Legge di bilancio. Infatti, nonostante l’accordo raggiunto nella maggioranza sul freno agli emendamenti, diversi aspetti pensionistici sono destinati a finire nel mirino delle opposizioni.
Qualche settimana fa sembrava, sotto il profilo delle pensioni anticipata, sembrava profilarsi l’ipotesi di Quota 104, con un anno di contributi in più rispetto all’attuale formulazione, ma negli ultimi giorni la situazione è cambiata. Si va, infatti, verso la conferma di Quota 103, che consente di andare in pensione anticipata con 62 anni di età e 41 di contributi.
A pagare dazio sarà soprattutto chi vorrà accedere alla pensione anticipata, che, stando alla ‘Nuova Quota 103’:
- Riceverà un assegno calcolato secondo il sistema contributivo (e non più misto che è più conveniente);
- dovrà sopportare tempi più lunghi per le finestre di uscita, ovvero il periodo di attesa per l’erogazione del primo rateo pensionistico: 7 mesi per i lavoratori privati e 9 per i dipendenti pubblici;
- non potrà in nessun caso ricevere un assegno mensile maggiore di 4 volte il trattamento minimo (che nel 2024 sarà di circa 2.272 euro lordi mensili).
La conferma di Quota 103, fortemente voluta dalla Lega, sarà quindi caratterizzata da forti penalizzazioni per chi vorrà andare in pensione con 62 anni d’età e 41 di contribuzione. In pratica, scegliere la pensione anticipata sarà molto più svantaggioso di oggi, come già anticipato dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Per quanto riguarda i pensionamenti anticipati ci sono forme restrittive rafforzate rispetto al passato. Non ci sono più l’Ape sociale, né Quota 103 nelle forme previste nello scorso anno. L’accesso agli anticipi sarà più restrittivo”.
Tagli alle pensioni: cosa cambia nel 2024
A provocare tensioni tra le parti politiche c’è anche l’importo delle pensioni minime, per le quali le opposizione chiedono un aumento oltre alla rivalutazione delle pensioni in arrivo a dicembre.
Ancora più controversa è la stretta alla quota retributiva (più vantaggiosa rispetto a quella contributiva) degli assegni per alcune categorie di dipendenti pubblici con anzianità inferiore a 15 anni. Personale medico e sanitario, dipendenti degli enti locali, maestri e ufficiali giudiziari sarebbero pesantemente danneggiati da questa misura.
Secondo i calcoli della Cgil, i tagli riguarderebbero a regime circa 700mila persone e l’importo delle nuove pensioni per queste categorie sarà tagliato di oltre 4.320 euro l’anno nel caso di una retribuzione lorda di 30mila euro a quasi 7.390 euro per chi ha uno stipendio lordo di 50mila euro. Riduzioni ingenti che hanno già provocato le reazioni dei sindacati dei medici e degli anestesisti che minacciano lo sciopero. Il punto della loro protesta è chiaro: il taglio delle pensioni lede diritti acquisiti e di fatto favorisce un esodo dei professionisti dal Servizio sanitario nazionale in un Paese già segnato da un’imponente fuga dei cervelli.
Il più importante sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed, e il sindacato Cimo-Fesmed chiedono il ritiro della misura che definiscono un “inaccettabile attacco ai diritti acquisiti: si riducono le aliquote di rendimento dei contributi versati prima del 1996 colpendo quasi il 50% del personale attualmente in servizio con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media”.
Le conseguenze potrebbero essere impattanti, come riporta il sindacato degli anestesisti Aaroi-Emac che stima una “perdita istantanea di oltre un migliaio di anestesisti rianimatori e di medici di pronto soccorso assunti con contratto nazionale di lavoro (circa il 7% complessivo dei professionisti di questi due settori che oggi lavorano come pubblici dipendenti), e la perdita successiva di un altro 2% all’anno da qui a venire per altri 15 anni (quelli che più o meno restano all’esaurimento dei medici pensionandi con il ‘sistema misto’)”.
Riforma delle pensioni: le altre misure
Confermate le altre misure presenti nelle bozze delle scorse settimane. Si va quindi verso l’innalzamento dei requisiti anagrafici per Ape sociale (a 63,5 mesi) e una stretta su ‘Opzione donna’, l’uscita anticipata con pensione ricalcolata con metodo contributivo e una penalizzazione tra il 20 e il 25%. Sostanzialmente, le donne vi potranno accedere un anno più tardi rispetto ad oggi:
- a 61 anni (e non più 60) senza figli;
- a 60 anni (e non più 59) con un figlio;
- a 59 anni (e non più 58) con due o più figli.
Confermata la decontribuzione totale fino a un tetto di 3.000 euro annui per le mamme di almeno due figli. Lo sgravio dura fino ai 10 anni del bimbo più piccolo per le madri con due figli e fino ai 18 anni del figlio più piccolo con tre figli o più.
L’ultimo testo della Manovra 2024 anticipa di due anni, al 2025, l’adeguamento alla speranza di vita per chi va in pensione a prescindere dall’età una volta raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contribuzione (41 e 10 le donne).
Pensioni per i lavoratori “interamente contributivi”
I cosiddetti lavoratori interamente contributivi, ovvero quelli che al 31 dicembre 1995 risultano privi di anzianità “assicurativa”, potranno riscattare fino a 5 anni, anche non consecutivi, di vuoti contributivi tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 2023.
Si tratta di una misura che sarà applicata in via sperimentale nel biennio 2024-2025 agli iscritti all’Ago (Assicurazione generale obbligatoria) lavoratori dipendenti, alle gestioni speciali degli autonomi e alla gestione separata Inps. L’onere di riscatto potrà essere versato in un’unica soluzione o in più tranche, fino a 120 rate mensili di importo non inferiore a 30 euro. Qualora si scelga la rateizzazione, non verranno applicati interessi. Non solo: il testo della norma prevede che per i lavoratori privati il costo del riscatto potrà essere sostenuto dal datore di lavoro attraverso i premi di produzione spettanti al lavoratore. In questo caso le somme versate dall’azienda saranno deducibili ai fini Ires.
Per i lavoratori interamente contributivi cambiano anche i requisiti per accedere alla pensione anticipata con 64 anni di età e 20 di versamenti. Dal 2024, vi potranno accedere solo se l’importo dell’assegno pensionistico non supera di 3 volte l’assegno sociale (e quindi a circa 1,521 euro lordi al mese, al netto della rivalutazione prevista per il prossimo anno), tranne nei casi di donne con figli, che vedranno scendere il tetto a 2,8 volte la pensione sociale con un figlio e 2,6 volte in presenza di più figli (circa 1.318 euro lordi mensili).
L’assegno non potrà comunque superare un importo superiore alle cinque volte il minimo Inps fino al raggiungimento del requisito dei 67 anni di età.
Questa categoria di lavoratori vedrà facilitato l’accesso al pensionamento di vecchiaia con 67 anni di età e almeno 20 anni di contribuzione purché il trattamento maturato sia pari alla pensione sociale e non più superiore di almeno 1,5 volte.
Non cambia nulla per i lavoratori interamente contributivi con 71 anni d’età e almeno 5 anni di contributi a prescindere dell’importo del trattamento.
Conclusioni
In definitiva, il governo punta a disincentivare fortemente la pensione anticipata e aiutare le mamme lavoratrici. I due aspetti sono strettamente connessi, dato che la stretta sull’uscita anticipata serve a tamponare la carenza di manodopera, provocata (anche) dalla crisi demografica. Quota 103 assomiglia dunque più a una conferma di facciata, che di fatto.
D’altronde, l’era della Prima Repubblica è finita e oggi tocca pagare le conseguenze di quel periodo, aggravate dalle culle sempre più vuote.
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