Pensioni, ipotesi lavoro fino a 70 per i dipendenti pubblici
- 10/09/2024
- Welfare
“L’età è quella che pensi che sia. Si è vecchi quanto si pensa di esserlo”, quindi perché non lavorare fino a 70 anni? Scomodiamo Muhammad Ali per presentare l’ultima ipotesi del governo in vista della Manovra finanziaria: se vorranno, i dipendenti pubblici potranno restare in servizio fino a 70 anni. La proposta del ministro della pubblica amministrazione Paolo Zangrillo deriva dalla crisi demografica italiana che rischia di lasciare la Pa senza ricambio generazionale e, quindi, con una grave carenza di personale.
La strategia è duplice: oltre al lavoro fino a 70 anni, l’intenzione del ministro è aprire le porte a 350.000 giovani entro il prossimo anno. In caso contrario, le prospettive sono tutto tranne che rosee.
La situazione della Pubblica amministrazione italiana
Il provvedimento proposto da Zangrillo per la prossima legge di Bilancio vuole tamponare la perdita di quasi un milione di dipendenti prevista entro il 2030, a causa di pensionamenti previsti e del blocco del turnover attuato tra il 2010 e il 2020, che ha ridotto l’organico di circa 300.000 unità. Già da quest’anno sono state allungate le finestre per Quota 103 (da 3 a 7 mesi nel caso dei lavoratori del privato e da 6 a 9 per quelli del pubblico). Per il 2025, l’ipotesi del ministro Giorgetti è prevedere un allungamento delle finestre anche per le pensioni anticipate ordinarie.
Anche la sfida del collega Zangrillo è ambiziosa: modernizzare una forza lavoro che attualmente ha un’età media di 49 anni, assicurando al contempo una transizione senza traumi verso una nuova generazione di funzionari pubblici. Nel 2023 sono già state effettuate 173.000 assunzioni, e il governo intende replicare questo sforzo nei prossimi anni, assicurando un continuo ricambio generazionale.
L’esperienza contro la carenza di personale
Un elemento cardine della proposta del ministro è il trattenimento su base volontaria dei dipendenti pubblici fino a tre anni oltre l’età pensionabile, una misura che si applicherebbe a circa il 10% degli attuali lavoratori. Questo potrebbe aiutare a colmare le lacune di personale e preservare competenze cruciali, in particolare in settori dove l’esperienza è un valore irrinunciabile.
Tuttavia, questa misura non è esente da critiche. I sindacati si sono opposti, con Enzo Cigna della Cgil che ha espresso la sua preoccupazione che la misura colpirebbe solo pochi lavoratori altamente qualificati, a discapito delle nuove assunzioni. Cigna sottolinea l’importanza di assumere giovani e donne, necessarie per apportare nuove competenze alla pubblica amministrazione.
Il dibattito sindacale: le voci contrarie
Il segretario confederale della Fp Cgil, Florindo Oliverio, ha ribadito che la soluzione non risiede nel trattenere personale anziano, spesso esausto, ma nell’investire in concorsi pubblici e nella rapida assunzione di nuovi lavoratori. Oliverio prevede un’ondata di pensionamenti tra i 400.000 e i 500.000 dipendenti entro il 2030, e avverte che ritardare il ricambio non farà che aggravare la situazione.
Sandro Colombi della UilPa ha criticato l’assenza di concorsi sufficienti e ha definito la proposta una conseguenza diretta della mancanza di pianificazione nelle assunzioni. Le preoccupazioni riguardano anche i settori chiave come le forze dell’ordine, dove l’elevata età media e le condizioni lavorative rendono difficile mantenere operativa la forza lavoro attuale.
La voce favorevole della Cisl e i prossimi passi
Ignazio Ganga della Cisl ha espresso un’opinione più favorevole, purché la scelta di rimanere in servizio sia volontaria e soggetta a negoziazioni sindacali. Ganga vede nella proposta un’opportunità per evitare la dispersione delle competenze acquisite negli anni, ma ribadisce l’importanza di un dialogo costruttivo tra governo e sindacati per trovare un equilibrio tra l’esperienza e il ricambio generazionale.
La proposta di Zangrillo, infine, si inserisce in un quadro più ampio di riforme della pubblica amministrazione, dove l’innovazione e la digitalizzazione giocano un ruolo cruciale per migliorare l’efficienza e rispondere alle esigenze del futuro. Certo, chiedere a un 70enne di innovarsi tecnologicamente è pretenzioso, ma il margine lasciato dalla crisi demografica è sempre più stretto.
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